La donna che esportò il gelato italiano in Congo da un piccolo paesino dell’Abruzzo

GAGLIANO ATERNO – Esportò il gelato italiano in Congo, guadagnandosi il nomignolo di “Madame Ice Cream”. Oggi la sua storia viene tramandata dalla figlia, Maria Di Felice, vicensindaca del piccolo paese di Gagliano Aterno, in provincia dell’Aquila, che ha ripercorso le tappe del “successo” della mamma, fino al rientro in Italia dopo l’indipendenza del paese africano dal Belgio.
“Mia madre portò il gelato in Congo”, ha raccontato con orgoglio durante l’evento “Amara terra mia. Storie di migrazioni e di ritorni”, organizzato proprio nel centro abruzzese. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sua madre lasciò il borgo per raggiungere in Africa il marito, sposato per procura e già emigrato nella capitale congolese.
A Kinshasa aprì una gelateria con 60 posti a sedere, portando con sé l’arte imparata in patria. In un clima afoso e umido, il gelato italiano si diffuse rapidamente, conquistando una città cosmopolita piena di italiani e compaesani gaglianesi.
“Fu anche grazie alla lungimiranza di mio padre – ricorda Di Felice all’Ansa – che il gelato ebbe un tale successo. Fu un antesignano nell’impiego di giovani rider locali per la consegna delle nostre creme italiane, molto apprezzate”.
La gelateria divenne un punto di riferimento per la comunità, anche per l’atmosfera che si creava: “Ai nostri tavoli ci si commuoveva ascoltando Tango italiano di Luciano Tajoli“.
Una storia poco conosciuta, che oggi rivive nel racconto della vicesindaca a 65 anni di distanza. Il paese, che negli ultimi anni ha invertito la rotta dello spopolamento grazie a iniziative culturali e sociali, riscopre così uno dei suoi capitoli più originali. Il successo della gelateria fu tale da finire sui giornali belgi, che soprannominarono la madre di Maria “Madame Ice Cream” e ironizzavano: “La signora Di Felice non poteva che avere idee felici”. Erano anni di benessere, con il padre impegnato anche nel settore edile con una propria ditta.
Tutto cambiò il 30 giugno 1960, con l’indipendenza del Congo dal Belgio. “Da lì – racconta ancora Di Felice – i gruppi etnici iniziarono ad armarsi per la conquista del potere. Noi bianchi, pur non belligeranti e benvisti, diventammo bersagli. Ricordo, avevo solo sette anni, che ci barricammo in casa con mia nonna, i miei fratelli e i miei genitori. Restammo nascosti in un ripostiglio senza finestre, con pochissimi viveri, per dodici lunghissimi giorni di terrore”.
La svolta arrivò con una telefonata del consolato italiano: un aereo era in arrivo per evacuare donne e bambini. La fuga avvenne di notte, senza bagagli. Dopo diverse ore di volo e scali, il 13 luglio 1960 atterrarono a Ciampino, accolti da media e autorità.
“Mia nonna si inginocchiò sulla pista e baciò il suolo italiano ma avevamo perso però tutto il frutto del nostro duro lavoro”.
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