vinitaly 2018 15 Apr 2018 13:50

VINITALY: SU IL SIPARIO, HI TECH MA ANCHE IL RITORNO ALLA PIGIATURA CON I PIEDI

VINITALY: SU IL SIPARIO, HI TECH MA ANCHE IL RITORNO ALLA PIGIATURA CON I PIEDI

VERONA – Ci sono le bottiglie di vino hi tech, basate sulla tecnologia blockchain, ma c’è anche il ritorno della pigiatura con i piedi, la concimazione del vigneto fatta dalle oche. È un mondo di curiosità infinite quello del vino, che oggi Coldiretti mette in mostra a Verona in occasione del Vinitaly 2018.

Il 52esimo salone internazionale dei vini e distillati ha aperto stamattina superando le 4.380 aziende, 130 in più rispetto all’edizione precedente. Aumenta anche la presenza degli espositori esteri nell’International Wine Hall che raggiungono i 36 paesi rappresentati, contro i 29 del 2017.

“L’innovazione nella tradizione è l’elemento che caratterizza l’edizione di quest’anno, anche con esperienze creative che puntano alla distintività” ha affermato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando che “a spingere il cambiamento è la crescente richiesta di naturalità della produzione”.

In Liguria una piccola azienda di Dolceacqua (Imperia) produce il vino come una volta, con l’uva che viene pigiata con i piedi per poi mettere tutto il prodotto, dal mosto ai raspi fino alle bucce, a fermentare in botti di legno. Al Vinitaly sono presenti anche le prime bottiglie hi-tech del progetto sperimentale del ministero delle Politiche agricole e dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, basato sulla tecnologia blockchain, che attraverso lo smartphone consente di tracciare l’identikit del vino.

In Sardegna una cantina ha sperimentato una nuovo vino, la Malvasia di Bosa Botrytis Cinerea, ottenuto da acini nei quali si sviluppa una muffa particolare, la Botrytis Cinerea, un marciume nobile che riprogramma il metabolismo dell’uva provocando un accumulo di aromi e sapori.

Nei vigneti – sottolinea Coldiretti – c’è anche chi si fa aiutare dalle oche per pulire e concimare il suolo in maniera totalmente naturale e biodinamica. Succede a Cannara, in Umbria, dalle poche oche dell’inizio, sono ora 400 i volatili utilizzati a questo scopo su 4 ettari di vigna. In Campania, infine, ci sono vini che nascono da vitigni antichissimi come quello coltivato fra i resti della Pompei distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo.

Punto di riferimento per il business e la cultura legati al settore enologico, che vale per il Paese 5,9 miliardi di euro di export, Vinitaly è una delle manifestazioni a più alto tasso di internazionalità. Nei prossimi quattro giorni sono attesi in fiera operatori specializzati da tutto il mondo: più di mille i nuovi buyer accreditati per la prima volta alla rassegna veronese e con un’agenda già fissata di incontri b2b.

Questo anche grazie a Vinitaly Directory, il nuovo catalogo online 4.0 che parla anche in cinese e recensisce le cantine di tutti gli espositori e più di 15.500 etichette. Nel 2017 i visitatori stranieri da 142 nazioni avevano raggiunto quota 38%, sulle 128mila presenze totali. Sempre più spazio, poi alla vitivinicoltura green, con le aree di VinitalyBio, Vivit e Fivi.

Nel quartiere fieristico, in contemporanea a Vinitaly, si svolgono Sol&Agrifood, salone internazionale dell’agroalimentare di qualità, ed Enolitech, salone internazionale delle tecniche per la viticoltura, l’enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie.

L’America accelera sui consumi di vino: il 65% della popolazione statunitense (21-65 anni) lo ha bevuto almeno una volta nell’ultimo anno. Il mondo di Bacco piace in particolare ai millennials (69%), i giovani compresi tra i 21 e i 35 anni e nelle metropoli (a New York i wine-addicted sono il 71%), ma sono ancora enormi i margini di crescita: 4 su 10 non hanno mai bevuto vino italiano perché dichiarano di non conoscerlo. È quanto emerge dall’indagine Vinitaly-Nomisma Wine Monitor realizzata su modelli di consumo di 3mila consumatori in 5 Stati (New York, California, Illinois, Minnesota, Winsconsin), presentata oggi all’evento inaugurale di Vinitaly.

Secondo lo studio Vinitaly-Nomisma, rappresentano il 28% i consumatori americani quelli che hanno consumato vino italiano negli ultimi 12 mesi. Un tasso di penetrazione che aumenta al diminuire dell’età, coinvolgendo circa un terzo dei Millennials (34%), ma solo un Baby Boomer (sopra i 55 anni) su 5. Osservando la geografia del tricolore enologico negli Usa, lo stato di New York è quello che si dimostra più aperto al nostro vino (36%), bevuto da circa un terzo dei californiani (29%) e ancora solo da un abitante su 4 nel Mid West (24%).

Paolo De Castro, vice presidente della Commissione agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo ha commentato: “Fra Stati Uniti e Unione europea passa un terzo del commercio mondiale e una guerra di dazi fra le due sponde dell’Atlantico non gioverebbe a nessuna delle due parti; gli agricoltori europei non possono rischiare di veder venire meno un mercato con un volume complessivo di export di quasi 22 miliardi di euro lo scorso anno, di cui 3,8 miliardi per il solo comparto del vino”.

“Gli Usa sono il mercato più promettente – ha detto Maurizio Forte, Ice di New York e coordinatore della rete Usa – Per il vino italiano è questo il dato che emerge dall’interessante ricerca Vinitaly-Nomisma. Gli Stati uniti assorbono già un quarto del nostro export e cresceranno del 4-5% l’anno nel prossimo quinquennio. I nostri prezzi medi restano tuttavia ancora bassi, nonostante il 94% dei consumatori ritenga che il vino italiano abbia una qualità uguale o superiore a quello francese, tanto che l’88% sarà disposto a pagarlo di più in futuro. Abbiamo quindi dei chiari margini per migliorare la percezione dei nostri vini. Il Progetto Vino Usa, sviluppato dall’Agenzia Ice, mira proprio a colmare questa lacuna. Un percorso ambizioso reso possibile dall’impegno del Ministero dello Sviluppo Economico e dal grande gioco di squadra con Federvini, Unione Italiana Vini, Federdoc ed ovviamente Vinitaly”.


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