Cronaca 04 Lug 2017 21:03

DALLA RENETTA RAGGIATA AL PERO SPADONA, LE 70 VARIETÀ DI FRUTTA ANTICA RISCOPERTE DA ENZO

DALLA RENETTA RAGGIATA AL PERO SPADONA, LE 70 VARIETÀ DI FRUTTA ANTICA RISCOPERTE DA ENZO

L’AQUILA – Oltre settanta varietà di frutta antica riscoperte nei territori montani abruzzesi, da quello aquilano alle colline di Campotosto, Montereale e Farindola, fino a Ocre. Una vita intera dedicata alle piante, agli innesti, alla riscoperta della frutta antica, alla cura di migliaia di varietà di arbusti.

Enzo Sebastiani, aquilano, esperto botanico, ha lavorato per oltre cinquant’anni al vivaio forestale Mammarella di Sant’Elia (L’Aquila) prima gestito dal Corpo Forestale dello Stato e poi dalla Regione Abruzzo, “che ne ha decretato il lento ma inesorabile declino”.

Una passione sempre verde che Enzo, oggi in pensione, non ha mai smesso di coltivare e della quale racconta a Virtù Quotidiane l’esperienza, con una saggezza che solo chi vive costantemente a contatto con la natura riesce a tramandare.

Pere, mele, ciliegie, amarene, fichi, le varietà riscoperte sono frutto di un’accurata ricerca e un’attenta analisi del territorio che Enzo ha perlustrato scrupolosamente alla ricerca di alberi da frutto abbandonati. Con l’aiuto di qualche anziano contadino e le analisi svolte al centro patologico di Pescara per testare la salute della pianta, ha ridato così linfa ad una frutta ‘antica’ che richiama i sapori intensi di una volta, difficili oggi da riprodurre con le moderne coltivazioni e gli innesti industriali.

“Il pero Spadona della zona di Marana di Montereale – dice l’ex forestale descrivendo le specie ritrovate – partorisce un frutto molto grosso, succoso che matura da ottobre a novembre, molto buono. Poi c’è il pero Spina, una cultivar antichissima dell’aquilano, sebbene qualche esemplare si sia ritrovato nella zona del perugino che ne rivendica la paternità. Un frutto molto duro quando si raccoglie, sembra un limone che riposando poi nel fruttaio, sulla paglia o sul tavolato matura a Natale, squisito.”

“Nel frutteto delle suore di clausura di Paganica di Montereale ho ritrovato la Renetta raggiata, la Renetta rugosa, mele che fanno bene alla cura del diabete come dimostrato anche da alcuni studi – racconta – E poi la mela rossa e gialla profumata che anche il Parco Nazionale del Grasso e Monti della Laga ha voluto rinnestare con i contadini della zona. La versione antica della Golden insomma”.

“Infine le ciliegie, come il ‘durone nero’ oppure la Vignola, una coltura cerasicola molto saporita e profumata. Esiste anche la ciliegia Ferrovia, una qualità venuta dopo che si è acclimatata molto bene tra l’Abruzzo e le Marche”.

Una curiosità. Le prime notizie della Ciliegia Ferrovia si hanno nel 1935. Il primo albero nacque da un nòcciolo di ciliegie vicino a un casello ferroviario nei pressi di Sammichele di Bari. Gli abitanti di questo paese la chiamarono “Ferrovì” perché l’albero era nato a pochi metri dai binari.

E poi una nota dolente sul Vivaio Forestale ormai abbandonato. “Nel periodo di gestione del Corpo Forestale dello Stato, fino agli anni settanta, dal vivaio uscivano ben sei milioni di piante per il rimboschimento di tutta la penisola italiana – ricorda – i registri lo dimostrano. Il Vivaio aquilano era il primo d’Italia in fatto di produzione, dalle resinose alle latifoglie, carpini, aceri, frassini, abeti e tanto altro. Ho spedito piante da L’Aquila in Sicilia. Lavoravano al vivaio circa 120 operai, un’eccellenza. Quando però la gestione è passata alla Regione Abruzzo – dice Enzo con rammarico – è cominciato il declino. Probabilmente, oltre ai soldi che la regione diceva non avere, è mancata la volontà politica”.


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