Legumi e vite già duemila anni fa, Feudo Antico dimostra che Tollo è una delle più antiche città del vino d’Italia
TOLLO – È probabilmente l’unico caso al mondo di una cantina che si è integrata con i resti di un’antica villa romana, tutelandoli e valorizzandoli, costruendo un ponte ideale, peraltro, tra le origini del vino e la sua contemporaneità. È Feudo Antico, a Tollo (Chieti), dove l’azienda vinicola che fa parte del gruppo Cantina Tollo ha trasformato quello che poteva essere un incidente di percorso, in una straordinaria occasione di promozione, attraverso il ricercatissimo turismo esperienziale che unisce archeologia ed enologia.
Un convegno nell’ambito delle Giornate europee dell’archeologia, sabato scorso, ha messo un ulteriore tassello nel processo di valorizzazione che l’azienda vinicola porta avanti oramai da anni. Sin dal ritrovamento, nel 2013, dei primi resti, venuti alla luce mentre si stava preparando il terreno per i primi reimpianti di Pecorino.
A seguito di una prima campagna di saggi, sono iniziate le ricerche archeologiche. Il complesso identificato sembrava quello di una importante villa rustica di epoca romano-imperiale le cui strutture erano incassate nel pendio della collina.
Così, la progettazione della nuova cantina è stata subordinata al rispetto delle esigenze di salvaguardia dei ritrovamenti con l’azienda che si è fatta promotrice e garante della conservazione anche attraverso la realizzazione di una sede museale. Man mano che si andava avanti, i lavori di edificazione della sede si adattavano ai rinvenimenti che si succedevano.
Il risultato è che la nuova sede di Feudo Antico sorge esattamente dove i Romani oltre 2.000 anni fa realizzarono un’azienda agricola per produrre i nettari e gli oli da offrire nelle libagioni agli dei, che oggi è possibile visitare grazie a un progetto architettonico “leggero” e rispettoso dell’ambiente circostante.
Studi e ricerca non si fermano e oggi, dagli esami condotti su alcuni semi ritrovati nelle antichi dolii, è emerso come si trattasse di favino, cicerchia e altre leguminose, oltre a molte varietà di vitis vinifera.
Le risultanze di queste analisi sono state al centro del convegno “La Villa Romana di San Pietro a Tollo, un esempio virtuoso di valorizzazione”, promosso in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Chieti e Pescara, al quale sono intervenuti Anna Dionisio, funzionaria archeologa Soprintendenza Abap Chieti-Pescara, Mauro Rottoli, archeobotanico e ricercatore, Aurelio Manzi, etnobotanico dell’Università di Teramo e Vittorio Di Carlo, presidente di Feudo Antico.
“Abbiamo indagato scoprendo dei semi conservati nei dolii, li abbiamo fatti analizzare e abbiamo individuato semi di favino, cicerchia e altre leguminose, oltre a molte vitis vinifera, a testimonianza del fatto che sicuramente da più di duemila anni su questo sito si coltiva la vite da vino. Tollo è, dunque, una delle città del vino più importanti del nostro paese”, ha commentato Di Carlo.
Un’area che nel corso dei secoli ha mutato le proprie funzioni, come ha ripercorso la Dionisi: “Tra VI e VII secolo è stata una necropoli, in seguito è tornata ad essere sito produttivo di vino, alcune fosse granarie ci attestano l’utilizzo agricolo anche nel basso medioevo e, infine, c’è una fase novecentesca con un casolare che non aveva valore architettonico, quindi è stato eliminato, ma si impostava su una cisterna, perfettamente conservata, di epoca romana, utilizzata come fondazione”.
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