PASTA I LOVE YOU, NEL SUD ITALIA LA MANGIA IL 99%

ROMA – Nel sud d’Italia l’amore per la pasta è nato nel Medioevo e non si discute neanche negli anni 2000. Nel Mezzogiorno infatti tutti o quasi mangiano la pasta (99%), in media 4-5 volte la settimana e nel 2016 sono state vendute oltre 378mila tonnellate di pasta, il 36% del totale. Il doppio rispetto al Nord Est e un terzo in più rispetto a Nord Ovest e Centro. Ciò vuol dire che il consumo di pasta è leggermente superiore alla media nazionale, con circa 25-26 chili pro-capite all’anno.
È quanto sottolinea Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) su elaborazioni di dati Iri.
Per il 48% dei meridionali, secondo una ricerca Doxa-Aidepi, la pasta è l’alimento preferito. La scelgono per ragioni di gusto o salute. La tipologia più acquistata è la pasta secca. Quasi 4 pacchi di pasta secca su 10 totali sono stati venduti a sud di Roma, mentre il Nord Ovest è leader per la pasta fresca.
Nel solco di questa tradizione, la novità è il crescente gradimento per la pasta integrale: quasi la metà del campione (47%) dichiara di acquistarla, mentre 3 anni fa erano solo il 14%.
Da Roma (esclusa) in giù – evidenzia Aidepi – la pastasciutta piace liscia.
“Da noi nel Sud d’Italia la pasta è quella liscia per antonomasia – commenta Giuseppe Di Martino, pastaio di Aidepi e presidente del Consorzio Pasta di Gragnano Igp – e c’è una ragione ben precisa. Storicamente a Napoli, la pasta rigata veniva prodotta solo per i mercati del Nord. Era venduta dai Gragnanesi sul mercato di Roma e chiamata per questo ‘uso Roma’, da cui i famosi Rigatoni romani, ottimi con la pajata. Vengono invece indicate ‘uso Bologna’ le farfalle, un formato che riproduce la tradizione emiliana della pasta sfoglia. Stile ‘Napoli’ sono invece Ziti e Mafaldine insieme a tutte le variazioni di formati lisci”.
La ricerca sui consumi e gusti di pasta nel Bel Paese è stata resa nota in occasione di una campagna di comunicazione lanciata da Aidepi per festeggiare i 50 anni della cosiddetta “legge di purezza sulla pasta” (L. 580 del 1967), “l’unica normativa del genere voluta dai produttori – osserva Aidepi – che, fissandone i limiti qualitativi, garantisce alla pasta italiana di essere sempre la migliore al mondo”.
“Vogliamo rimettere al centro della pasta la mano del pastaio, ingrediente invisibile e spesso dimenticato del nostro piatto simbolo – spiega Mario Piccialuti, direttore di Aidepi. Alcuni vogliono far credere che per fare una pasta buona servano solo materie prime eccellenti, ma c’è molto altro. È importante che gli italiani riscoprano la passione, la storia, la ricerca, i test sensoriali e di laboratorio, insomma tutto l’impegno dei produttori dietro una ottima forchettata di pasta”.
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