Extravergine, ci sei o ci fai? All’aquila la lezione di D’Alessio su come riconoscere un buon evo
di Giorgia Roca
L’AQUILA – Il fruttato, l’amaro e il piccante. Sono i tre elementi, veri e propri pregi, di cui deve caratterizzarsi un olio extravergine di oliva. E ciò spiega come mai sia l’unico prodotto ad avere una normativa molto severa sugli aspetti sensoriali, e vi sia la presenza riconosciuta di un comitato d’assaggio, composto da 8-12 professionisti e un capo panel che valutano la conformità sensoriale dell’olio.
Tra un interrogativo esplicito e uno retorico – “Extravergine, ci sei o ci fai?”, tema di un incontro ieri all’Aquila – il mondo dell’olio apre a tematiche e argomentazioni importanti e complesse. Dalla evoluzione dei sistemi di lavorazione all’aspettativa alta che crea il termine stesso di extravergine, dalle proprietà nutritive e salutari riconosciute in campo medico ai dati statistici di produzione, l’iniziativa ha cercato di dare dei punti di riferimento al grande pubblico per sapersi orientare e riconoscere un olio di qualità.
L’esperto Domenico D’Alessio, agronomo, giudice sensoriale e docente, ha chiarito l’importanza del supporto tecnologico nell’ambito produttivo: infatti, la ricerca e l’evoluzione consentono di avere una lavorazione migliore e quindi un prodotto finale con una qualità più elevata, rispetto a quanto avveniva seguendo metodi tradizionali.
Ha confermato, inoltre, che seppur la Spagna mantenga il primato produttivo, il primo paese consumatore è l’Italia; così come il 3% della produzione nazionale spetta all’Abruzzo, che segue la Puglia, come si potrebbe facilmente immaginare.
Tuttavia, l’olio di oliva costituisce una nicchia pari appena al 3% su 250 milioni di tonnellate prodotte al mondo rispetto a quelli vegetali, e l’Italia è rappresentativa per numero di riconoscimenti d’origine della produzione con le sue 42 Dop e 8 Igp.
Riduttivo, peraltro, considerarlo un semplice ingrediente quando lo si ritrova nei primi posti della piramide alimentare mediterranea quale alimento da consumare quotidianamente in certi limiti.
Così, è pacifico per la medicina che aiuti a prevenire malattie e promuovere la salute umana perché – ha proseguito D’Alessio – oltre ad essere composto dalla parte grassa, ne ha un’altra costituita da classi chimiche particolati, come i polifenoli che schermano i radicali liberi, oggetto dell’attenzione della ricerca medica, e molecole importanti come gli steroli, lo squalene, la vitamina E, e i biofenoli, oltre ad omega 3 ed omega 6.
Interessante come da alcuni fenoli esclusivi dell’olio d’oliva (secoiridoidi) derivi una molecola (oleocantale) con azione antinfiammatoria, che dona la tipica sensazione di pizzicore alla gola, e antiossidante.
Insomma, per essere sicuri di nutrirsi con un buon olio è importante che sull’etichetta sia riportata la dicitura “superiore” e che abbia una buona concentrazione di polifenoli, e questo dipenderà dalla varietà stessa e dalla tipologia estrattiva.
L’incontro di ieri, partecipatissimo, faceva parte dei Mercoledì della cultura, rassegna di divulgazione scientifica organizzata dall’Università dell’Aquila giunta alla 23esima stagione ed è stato organizzato insieme alla As.c.o.e., associazione nata nel 2008 dal gruppo di assaggiatori di olio di alta qualità di Pisa.


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