Vino, D’Onofrio: il paradosso abruzzese del bloccaggio dopo l’aumento delle rese. Ora stop pagamenti come col Covid

PESCARA – Il bloccaggio in cantina dopo che sono state aumentare le rese in campagna (con le modifiche al disciplinare passate da 140 a 150 quintali per ettaro il Montepulciano), gli effetti funesti della peronospora e le mancate risposte da parte del governo. Carlo D’Onofrio è un fiume in piena: “Vanno bloccati tutti i pagamenti esattamente come fu fatto per la pandemia, perché stiamo vivendo una crisi peggiore di quella causata dal Covid”, dice a Virtù Quotidiane il presidente di Piandimare, cooperativa di circa 70 soci di Villamagna (Doc).
Dire che è arrabbiato è un eufemismo, dopo che la sua azienda rischia di passare dai 16mila ettolitri del 2022 ai 4mila della prossima vendemmia.
Quella che si è abbattuta sulla vitivinicoltura abruzzese, d’altra parte, è un’autentica calamità, considerando che – come confermano i dati contenuti nel report di Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini – insieme al Molise è la regione con il maggior crollo della produzione.
D’Onofrio si rivolge in particolare alle grandi cooperative “che portano l’80 per cento del reddito alla viticoltura regionale. In Abruzzo non riusciamo ad essere convincenti, compatti. Tra le grandi cooperative non c’è unione. Manca un coordinamento e ognuno fa il proprio comodo”.
E nonostante la forte riduzione della produzione, i prezzi dell’uva non sono aumentati come ci si sarebbe aspettato nella logica della domanda e dell’offerta: “Sono molto preoccupato”, ammette D’Onofrio, per il quale “non si è fatto marketing, non si è fatta una programmazione”.
Se il quadro nel quale si trova oggi il vino abruzzese è fosco, secondo D’Onofrio è pure perché “si sono persi anni a estremizzare la qualità del Montepulciano, a 14 – 15 gradi. Ma ormai chi beve più quel vino? Oggi c’è un cambiamento nella moda del bere. Si cercano vini freschi, semplici, beverini. Vini leggeri e noi non siamo stati attenti a questo cambiamento. Chi ci deve tutelare non lo sta facendo”, rimarca, “e le grandi cooperative non dialogano e non collaborano. Oggi il montepulciano è il frutto che manca di più e nel 2023 non ci sarà vino. Se mancherà il vino, non ci saranno fatturati. Come faremo a garantire una vita normale ai soci e ai dipendenti delle cantine?”.
Una risposta secondo il produttore potrebbe arrivare dal blocco dei pagamenti dei mutui legati a tutti gli investimenti fatti dalle aziende in campo agricolo. Richiesta che è stata ufficialmente formalizzata al ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida dal presidente di Confagricoltura Chieti, Mauro Lovato.
“Per scongiurare i danni sul settore l’istanza indirizzata al governo è di sospendere per un anno i mutui bancari e i prestiti relativi alle attività agricole, un intervento economico a copertura degli interessi bancari relativi a quei mutui, la riduzione degli oneri contributivi a carico delle imprese e dei dipendenti di almeno il 30 per cento, e lo slittamento di un anno della denuncia degli ammortamenti aziendali relativi ai beni acquistati. Oggi la previsione è di una diminuzione di almeno il 60 per cento dell’uva raccolta”, sottolinea, “ma mancano ancora montepulciano e trebbiano da vendemmiare e questo ci preoccupa ancora di più. I nodi verranno al pettine solo tra la metà di novembre e la metà di dicembre, quando si presenteranno le denunce di produzione e si vedrà qual è la mancanza reale di uva. Continuo a non capire però perché i nostri presidenti non parlano, tacciono, divietano l’emissione delle informazioni sugli attuali conferimenti, anche perché seppure possano essersi trovati degli escamotage per sopperire alla mancanza di prodotto, di certo non saranno sufficienti di fronte a una riduzione così drastica. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci fino a ora lo ha fatto solo una ‘persona’”, ironizza il presidente.
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