LA STORIA DI BRUNO, DA GUARDIAGRELE A SHANGHAI: “APRO UN RISTORANTE ABRUZZESE E RESTO A VIVERE QUI”

GUARDIAGRELE – Quando Bruno Ferrari è partito per la Cina aveva poco più di 30 anni e un grande sogno: quello di portare l’Abruzzo sulle tavole del Sol Levante, unendo la sua passione per la cucina a quella per la cultura orientale.
Il risultato si chiama Parco della Majella, tra i primi ristoranti abruzzesi di Shangai che aprirà nei prossimi mesi.
Originario di Guardiagrele (Chieti) ma cittadino del mondo, Bruno viveva con la sua famiglia in Abruzzo e, dopo una specializzazione triennale all’Istituto alberghiero di Villa Santa Maria (Chieti) e molti anni di gavetta in locali sparsi per il mondo, è oggi un consulente di cucina e un ristoratore affermato in Cina.
Approccia per la prima volta professionalmente alla gastronomia tradizionale abruzzese a 18 anni, quando inizia a lavorare al ristorante La Grotta di Raselli, proprio a Guardiagrele ma, da allora, di strada ne ha fatta tanta.
“Inizialmente ho deciso di formarmi nell’ambito della ristorazione più per necessità che per vera e propria passione – racconta a Virtù Quotidiane – . Ero giovane e cercavo qualcosa che mi desse l’opportunità di iniziare a lavorare subito, senza per forza dover aspettare il diploma”.
Una decisione che col senno di poi si è rivelata vincente visto che, a distanza di anni, è riuscito a crearsi un piccolo “impero culinario” proprio nel paese del Sol Levante: a soli 38 anni può infatti vantare un curriculum di tutto rispetto, che conta l’apertura di 16 ristoranti sparsi per la Cina, 14 per il quale è consulente e 2 come titolare.
Tra questi il Velluto e il Cin Cin, situati rispettivamente nelle città di Wuxu e Suzhou.
Senza contare una serie di progetti in avvio nei prossimi mesi. Oltre a Parco della Majella, apriranno infatti i battenti il Velluto by Bruno Ferrari, a Zibon, e il Fireplace, al momento in fase di allestimento nei locali dell’hotel Hyatt di Suzu.
Ma non finisce qui. Come lui stesso tiene a precisare, al momento rappresenta il marchio Lavazza, creando come brand ambassador “nuovi piatti, cocktail e bevande a base di caffè per il mercato cinese”.
Possiede inoltre tre studi di consulenza per il settore della ristorazione,tra cui il Bf Studio Cucina, con base a Shanghai.
“Essere quello che sono sono oggi è stato tutt’altro che facile – ammette – , sono arrivato a Shanghai per la prima volta nel 2014 e, solo dopo un anno di duro lavoro, ho potuto avviare la mia prima compagnia di consulenza Hong Kong”.
Prima di mettersi in gioco, Ferrari aveva infatti avuto modo di sperimentare il mercato gastronomico cinese, nelle cucine del ristorante di lusso Shangri-La. Senza contare l’esperienza acquisita come chef al Grand Hotel Hyatt, di Dubai e al Jw Marriott, in India.
“A Hong Kong, ho aperto la mia attività con pochi risparmi e senza affiancarmi a qualcuno del posto che mi spiegasse come andassero fatte le cose – spiega – . Avendo lavorato per un anno a Shanghai, pensavo di essere riuscito a farmi una certa reputazione. Ma per lavorare in Cina, devi essere specializzato nel tuo settore e, contemporaneamente, essere in grado di adattarti a un popolo che non parla la tua lingua e non ha la stessa mentalità, quindi almeno inizialmente le cose non sono andate come speravo”.
Ecco perché, almeno per i primi 8 mesi di rodaggio, Bruno Ferrari afferma di essersi “dovuto adattare”.
“Ricordo che inviavo curriculum a destra e a manca – racconta ancora – . A un certo punto mi sono anche messo a dare lezioni di cucina, ma continuavo a guadagnare poco e l’unico lusso che mi concedevo era andare a mangiare riso fritto all’incrocio sotto casa mia. Ma non ho mollato e i primi risultati sono arrivati quando ho iniziato a comprendere meglio la mentalità cinese”.
Di lì a breve, la prima proposta importante: quella di aprire, in veste di consulente, un ristorantino proprio nella città di Shanghai.
“Ricordo che allora chiesi di essere pagato circa 1.100 euro al mese – dice – . Date le circostanze, avrei accettato qualunque cosa pur di essere in grado di pagarmi l’affitto e procurarmi da mangiare”.
Era il gennaio 2016 e, da allora, ne è passata di acqua sotto i ponti. Al momento infatti l’attività di Bruno conta in totale ben 43 chef, 62 camerieri e due assistenti personali, con 4 uffici sparsi tra Shanghai, Hong Kong e Shenzhen e uno di prossima apertura sempre nella città di Shenzhen.
“Il fatto che adesso gli affari vadano bene – precisa però – , non deve far pensare che io mi sia dato alla bella vita. Continuo a lavorare 7 giorni su 7 anche per 14 o 15 ore al giorno, perché sono dell’idea che, se vuoi apportare cambiamenti alla tua vita, non puoi farlo lavorando per 40 ore settimanali. Soprattutto in un luogo come Shanghai, piena zeppa di locali di tutti i tipi”.
La metropoli cinese conta infatti quasi 20 mila ristoranti, di cui 250 classificati italiani. Come spiega però lo stesso Ferrari “di chef italiani e con una certa esperienza alle spalle ce ne sono davvero pochi e gli autoctoni non sempre ne sono al corrente”.
“La fortuna – dice – è che negli ultimi anni il governo ha iniziato a richiedere specifici requisiti per poter accedere in paese col visto di lavoro e residenza e, proprio per questo, si iniziano a vedere un po’ più di professionisti in giro”.
Una carriera, quella del giovane teatino, nel pieno dello sviluppo quindi e in continuo divenire, che a breve si arricchirà anche del nuovo progetto di Parco della Majella, dove si occuperà di proporre di solo ed esclusivamente piatti tipici originali d’Abruzzo: dagli arrosticini, alle pallotte cacio e ova, passando anche per la chitarra teramana, la porchetta o il parrozzo.
Ma perché la decisione di avventurarsi in un ambito, quello della cucina della sua regione, così estraneo alla cultura mandarina?
“L’Abruzzo è casa mia e, pur mancandomi molto, se sono fortunato riesco a tornare solo una volta l’anno – dice – . Ci sono stati momenti in cui ho addirittura pensato di mollare tutto per poter stare con la mia famiglia, ma sono anche consapevole che attualmente le congiunture non sarebbero a mio favore. Lo dico con cognizione di causa, visto che ho provato ad aprirmi qualche strada in Italia già in passato, ma i risultati sono stati tutt’altro che positivi”.
Tra le tante esperienze professionali precedenti alla decisione di provare a mettere alla prova le sue competenze gastronomiche al di fuori dei confini nazionali, Bruno Ferrari ha infatti provato a lavorare vicino da casa, prima da dipendente e poi da titolare.
Oltre alla Grotta di Raselli, è stato prima cuoco e poi sous chef al Grand Hotel Berti di Silvi Marina (Teramo), per poi prendere in gestione un vecchio agriturismo a Guardiagrele e riaprirlo proprio con il nome di Parco della Majella.
“I riscontri sono stati anche positivi – dice – , sia da parte dei clienti che da parte di alcune testate, locali e nazionali, che ai tempi si occuparono di recensire il mio ristorante. Nel 2007 venne addirittura premiato dalla guida Michelin e, successivamente, fu poi la volta del Gambero Rosso, della Veronelli, e del Touring club italiano”.
“L’enfant prodige dei fornelli”, così lo definì addirittura qualche giornalista ma, per problemi economici, nel giro di qualche mese il giovane fu costretto a chiudere.
“Ho abbandonato il progetto con grande rammarico – ricorda – , ma non essendo un business man in poco tempo mi ritrovai a far fronte e troppe spese e a troppi debiti. Decisi così di uscire dall’Abruzzo e, cercando di non darmi per vinto, di iniziare a guardarmi in giro altrove. Prima a Roma, dove aprii un localino nelle vesti di consulente, poi a Zurigo, in Svizzera, presso un ristorante gourmet premiato proprio in quel periodo dalla guida Michelin”.
Senza contare un’esperienza di 4 anni al castello di Montaldo, vicino Torino, anche questa terminata con una dichiarazione di fallimento da parte dei gestori.
“È stato in quel momento che ho deciso di abbandonare l’Italia definitivamente – prosegue – , ma l’Abruzzo mi è sempre rimasto nel cuore, tanto da prendere la decisione di aprire un nuovo Parco della Majella dall’altra parte del mondo”.
In particolare, Ferrari sarà l’unico titolare del locale, nato proprio con l’intento di riproporre il meglio della cucina abruzzese nel cuore di Shanghai e in modo da far apprezzare quei sapori italiani che “pur pensando di conoscere, i cinesi ignorano quasi completamente”.
“Ho soci cinesi e molti dei miei dipendenti sono nati nelle città in cui ho deciso di investire – conclude – , e come già avviene nei miei ristoranti italiani, al Parco della Majella si serviranno solo pietanze originali abruzzesi e cucinate seguendo le stesse regole della mia regione d’origine”.
Sostieni Virtù Quotidiane
Puoi sostenere l'informazione indipendente del nostro giornale donando un contributo libero.
Cliccando su "Donazione" sosterrai gli articoli, gli approfondimenti e le inchieste dei giornalisti e delle giornaliste di Virtù Quotidiane, aiutandoci a raccontare tutti i giorni il territorio e le persone che lo abitano.