Cronaca 20 Lug 2022 19:23

LA MONTAGNA CHE (R)ESISTE: UNA CAROVANA PER RICUCIRE LE AREE INTERNE, AL VIA SECONDA FASE DEL PROGETTO

LA MONTAGNA CHE (R)ESISTE: UNA CAROVANA PER RICUCIRE LE AREE INTERNE, AL VIA SECONDA FASE DEL PROGETTO

GAGLIANO ATERNO – Partiamo alle prime luci del mattino, che illuminano l’entroterra abruzzese in tutta la sua bellezza; c’è una carovana da seguire, fatta di ragazze e ragazzi che quella luce la vogliono portare sui paesi delle aree interne, per ricucire realtà lacerate dallo spopolamento e le sue conseguenze economiche e sociali.

Sono i protagonisti de “La Montagna che resiste”, progetto proposto dall’Aps Spazio Pieno in collaborazione con l’associazione Amici di Palmoli, l’Archeoclub di Guardiagrele, il Centro Documentazione Conflitti Ambientali, il gruppo di ricerca MIM–Montagne in Movimento e finanziato dalla Regione Abruzzo.

Ragazzi e ragazze provenienti dalla Valle Subequana, da Gagliano Aterno a Castel di Ieri sino a Secinaro, insieme ai partecipanti al progetto “Neo”, acronimo di “Nuove Esperienze Ospitali” con sede a Gagliano Aterno (L’Aquila), rivolto ad aspiranti abitanti delle aree interne e operatori di comunità, con l’obiettivo di vivere in chiave nuova il territorio promuovendo processi inclusivi ed ecologici.

Dopo una prima fase di formazione su diversi temi quali la storia dell’Appennino e cosa significhi vivere in un’area interna, inizia il secondo step del progetto, che vedrà i ragazzi impegnati in un tour fatto di tre uscite attraverso le aree interne per condividere conoscenze e raccogliere preziose testimonianze degli abitanti del luogo.

“La carovana è pensata per incontrare e incontrarsi, contaminarsi e creare legami duraturi nel tempo”, racconta Raffaele Spadano, portavoce del progetto; le sue parole catturano subito, ha il tono deciso e lo sguardo del militante, di chi combatte una lotta che in molti non ritengono valga la pena di fare.

“L’intento è quello di conoscere da vicino ciò che c’è nei paesi, toccando con mano le loro difficoltà, la loro voglia di riscatto, i loro progetti. Così si entra in rete e ci si contamina per camminare insieme, ed è anche un modo per meravigliarsi scoprendo un territorio che è affianco a te e magari non hai mai visitato”.

A cominciare da Goriano Valli, frazione nel comune di Tione degli Abruzzi; nonostante disti solo 15 minuti da Gagliano Aterno, molti dei ragazzi qui non c’erano mai stati.

Qui si incrociano storie di resistenza, gente cresciuta in paese che ha dato vita ad associazioni culturali e attività legate al turismo, arrivi temporanei diventati permanenti e ritorni, chi per passione e chi per amore.

“Chi viene qui trova una realtà e socialità fantastica, oltre alla natura”, racconta Rosanna. “La socialità è l’essenza di questi paesi, dobbiamo ritrovare la natura ma soprattutto l’essere umano”.

Epicentro della vita sociale è l’associazione sportiva di Goriano. “Abbiamo pensato a costituirla pensando che lo sport potesse essere di grande aiuto sia in termini di turismo che per i cittadini. Nel contempo abbiamo aperto un circolo ricreativo, un ritrovo per la gente che abita qui. Fungiamo da collante per le attività che esistono e resistono, che credono e investono in questi luoghi e portano speranza un po’ a tutti. Abbiamo 360 soci e 110 atleti, stiamo crescendo. Il nostro è puro volontariato, vogliamo creare posti di lavoro e spingere la gente a venire da noi, considerando che al momento qui il turismo è praticamente quello delle seconde case”.

La carovana prosegue il suo tour a Fontecchio. Un paese, non un borgo come Valeria Pica, assessore comunale, fa subito notare.

“Non utilizziamo il termine borgo perché adesso ha acquisito quest’accezione di località costruita per l’occhio del turista o per chi dalla città viene per trovare un luogo ameno in cui vivere. Il paese è vissuto da persone, e le tante attività che organizziamo in estate vogliamo spalmarle anche nella stagione invernale, perché è la comunità che si deve ricreare. Il turismo non può essere la panacea per questi territori”.

Un paese appunto che sta vivendo un momento di decisa rinascita socio-culturale.

“Negli ultimi due anni c’è stato un incremento del 7% nel numero degli abitanti, un numero importante per una realtà di queste dimensioni”.

Merito del lavoro dell’amministrazione comunale vigente e di un gruppo di giovani artisti venuti a vivere qui, dando un forte slancio alle vita culturale del paese attraverso eventi, mostre, concerti e la creazione di residenze artistiche. La Kap e Le Officine sono i frutti di quest’esperienza; l’una oasi oasi di arte, musica, isolata dal paese e immersa interamente nel verde del parco Sirente Velino, l’altro spazio artistico recentemente inaugurato dove i ragazzi visitano la mostra “Pre Pro Post” dell’artista argentino Sebastian Alvarez.

Con loro parliamo del ruolo dell’arte nei piccoli centri e del rischio che l’artista venga preso come elemento di gentrificazione da parte delle istituzioni economiche e politiche, che ne prendono il controllo. “Sfruttare l’arte per colonizzare i paesi e trasformarli in zone abitative di pregio è un aspetto su cui fare attenzione”, raccontano.

“Inizialmente le residenze artistiche erano di breve durata, ma vogliamo porre un tetto minimo di permanenza, che sia 6 mesi o anche un anno: vogliamo creare valore per la comunità, qualcosa non di transitorio ma che abbia possibilità di crescita e coinvolga il più possibile la comunità locale”.

La Kap e Le Officine sono due esperienze virtuose, che però hanno dovuto e continuano a fare i conti con l’iniziale diffidenza degli abitanti locali.

“Ci sono delle fazioni, come in tutti i paesi, ma stiamo cercando di pacificare e allargare la comunità questa attraverso percorsi partecipativi e di trasparenza” racconta Sabrina Ciancone, sindaca di Fontecchio.

Così come successo per Aielli, paesino devastato dai terremoti in cui gli artisti hanno risollevato le sorti, il ruolo della cultura ha rivestito un’importanza cruciale nella rinascita del paese: “È da sottolineare il ruolo delle attività culturali in una comunità così piccola, con una media di trenta iniziative l’anno per creare socialità e stimoli diversi. Anche questo è un percorso lento e di trasformazione graduale, ma non c’è alternativa”.

La carovana riparte, e nel viaggio ripensiamo agli incontri, alle testimonianze raccolte e agli scambi avuti con le persone incontrate fin qui. Tra le curve che conducono a San Benedetto in Perillis, terza e ultima tappa di questa prima uscita, prende corpo il pensiero che in questi centri sia rimasto vivo un modo di pensare , fatto di piaceri semplici e confronti diretti (sembrerà strano non ho visto quasi mai prendere un telefono in mano durante una conversazione, così raro al giorno d’oggi), armonia con la natura e dove l’arte e la cultura recitano un ruolo centrale nella formazione e crescita di una comunità. Micro-mondi in cui si dà il giusto peso alle cose, laboratori dove poter sperimentare buone pratiche per un futuro migliore.

“A Gagliano abbiamo costituito una comunità energetica, la prima in Abruzzo. Un’innovazione sistemica importante che cambia il rapporto con l’energia, ognuno è proprietario dell’energia che produce, e sappiamo quanto questo sia importante in questo preciso momento storico” racconta Raffaele a Laura D’Abrizio, sindaca di San Benedetto in Perillis.

Nonostante la posizione strategica del paese, che sorge in mezzo ai tre parchi naturali d’Abruzzo e distante mezz’ora sia dall’Aquila che dall’Aereoporto di Pescara, il paese fa i duri conti con il fenomeno dello spopolamento, contando attualmente solo 50 residenti, complici anche la poca disponibilità dei proprietari di case a dare le proprie abitazioni in affitto.

La sindaca e altra gente del luogo ci conducono attraverso le bellezze del paese, le sue tradizioni e le sue particolarità (tra tutte le sue serrature in legno, provenienti dall’Egitto) mostrandoci empori e botteghe custodi della storia del paese.

“Per stimolare la socialità organizziamo eventi estivi, come ‘I libri nell’entroterra’, festival giunto alla sua terza edizione che riscosso un buon successo, lavoratori e visite guidate che mantengano viva la tradizione del paese” sottolinea la sindaca. “Non è facile, ma noi crediamo in una rinascita, e per farlo sarà importante portare vita nel paese anche durante il periodo autunno-inverno”.

Prima di andare via, tappa al bar della bellissima piazza di San Benedetto, luogo “sacro” per gli abitanti del paese come spesso accade nei piccoli centri. Chiacchiere, sorrisi genuini e brindisi alla lentezza sacra di questi luoghi, da celebrare e tenere viva.

Si chiude così la prima tappa delle carovane del progetto, che vuole accompagnare le aree interne a processi di trasformazione sociale, con la suggestione che possano essere proprio questi piccoli centri ad accompagnare il mondo verso “un nuovo modo di stare al mondo”. Che come sento dire dagli stessi ragazzi, “un giorno sarà un privilegio vivere qui”.


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