A NAPOLI IN MOSTRA LE OPERE DEGLI ALLIEVI DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DELL’AQUILA

L’AQUILA – C’è tempo fino al 24 settembre per visitare, a Napoli, la mostra “Estetica del trauma”, collettiva di giovani studenti delle Accademie di Napoli e L’Aquila, a cura di Monica Biancardi. Ancora una volta gli spazi di Via Pasquale Scura a Napoli si aprono alla sperimentazione con dieci artisti abruzzesi e campani, Federico Luciano, Beatrice De Meis, Ferdinando Mazzitelli, Andrea Marinucci, Federico De Sanctis, Lorenzo Scimia, Giovanna Capone, Maria Teresa Perdonà, Ilena Ragosta, Giulia Romolo, che hanno affidato la propria indagine creativa alla fotografia, attraverso la ricerca produttrice di conoscenza. In mostra gli sguardi che rimandano al trauma, alla mancanza e al turbamento di momenti temporalmente diversi ma tutti accomunati dallo straniamento post traumatico.
Estetica del Trauma è una mostra collettiva volta ad affrontare come argomento il trauma, per l’appunto, attraverso l’utilizzo dell’arte: dalla fotografia, alla scultura, dall’installazione a Live Performance.
Estetica del Trauma sarà visitabile fino al 24 settembre dal martedì al sabato dalle ore 14,30 alle 19,30 o su appuntamento.
LE OPERE
Federico Luciano: progetto fotografico, tecnica mista su carta. “3:32” è un progetto fotografico concepito come rappresentazione di un percorso evolutivo, ancora in atto, di una comunità sfigurata: ricordi di una notte confusa, squarci di vita quotidiana interrotta, il nuovo che si adatta e interagisce con i segni di un passato brutale e figure umane come ombre indefinite in cerca di un’identità da ricostruire.
Beatrice De Meis: fotografia digitale, stampa ai pigmenti, dittico uomo-donna, doppio ritratto.
Questo lavoro mette in evidenza due tipologie di trauma: quello psicologico e quello fisico e in questo caso e? il corpo ad incaricarsi dei messaggi, il quale tiene traccia e porta alla conoscenza dell’essere mettendo davanti all’esperienza reale del mondo, davanti alla via della verita?.
Ferdinando Mazzitelli: “Trasparente” è un’opera performativa dalla durata di un’ora nella quale l’artista, esposto in vetrina, rimane seduto su una sedia. L’osservatore, dall’altra parte del vetro, instaura un rapporto visivo andando a ricalcare i contorni del performer su un foglio di carta lucida poggiato sul vetro della vetrina. La performance si conclude con l’azione di svestirsi dell’abito indossato, andando a rivestirsi con abiti socialmente accettati per un uomo, abbandonando il luogo in cui si è svolta la performance.
Andrea Marinucci: “Crepa”, ceramica smaltata. Una tapparella composta da dieci doghe in ceramica smaltata, precedentemente fresata a crudo, proietta sul muro, attraverso delle luci poste di fronte, le lettere del testo incise negli spazi delle fughe. Le doghe, inizialmente integre, presentano due diversi tipi di rottura: quella della “memoria”, in riferimento alla memoria che l’argilla conserva durante la fase di lavorazione a crudo, e quella del “momento”, in riferimento alla fresatura sull’argilla essiccata che, persa la sua specificità plastica, trasforma il processo da reversibile a irreversibile.
Tra la terra, i muri, le persone ci sono analogie che vengono alla luce quando essa decide di manifestarsi, che sia naturalmente o perché qualcuno stabilisce che è arrivato il momento di accenderla, in entrambi i casi, la sua presenza si fa rivelatrice della caducità di un tempo passato e definito: agli eventi il compito di renderlo lesione o stucco, alla luce quello di non oscurarne le tracce.
Federico De Sanctis: “After”, transfer fotografico su legno e tempera. After è la testimonianza personale di un post terremoto ma anche di una visione apocalittica causata dai mutamenti climatici. Catastrofi che provocano ferite e lacerazioni a chi le ha vissute e a chi le vivrà.
Lorenzo Scimia: “Uno o due”, fotoromanzo, produzione audiovisiva di narrazione e di creazione. L’opera in forma di fotoromanzo è una raccolta di scatti fotografici realizzati all’interno del reparto di Terapia Intensiva Covid dell’ospedale “San Salvatore” dell’Aquila e nei laboratori dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila tra il 2020 e il 2022. Le immagini narrano della duplicità di due mondi apparentemente opposti che convivono nella vita dell’autore. Scene di ordinarie e straordinarie attività che si svolgono ogni giorno in maniera rigorosa all’interno del reparto ospedaliero si alternano a scene di esplosioni di luci e colori nei luoghi dove quotidianamente si assiste alla nascita dell’Arte. E’ soltanto attraverso lo scorrere delle immagini che ci si rende conto di quanto esse siano sovrapponibili. La voce del poeta Gabriele Frasca accompagna lo spettatore in questo racconto.
Giovanna Capone: “Null Island”, stampa ai pigmenti su carta Hahnemuehle PhotoRag 308. E’ un’opera composta da 12 fotografie poste all’interno di cornici di ferro fatte su misura. Le opere sono state create da screenshot di posti bombardati in Ucraina, cercati su Google Maps e poi editati cancellando i pixel con un rosso acceso, che rimanda al sangue, alla violenza.
Maria Teresa Perdonà: “MagmaMemoria”, fotografia digitale, penna su carta. MagmaMemoria è un lamento, una preghiera a San Giovanni che fu recuperato dal mare da un gruppo di pescatori. In terra straniera dove non era più possibile spostare la statua, li nacque una chiesa dal quale si sviluppò tutto il centro cittadino. Dalla povertà, la città voleva arricchirsi grazie alla posizione strategica e alla costruzione di industrie, ma quest’ultime come in molti luoghi d’Italia hanno trasformato il territorio riempiendolo di cemento, depuratori ed amianto. MagmaMemoria è anche accettazione ed amore di tutto ciò da parte di un centro abitativo che si sviluppa, cresce in questo territorio segnato dalla sua storia.
Ilena Ragosta: “That’s what I image that happens in my head when I have an idea”, video d’archivio. E’ un video realizzato con gli home movies dell’Archivio Prelinguer. “The Others”, collage. E’ un libro rilegato a mano composto da foto antiche ritrovate in archivi familiari napoletani.
Giulia Romolo: “Se solo fosse sole”, installazione con frammenti di specchio. “Se solo fosse sole” è un’opera realizzata con frammenti di specchio posizionati sul pavimento, così da comporre un’immagine simile a quella di una finestra. Su di essi è proiettata una luce che riflettendo sugli specchi crea dei riflessi luminosi che si proiettano sul soffitto e le pareti della sala.
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