L’AQUILA – Un chilometro zero lungo tutta la Penisola, due tra i migliori interpreti di pizza fianco a fianco, i produttori delle prelibatezze che finiscono in tavola seduti accanto a voi. Si parte con una margherita croccante, si attraversano i sapori dell’orto passando per un gambero in ceviche. L’apoteosi la si raggiunge con un pan brioche ripieno di lingua tonnata e un’insalata di galletto, pecorino e zucchine allo zafferano su focaccia con segale e avena, resi piacevolissimi da una marinatura che non li mortifica ma neppure li lascia completamente immacolati.
La rivoluzione della pizza parte dal Nord, capovolgendo la storia che attribuisce al Meridione, e in particolare a Napoli, le origini del piatto. L’ha avviata anni fa Simone Padoan, maestro di Marzia Buzzanca, che l’ha ospitato nel suo Percorsi di Gusto dell’Aquila: entrambi sono tra i dieci pizzaioli raccontati nel libro La buona pizza, scritto da Tania Maurii, Luciana Squadrilli e Alessandra Farinelli per Giunti Editore, che racconta l’Italia bella, golosa e virtuosa attraverso le pizze di 10 grandi interpreti e i prodotti degli artigiani locali, dal Nord al Sud.
“Di partenopeo non ho nulla – premette lui – essendo polentone mi è stato più facile e mi è stato consentito di fare qualcosa di diverso con la pizza, cercando di unire la base, il lievitato che sta sotto e che deve rimanere l’elemento più importante, con quello che sta sopra. Chilometro zero è un estremismo che ridurrebbe troppo la mia concezione, quindi spazio ai prodotti dalla Sicilia alla Lombardia. Chi esce, oggi lo fa per provare un’emozione, non rincorriamo barriere o mode ma un proprio modo di fare o di essere. Marzia non ha copiato, ma ha preso spunto. La cucina cambia e va avanti, non vedo perché non debba farlo anche la pizzeria”.
Poche parole e poi via in cucina, dove per l’occasione lavora solo Padoan, con Marzia che lascia spazio al maestro che per questo viaggio sposa prodotti abruzzesi.
Via con la margherita croccante: la pasta ha una doppia cottura, prima al vapore e poi nel forno. È su una focaccia al mais che viene steso il gambero – marinatura peruviana fatta con limone italiano – contornato da crescione, burrata e pomodori. I sapori dell’orto, melanzane, zucchine, peperoni mai tanto delicati, pomodori gialli e rucola, sono tenuti insieme dalla “scioglievolezza” del caciocavallo silano sulla terza pizza proposta.
“Ruffiana ed estiva” è poi la lingua tonnata rigenerata in bagno temperato, che farcisce un pan brioches per pochi. E vista l’importanza degli animali da cortile nella cucina di Padoan, “parte fondamentale della nostra cultura”, si conclude con un’insalata di galletto, pecorino e zucchine allo zafferano su focaccia con segale e avena.
Rigorosamente “materia prima fresca, mai semilavorato”, il galletto viene marinato con anice stellato, con le carcasse a fare da fondo di cottura. L’incontro con lo zafferano dà poi il “tocco orientale tuttavia molto vicino alla nostra cultura”, fa osservare Padoan.
Lo produce Letizia Cucchiella, in sala assieme a Claudio Spinosa Pingue, “padre” dell’aglio rosso di Sulmona che insaporiva una salame che farciva delle brioches nel benvenuto in giardino. E a Cristiana Tiberio, produttrice del Pecorino e del Cerasuolo che hanno accompagnato tutte le portate, a consacrare la nuova frontiera dell’abbinamento tra pizza e vino, blasfema solo fino a qualche anno fa. E a rimarcare le origini di un vitigno, il Pecorino, che “appartiene all’Abruzzo e alle Marche, tipico di montagna e le cui uve hanno bisogno di climi temperati, per non correre il rischio di perdere la loro identità e le loro sfumature, naturali e mai tropicali. La tipicità del terroir lo differenzia dai prodotti commerciali”. (m.sig.)