VENT’ANNI DI COLLINE TERAMANE, CERULLI: DOCG HA CREATO IDENTITÀ TERRITORIALE MA BOTTIGLIE ANCORA POCHE

TERAMO – Nell’anno in cui l’Abruzzo ottiene la terza Docg, quella di Casauria, la prima compie vent’anni: è quella Colline teramane tutta dedicata al montepulciano d’Abruzzo che si produce in un’ampia fascia della collina del litorale adriatico ed interna spingendosi fino ai piedi del Gran Sasso, un’area altamente vocata da sempre sinonimo di vini di qualità.
Ed è un bilancio, come sempre accade, di luci e ombre per il Consorzio che dal 2003 tutela la denominazione di origine controllata e garantita, come dice a Virtù Quotidiane Enrico Cerulli Irelli, a dicembre confermato presidente: “Ci sono aspetti per i quali essere molto contenti, come la creazione di una forte identità territoriale, e altri di cui non essere soddisfatti, tra cui il fatto di non essere ancora riusciti a portare Colline teramane ad un numero di bottiglie che possa imporsi sul mercato, nonostante l’incremento dalle 400mila delle prime vendemmie alle 600mila del 2022”.
Crescita che è anche “il risultato delle modifiche al disciplinare, come l’introduzione della versione giovane che consente di immettere sul mercato il prodotto dopo solo un anno senza affinamento in legno, che ha sicuramente dato l’opportunità di proporre vini più vicini ai palati del grande pubblico, più freschi per quanto sempre complessi”, e delle attività di promozione come l’Anteprima, che peraltro torna a marzo con la sua terza edizione, arricchita come numero di giornate e caratteristiche di appuntamenti.
A proposito del numero di bottiglie, Cerulli indica in 2 milioni l’obiettivo da perseguire, “che contiamo di raggiungere nei prossimi cinque anni – spiega – , anche se ne basterebbero anche tre se ci fosse la volontà. Già ci sono sul mercato bottiglie che potrebbero essere Docg ma non lo sono, per scelte delle singole aziende in cui il Consorzio non entra”.
“Nel nostro settore”, ragiona d’altra parte il presidente, “si è forti quando ci sono tante bottiglie sul mercato, più ce ne sono e più si è forti. Va bene una produzione limitata e di alta qualità, ma 600mila è la quantità di un’azienda privata e non di una provincia intera”.
Insomma un quadro in chiaroscuro di vent’anni in cui, tuttavia, è stata creata e si è rafforzata una comunità territoriale: “Aver anteposto Colline teramane a Montepulciano d’Abruzzo ha aiutato ad affermare un’identità, sia nella percezione dei consumatori, sia nei produttori – rileva – . Ulteriori modifiche al disciplinare, ancora da perfezionare, ci faranno proseguire in questa direzione da una parte introducendo la menzione Superiore, che potrà diventare Riserva nelle giuste annate, dall’altra con la versione giovane ottenuta aumentando leggermente le rese per ettaro”.
Comunità che, è sicuro Cerulli Irelli, va oltre il mondo enologico: “Abbiamo creato la percezione di un territorio che non esisteva, dando un nome ad un’area indipendentemente dal vino. Oggi colline teramane è una realtà geografica, oltre che produttiva. Barolo o Montalcino sono nomi adottati dai produttori ma che esistevano già, mentre Colline teramane come nome e zona geografica ce la siamo inventata noi”, rivendica il presidente del Consorzio.
“Dall’idea iniziale è discesa, oltre che la produzione del vino, la costruzione di un territorio”, ragiona Cerulli, “oggi si parla di miele delle colline teramane, si vendono pacchetti turistici delle colline teramane, prima tutto questo non esisteva e lo si deve ai produttori della provincia di Teramo”.
“Un risultato che credo sia stato raggiunto un po’ inconsapevolmente”, ammette, “ma di cui andare orgogliosi. Un grande risultato tutto ascrivibile a un lavoro collegiale che sicuramente avrà sempre di più delle ricadute positive sul mondo del vino. Abbiamo sempre lavorato sul concetto di comunità con un senso forte di identità. Non era affatto scontato”, fa notare, “perché basta guardare al resto d’Abruzzo, non esistono aree con un senso identitario così forte”.
Cerulli, per cui “quello che definisce l’impronta dei nostri vini è il territorio nella sua accezione più ampia e il modo in cui il montepulciano si combina con questo territorio”, alle due nascenti Docg, Casauria e Terre dei Vestini suggerisce “di credere fortemente nella denominazione e agire in modo comune, portando sui mercati la denominazione tutti insieme, con azioni comuni nei mercati giusti”. E avverte: “Non bisogna andare in ordine sparso, proponendo la denominazione ciascuno per i fatti propri, ma tutti insieme, trovando allo stesso tempo, il modo di raccordarsi con il resto dell’Abruzzo.
Sul futuro, Cerulli ribadisce l’idea di cui le colline teramane discutono da tempo di trasferire sotto il Consorzio vini d’Abruzzo la tutela della denominazione: “È un soggetto grande, strutturato, ha il nome giusto – riflette – per cui accanto alle altre doc abruzzesi potrebbe esserci anche l’importante Docg teramana”.
“Il nostro Consorzio non deve sparire”, avverte, “ma trasformarsi mantenendo il ruolo di collettore tra le aziende del territorio, lavoriamo proprio a un’ipotesi che non disperda il patrimonio di identità e comunità faticosamente costruito”.
Sulle discusse scelte dell’Irlanda, avallate dall’Unione europea, che potrà adottare un’etichetta con le avvertenze per la salute, per il presidente del Consorzio Colline teramane “il problema è da sempre culturale e su certe questioni è difficile trovare un punto di incontro tra cultura e tradizione mediterranea e quelle del Nord Europa, differenti visioni radicate che hanno a che fare con la storia, la religione, la filosofia”.
“La battaglia che va fatta”, chiarisce Cerulli, “non è per dire che il vino fa bene, ma che è un alimento e come tale ha delle proprietà anche positive e bisogna guidare verso un consumo responsabile di vino, soprattutto facendo capire il valore culturale ed economico del vino”.
“Per gran parte dell’Europa è uno dei prodotti della storia millenaria”, ricorda, “non serve arrivare al rito cristiano dell’eucarestia per capire quanto sia importante il vino nella nostra cultura. Non si può semplicemente catalogarlo come veleno senza nessun approfondimento, è un approccio povero sul piano intellettuale e anche offensivo, che non tiene conto dell’identità europea che affonda le sue origini proprio nel Mediterraneo”. (m.sig.)
LE COLLINE TERAMANE
Il Consorzio di Tutela, di cui fanno parte circa quaranta aziende e che tutela anche le denominazioni Controguerra Doc e Colli Aprutini Igt, si è dotato di un rigido disciplinare che prevede rese non superiori ai 90 quintali per ettaro, divieto dell’allevamento a tendone per i nuovi impianti con densità non inferiore a 3.300 ceppi per ettaro, obbligo di vinificazione e imbottigliamento all’interno della zona di produzione ed immissione sul mercato non prima di 1 anno per la versione normale e 3 anni per la riserva.
Il Colline teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg è un vino di colore rosso rubino intenso con lievi sfumature violacee, profumo caratteristico, etereo, intenso; il sapore è asciutto, pieno, robusto ma armonico e vellutato, i sentori sono quelli della frutta rossa matura e delle spezie.
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