Piatti e prodotti 10 Ott 2023 08:28

Gli arrosticini cotti sui mattoni: una tradizione tramandata dalla famiglia Ginestrino

Gli arrosticini cotti sui mattoni: una tradizione tramandata dalla famiglia Ginestrino

CIVITAQUANA – “Gli arrosticini magri non sono mangiabili perché la carne si indurisce, il grasso invece l’ammorbidisce e l’insaporisce”. Parola di Loredana Ginestrino, una delle nipoti di Maria Colaiocco, la signora seduta davanti alle due fila di mattoni ardenti, così come si vede nell’ormai celebre foto in bianco e nero, scattata nel 1930 da Gerhard Rholfs e Paul Scheuermeier, autori del libro Gli Abruzzi dei Contadini 1923-1930 (Textus Edizioni).

In realtà la stessa immagine è venuta fuori alcuni anni fa ed è solo allora che la famiglia Ginestrino, con immenso stupore, ha riconosciuto il volto della nonna, davanti alla Chiesa della Madonna delle Grazie di Civitaquana (Pescara), dove sabato e domenica si è svolta la quinta edizione de L’Arrosticiere in Piazza, organizzata proprio dalla famiglia Ginestrino in sinergia con il Comune.

I cugini Fabio e Loredana hanno mostrato al pubblico l’antica cottura di un cibo di strada, apprezzato ormai in tutto il mondo. La rievocazione storica serve ad accendere i riflettori su una tradizione, nata nel territorio della provincia di Pescara, ma diffusa in tutto l’Abruzzo, che, in molti, da più parti d’Italia, cercano di imitare, ma che non può essere riproposta in maniera autentica.

Il segreto sta nella cottura, oltre che nella qualità della carne di pecora utilizzata. Se un tempo l’arrosticino veniva cotto tra un mattone e l’altro, proprio come è stato illustrato nella due giorni, poi è arrivata la cosiddetta fornacella.

“C’è stata una graduale evoluzione dello strumento di cottura. Sono state introdotte le gambe, per evitare la posizione chinata”, ha sottolineato Loredana.

Domenica, nel tendone allestito da Fabio Ginestrino per l’occasione, il cognato Marco Speziale ha cotto gli arrosticini fatti con il pezzo più saporito della carne di pecora tagliata a mano e infilzata su ceppi di sanguinello, raccolti e fatti seccare per l’occasione da Fabio.

“Una volta si utilizzavano solo questi ceppi, più lunghi rispetto a quelli odierni, perché nella fila di mattoni c’è uno spazio interno per la cottura e per poterli girare era necessaria quella lunghezza”, ha spiegato Loredana.

Alla dimostrazione ha partecipato tutta la famiglia Ginestrino, portatrice di una tradizione gastronomica che non vuole essere dimenticata.

Fabio, affiancato dalla moglie Chiara Angelini, e la sorella Tiziana gestiscono il ristorante Le Ginestre dal 1997, poco distante dal centro storico di Civitaquana, il paese in cui vivono e in cui sono cresciuti, pur nascendo in Svizzera. Le ricette abruzzesi e in particolare quelle della provincia di Pescara, tra gnocchi, ravioli, sagne e fagioli, oltre alla carne di agnello e agli arrosticini, hanno da sempre caratterizzato il loro menu. Nel 2004 il ristorante è stato spostato di trenta metri e conta oggi 200 coperti.

“Inizialmente non sapevamo della foto, poi divenuta famosa”, ha aggiunto Fabio. “Quando papà Emidio ha riconosciuto la madre e dunque nostra nonna in quell’immagine storica, in tutti noi è scattato qualcosa. Il patrimonio gastronomico di famiglia va protetto e tramandato alle nuove generazioni. Di qui l’importanza di questa manifestazione, in cui vengono riproposte anche altre tradizioni: dai balli folcloristici al laccio d’amore”.

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