Mafia dei pascoli, dalle diffide a Virtù Quotidiane ai (quasi) arresti

L’AQUILA – Quando la prima volta (era il 2017!) provammo a descrivere quel fenomeno criminoso che, dalle testimonianze che avevamo raccolto, vedeva grandi aziende occupare vaste aree di terreni con il solo scopo di accedere ai fondi europei, pur senza garantire l’effettiva attività di pascolo degli animali, tra le reazioni più eclatanti ci fu una minaccia di risarcimenti milionari fatta recapitare alla nostra redazione da uno studio legale siciliano.
Andando avanti, man mano che quelli che erano solo racconti di episodi isolati assumevano i contorni di un vero e proprio sistema, anche grazie al certosino lavoro svolto dal laboratorio di cartografia dell’Università dell’Aquila – che con il gruppo di studio guidato dalla professoressa Lina Calandra ha ricostruito la costellazione di società che aprono e chiudono solo per accaparrarsi i cosiddetti titoli Pac, diritti che permettono alle aziende agricole di accedere ai finanziamenti dell’Unione europea – le minacce hanno lasciato il posto, da un lato, al silenzio nel quale sono piombati molti, dall’altro a una certa tendenza a minimizzare il fenomeno. Senza dimenticare i tanti che si sono sbracciati a smentire, diffidare, replicare: guarda caso proprio alcuni di quelli oggi destinatari di misure cautelari.
Oggi la magistratura, che ha i suoi tempi, ha fatto il suo corso e non serve aggiungere molto alla cronaca, se non ricordare, proprio in ossequio ad essa, che Virtù Quotidiane per primo in Abruzzo affrontò il delicato quanto spinoso tema della cosiddetta mafia dei pascoli con una serie di articoli e approfondimenti. Non è stato facile, e questa redazione per prima ha dovuto insistere a lungo prima di capire cosa ci fosse dietro gli episodi che venivano raccontati da allevatori e pastori sani, prime vittime del sistema.
La cronaca, appunto: la Procura distrettuale antimafia dell’Aquila e la Guardia di finanza di Pescara, con l’operazione “Transumanza”, hanno accertato una maxi truffa da 6 milioni di euro ai danni dell’Unione europea per accedere appunto ai fondi comunitari, attraverso pascoli fantasma e speculazioni sui titoli di coltura.
Sono state emesse misure cautelari personali per 25 dei 75 indagati (11 persone con l’obbligo di dimora cumulato con la misura interdittiva per 12 mesi, e altre 14 persone raggiunte dal divieto per 12 mesi di esercitare l’attività d’impresa, delle quali 12 accusate di associazione di stampo mafioso).
Eseguiti sequestri in varie regioni d’Italia (Abruzzo, Puglia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Lazio e Campania) tra cui 5 milioni di euro a 24 imprese e 38 soggetti.
Le accuse, a vario titolo, sono autoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, ricettazione, truffa aggravata ai danni dello Stato e per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in base alle quali il pm aveva chiesto anche una serie di arresti in carcere, non concessi dal gip.
Una indagine complessa, durata due anni, con 100 mila intercettazioni telefoniche e 8.000 interrogazioni alle banche dati e accertamenti bancari su 270 conti correnti.
Secondo quanto spiegato nell’ordinanza del giudice, il sodalizio criminale “sfruttando la possibilità di taluni soggetti (rivelatisi prestanome) di ottenere in assegnazione gratuita i titoli Pac (Politica agricola comune) dalla Riserva Nazionale Titoli dell’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), percepiva indebitamente contributi comunitari per oltre 6 milioni di euro” con il coinvolgimento “riscontrato di società cooperative agricole impegnate a ‘far incetta’ di terreni ad uso civico da destinare al pascolo e da cedere agli associati per consentire la percezione dei contributi; imprese agricole fittizie appositamente costituite e intestate a prestanome, aventi i requisiti formali per beneficiare della normativa per i giovani agricoltori; imprese agricole reali, collegate al sodalizio criminale alle quali vengono assegnati i terreni da abbinare ai titoli posseduti; ed infine i centri di Assistenza Agricola compiacenti che, oltre a detenere i fascicoli delle varie imprese agricole, si occupavano di inoltrare le istanze per l’ottenimento di titoli e contributi”.
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