Dm etichettatura, Nicodemi ai marchigiani: sì alla trasparenza ma il Montepulciano fuori dall’Abruzzo ha bisogno di un sinonimo

PESCARA – Confronto a distanza tra il Consorzio tutela vini d’Abruzzo e l’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) sul cosiddetto Dm etichettatura che, con l’obiettivo di colmare alcune lacune in termini di corretta informazione al consumatore, in applicazione dei regolamenti Ue in materia consentirebbe, tra le altre cose, di indicare nelle descrizioni dei prodotti i nomi dei vitigni che compongono i blend nei vini a denominazione.
“Siamo con gli amici marchigiani dell’Imt, perché anche noi siamo favorevoli alla corretta informazione al consumatore”, dice a Virtù Quotidiane il presidente del Consorzio abruzzese Alessandro Nicodemi (nella foto), “però mi preme sottolineare che il legislatore, molto saggiamente, nel Dm etichettatura, nel prevedere fra le indicazioni facoltative la descrizione del vitigno per la corretta informazione, ha compreso l’utilizzo anche del sinonimo dello stesso, proprio per evitare illeciti utilizzi o usurpazioni delle Dop e Igp”.
“E concordando pienamente anche sul principio di uguaglianza, sempre richiamato dagli amici marchigiani”, spiega Nicodemi, “faccio presente che nell’allegato 6 del decreto, il termine Nero d’Avola (in questo caso sinonimo) è riservato, per storicità di utilizzo, solo ai vini provenienti dalla regione Sicilia, in tutte le altre regioni che hanno legittimamente impiantato questa varietà, c’è la possibilità di comunicarlo ai consumatori usando proprio il nome del vitigno, ovvero Calabrese”.
“Non credo”, ribadisce Nicodemi, che si era già espresso dopo la riunione dei giorni scorsi in cui aveva messo attorno a un tavolo produttori, Regione e associazioni di categoria, e dove era stato lanciato proprio l’allarme sui rischi che correrebbe l’uso esclusivo del nome Montepulciano, “che la richiesta del Consorzio vini d’Abruzzo sia illegittima e/o impropria”.
Quello che chiede il Consorzio è “il reinserimento del sinonimo Cordisco nel ‘Registro Nazionale delle varietà di vite’ (sicuramente presente fino al 1988 e poi scomparso misteriosamente nella trasformazione dello stesso da cartaceo ad informatizzato) e l’utilizzo dello stesso sinonimo, per tutti i vini prodotti fuori regione e che posso vantare nella loro base ampelografica il vitigno Montepulciano”.
“Da qualche interlocuzione avuta”, osserva Nicodemi, “ci sembra che l’opposizione all’utilizzo di un sinonimo e quindi ad un termine sicuramente meno noto al pubblico, abbia dei risvolti più commerciali che dediti alla reale e corretta informazione al consumatore”.
“In sintesi noi crediamo che se il legislatore avesse voluto solo il vitigno come termine informativo, non avrebbe previsto, come invece ha fatto, anche l’uso di un sinonimo ed è su questa ratio che noi vorremmo la tutela non solo della nostra denominazione-vitigno”, chiarisce il presidente del Consorzio, “ma anche di tutte quelle presenti nel variegato mondo enologico nazionale che hanno investito in comunicazione e promozione, creando un legame indissolubile fra un vitigno ed il suo territorio. Tutelare queste ‘biodiversità’, significa tutelare il nostro made in Italy che tutto il mondo ci invidia”.
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