IL PARCO SIRENTE-VELINO DIVENTA PIÙ PICCOLO: L’ENNESIMA OPPORTUNITÀ MANCATA PER LE AREE INTERNE ABRUZZESI
di Mattia Fonzi

L’AQUILA – È destinata a far discutere la delibera della giunta regionale abruzzese del 15 giugno scorso, con la quale il vice presidente Emanuele Imprudente ha presentato un progetto di legge regionale sulla “nuova disciplina del Parco regionale Sirente Velino e revisione dei confini”.
In sintesi nella delibera si approva una sorta di riforma dell’ente (l’unico Parco regionale presente in Abruzzo) e si propone una revisione dei confini. È soprattutto questo secondo punto ad aver fatto sobbalzare dalla sedia le associazioni ambientaliste.
In contrapposizione a un trend generale che vede assumere l’ambiente di un ruolo sempre più strategico nelle politiche pubbliche, la giunta regionale guidata da Marco Marsilio e sostenuta da diversi sindaci dei comuni interessati ha ridisegnato i confini a nord-est, nell’area che investe principalmente la Valle Subequana, notevole dal punto di vista paesaggistico, per lo più collinare e solcata dal fiume Aterno, in provincia dell’Aquila. In questa zona è prevista una “compressione” dei confini verso sud-ovest.
Il Parco Sirente Velino, nato nel 1989, è esteso all’incirca come il Parco nazionale d’Abruzzo – poco più di 500 km – e conta una zona a protezione speciale (zts) e tre siti di interesse comunitario (sic).
Secondo il Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua, nel proporre la riperimetrazione del Parco non si è tenuto conto della continuità morfologica e territoriale. Per questo, con i nuovi confini, il fiume Aterno uscirebbe e rientrerebbe nel Parco numerose volte nel giro di pochi chilometri, facendo addirittura da confine in alcuni tratti, con l’effetto di avere una sponda nel parco e l’altra no.
Emblematico è il caso delle meravigliose Gole di San Venanzio, di cui una parte rimarrà nel parco, una sarà fuori dai confini – circa un quarto del totale – e una terza parte ricadrà in riserva naturale, ossia di giurisdizione di un altro ente: “Immaginate un turista olandese che percorre un sentiero a settembre in una gola rocciosa, cioè un ambiente unitario. Bello tranquillo cammina nella pace. Poi ad un tratto incontra 10 cacciatori che sparano. Poi fa altri due km e, rimanendo nelle gole, rientra in una zona protetta”, è l’esempio dell’associazione ambientalista.
Il progetto di restringimento dei confini del Parco era iniziato nella scorsa legislatura regionale con l’ex assessore Donato Di Matteo. Oggi il governo, di colore opposto al precedente, va in continuità e inserisce la riperimetrazione dentro una proposta di legge regionale sul funzionamento dell’ente, commissariato da ben cinque anni, e che da tempo attende l’approvazione di un piano del Parco che ne regoli la vita.
Le motivazioni della decisione, esplicitate dallo stesso Imprudente, sarebbero due: il problema dei cinghiali e le difficoltà connesse alla ricostruzione post-terremoto. Sul primo punto, tolti di mezzo i vincoli del Parco, si potrebbero quindi allargare le zone di caccia. Una richiesta su cui le associazioni dei cacciatori, da sempre ben inserite nelle stanze del potere regionale, inoltravano da tempo.
Il secondo punto è più tecnico ma anche persino più evanescente: Imprudente parla di “rallentamenti procedurali legati alla presenza dei centri abitati all’interno del perimetro del Parco” che avrebbero l’effetto di ritardare il processo di ricostruzione. È tuttavia facile verificare che gli interventi di ricostruzione post-sisma che si incrociano con i vincoli del Parco sono tutt’altro che generalizzati, e potrebbero essere affrontati uno per uno senza tagliare la testa al toro escludendo interi centri abitati da un parco regionale. Inoltre la ricostruzione post-sisma 2009 è indietro soprattutto per la lentezza con cui vengono presentate ed esaminate le pratiche, aspetto del tutto slegato al Parco.
L’assessore non ha ovviamente fatto tutto da solo, anzi. Vengono allegati alla delibera di giunta numerose deliberazioni di Consigli comunali dei borghi che saranno investiti dalla riperimetrazione: Acciano, Castelvecchio Subequo, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, Fagnano Alto, Molina Aterno, Ocre e Tione. Si tratta di Consigli comunali tenuti nel 2016, tranne quello di Ocre, risalente al 2004. Vengono inoltre richiamati i verbali di due sedute dello scorso anno della Comunità del Parco, uno degli organi di governo dell’ente, presieduto dai sindaci stessi.
Da tempo è nota una certa insofferenza di molte amministrazioni al Parco Sirente Velino, che viene visto più come un ostacolo alla caccia, allo sviluppo e alla “libera iniziativa”, anziché un’importante risorsa per le opportunità turistiche del territorio. Si tratta di una miopia spesso generata da piccoli interessi, personali o di gruppo, che valutano il soddisfacimento di parte a breve termine, anziché una pianificazione, che possa produrre benessere comunitario a medio-lungo termine.
Neanche l’emergenza Covid, durante la quale si è spesso parlato di una migliore qualità della vita in contesti rurali come le aree interne italiane, è riuscita a convincere la politica e le amministrazioni che valorizzare il territorio è indubbiamente l’unica via per la lotta allo spopolamento e la sopravvivenza delle piccole comunità.
Oltre alle associazioni ambientaliste hanno manifestato la contrarietà alla ridefinizione dei confini anche alcune organizzazioni politiche, come Sinistra Italiana e Potere al Popolo.
C’è da scommettere che la vicenda continuerà a far discutere nelle prossime settimane, anche perché alcune sentenze di livello europeo hanno stabilito che, in tema ambientale, anche i provvedimenti legislativi – come una legge regionale – se hanno effetti regolatori debbano essere sottoposti alle verifiche di legge, come la valutazione ambientale strategica (vas) e la valutazione di incidenza ambientale (vinca).
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