NICODEMI: SOGNO MONTEPULCIANO IMBOTTIGLIATO SOLO IN ABRUZZO PER DARE VALORE AL NOSTRO VINO

ORTONA – La crescita del valore del vino appena certificata, l’archiviazione da parte del Ministero dell’Agricoltura dei due esposti contro l’attività del Consorzio, un progetto da 2,5 milioni di euro per la promozione del vino abruzzese nell’est asiatico ed uno della bellezza di 50 milioni per finanziare investimenti, promozione e ricerca.
Alessandro Nicodemi è un fiume in piena e, in una lunga intervista a Virtù Quotidiane, traccia un bilancio, tra luci e ombre, dell’anno che si è appena chiuso ma, soprattutto, volge lo sguardo al futuro. Il neo presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo indica subito la strada: “Dobbiamo diventare una regione enologicamente riconosciuta, perché oggi il Montepulciano lo puoi comprare dal Piemonte alla Sicilia, considerando che il 50 per cento viene ancora imbottigliato fuori regione. Cosa che non accade per le più blasonate denominazioni italiane, che infatti possono essere acquistate quasi esclusivamente dai propri territori di produzione”.
“Si sta ricomponendo una frattura iniziale”, dice a proposito del lavoro che sta compiendo il nuovo consiglio d’amministrazione dell’ente consortile, eletto dopo mesi di rinvii dovuti a veti incrociati, liti e veleni reciproci. “Purtroppo abbiamo ancora delle pendenze, considerando che davanti al tribunale delle imprese dell’Aquila è stato impugnato il verbale dell’assemblea che ha eletto il nuovo cda, in cui si contestano le procedure che hanno portato all’assemblea e l’espletamento della stessa. Ma confido nella giustizia e ritengo che le obiezioni sollevate non siano corrette. A marzo 2023 c’è la prima udienza, ma questo non ci impedirà di lavorare fiduciosi della correttezza delle procedure seguite. Il consiglio d’amministrazione è compatto e determinato”.
D’altro canto, prosegue Nicodemi, “ci sono tante luci”. E le sciorina senza indugi: “Il quinto bando di filiera (che a differenza dei precedenti, finanziati in modo ordinario dall’Ue, è a valere sul Pnrr, ndr) ha risorse moltiplicate rispetto al passato: circa 50 milioni di euro che saranno utilizzati per finanziare investimenti, promozione e ricerca. Il nostro Consorzio è soggetto capofila di un progetto che vede coinvolte 27 aziende tra Abruzzo e Molise, in cui l’elemento cardine è lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. È già stato approvato dalla Regione, che lo ha sostenuto proprio in virtù del fatto che è coerente con gli indirizzi politico-amministrativi, e ora è all’esame del Ministero dell’Agricoltura”.
“Abbiamo già vinto un altro bando, nell’ambito della misura 1144 di fondi europei”, continua il presidente, “con un progetto di promozione nell’est asiatico che prevede la partecipazione a fiere, b2b, masterclass e attività che facciano conoscere i nostri vini in quei paesi. Si tratta di un progetto triennale che vale 2,5 milioni di euro e che con il cofinanziamento sviluppa un importante investimento. Questa misura, rispetto al Psr che cofinanzia il 70 per cento dell’investimento e all’Ocm Vino che lo fa al 50 per cento, cofinanzia l’investimento all’80 per cento”.
Un progetto analogo, spiega Nicodemi, è in corso di sviluppo per il Nord America, per la promozione del vino abruzzese negli Usa e in Canada.
E non si arrende, il presidente del Consorzio, all’idea che si debba applicare il blockage, cioè un blocco della vendita su un quantitativo di vino prodotto per scongiurare un crollo dei prezzi dovuto all’eccessiva produzione. “Inutile nascondersi dietro un dito – afferma Nicodemi – , abbiamo un’offerta superiore alla domanda, dobbiamo assolutamente calmierare l’offerta altrimenti i prezzi scendono, è una banale legge di mercato. Il mercato dello sfuso che rappresenta un vero pilastro economico per la nostra regione, in questo momento è sofferente e non dobbiamo dimenticarci che dietro ogni cantina sociale ci sono migliaia di conferitori con famiglie che vivono di quello”.
Proposta per la prima volta alla fine dell’estate e più volte rinviata, l’applicazione dell’articolo 39 della legge 238 sulla ‘Gestione delle produzioni’, potrebbe essere decretata a gennaio dopo che “finalmente anche la Regione si è detta favorevole”, dice il presidente.
Nicodemi parla poi del futuro del Consorzio, che gestendo un bilancio di milioni di euro “si sta strutturando in modo più adeguato alle sue dimensioni con due nuove figure: una tecnica, il dott. Giuseppe Cavaliere ed una finanziaria, il dott. Francesco Falcone che si aggiungeranno alle due collaboratrici amministrative ed all’altro consulente per tutte le attività di comunicazione e promozione, Davide Acerra“.
E apre le porte all’ipotesi, su cui il Consorzio di Tutela dei Vini Colline Teramane ragiona oramai da tempo, ma a cui starebbe pensando anche il Consorzio di Tutela della Doc Ortona, di una fusione con gli altri soggetti consortili: “Spero che entro il 2023 questo processo si compia. L’ingresso delle nuove denominazioni, il Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg, il Controguerra Doc e l’Ortona Doc – ragiona Nicodemi – rappresenterebbe un grande valore aggiunto. Nell’idea dell’attuale cda il Consorzio Vini d’Abruzzo deve essere la casa di tutte le denominazioni abruzzesi, in cui tutte hanno pari dignità nell’affermare i propri progetti di promozione e le proprie idee di tutela. Perché se tante piccole denominazioni, da sole, non riescono ad avere quella visibilità che meritano, lavorando invece tutte insieme rafforzerebbero l’immagine di una regione enologicamente importante”.
A Nicodemi, primo presidente rappresentante del mondo produttivo privato dopo vent’anni in cui alla guida del Consorzio si sono alternati uomini espressione delle realtà cooperative, non potevamo poi non chiedere cosa pensasse dell’acquisizione di importanti cantine abruzzesi da parte di fondi di investimento.
“Sono favorevolissimo alla vendita di aziende a fondi di investimento”, dice senza mezzi termini, “perché testimonia il fatto che siamo ancora una regione con ampi margini di crescita sia in termini di volume, ma soprattutto di valore, perché i fondi investono dove sanno che ci sono margini di crescita altrimenti non lo farebbero”.
“In tutti e tre gli episodi in Abruzzo, da Fantini, passando per Ulisse arrivando a Zaccagnini, i fondi che li hanno acquisiti non hanno espropriato nulla”, rileva Nicodemi, “perché sanno che il vero valore aggiunto del prodotto è dato anche dal carattere familiare con cui sono state condotte queste aziende che hanno avuto ed hanno grande successo”.
“Fantini, ad esempio, è stato venduto tre volte senza mai levare la conduzione del gruppo a colui che l’ha costituito. Il fondo che ha acquisito Ulisse”, ricorda il presidente, “ha lasciato i due fratelli che l’hanno creata nell’organigramma del gruppo, Marcello Zaccagnini è ancora dentro l’azienda”.
“In questo settore”, valuta Nicodemi, “la proprietà ha un peso specifico molto alto, il vino è espressione anche di un concetto e di una filosofia, se queste sono state premiate dal mercato, chi ha acquistato non cambia le cose perché sarebbe un controsenso. Insomma, le proprietà sono rimaste al loro posto, e i fondi hanno portato nuovo denaro sul territorio e stanno procedendo anche con dei programmi di investimento e innovazione che magari queste aziende, da sole, non avrebbero potuto fare”.
“Se io venderei la mia azienda? Se trovassi un acquirente disposto a pagare il prezzo che ho in mente sì, certo”, afferma il presidente, che con la sorella Elena porta avanti Fattoria Bruno Nicodemi di Notaresco (Teramo), azienda di famiglia e fra le più storiche del panorama enologico abruzzese, presente con il proprio marchio sin dal 1977, anni pioneristici per il vino regionale in bottiglia.
“Se ci sono possibilità di crescita per il territorio, senza tradire le proprie origini e i propri prodotti, non vedo nulla di sconvolgente”, taglia corto.
Non servono sollecitazioni, invece, per una presa di posizione nei confronti della battuta di Christian De Sica nel nuovo cinepanettone che ha fatto insorgere l’intero mondo enologico abruzzese: “Ci sono rimasto molto male”, ammette Nicodemi, “non sono permaloso e non sono contro la comicità. In questo caso però la parola Abruzzo non essendo minimamente propedeutica alla risata, l’ho trovata veramente di cattivo gusto. Per come è stato costruito il trailer l’offesa è gratuita, non solo siamo stati offesi, ma non siamo stati minimamente difesi. Il Consorzio ha informato dal ministro dell’Agricoltura fino all’assessore regionale, da Federdoc a tutti gli attori della filiera, ebbene non c’è stata nemmeno una lettera di dissenso indirizzata alla produzione che probabilmente qualche effetto lo avrebbe ottenuto. Tranne qualche uscita sui social che non ha effetti concreti, non si è mosso nulla!”.
Sull’anno che si apre, infine, che sarà quello con la prima vendemmia con le nuove denominazioni, Nicodemi dice: “Finalmente sono in via di pubblicazione in Gazzetta ufficiale i nuovi disciplinari e con la vendemmia 2023 potremo partire con il Modello Abruzzo: quattro denominazioni che se prodotte con i nuovi disciplinari più restrittivi nelle nuove quattro sottozone, potranno fregiarsi delle menzioni Superiore e Riserva; speriamo sia la nuova frontiera della filiera corta, che possa dare il reale valore non solo al prodotto ma anche al territorio di provenienza”.
“Con la crescita delle nuove denominazioni zonali e con tutte le altre che legittimamente aspirano alla Docg (da Terre dei Vestini a Casauria fino al Villamagna Doc ed al Controguerra Doc), speriamo”, conclude il presidente del Consorzio “che ci sia un graduale passaggio che ci porti dall’attuale 50 al 90 per cento di vino imbottigliato in regione, perché il vero valore aggiunto è sulla bottiglia e quindi se vogliamo incrementare la produzione lorda vendibile (plv) dobbiamo essere noi produttori a portare sul mercato il prodotto e riportare l’incremento economico sul territorio. Il comparto vinicolo abruzzese potrebbe cubare circa mezzo miliardo di euro a fronte dei 220-230 milioni attuali”. (m.sig.)
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