Cantine e vini 12 Lug 2023 19:19

Menzione rosé e gradazioni cromatiche in disciplinare, Nicodemi: “Così difendiamo il Cerasuolo d’Abruzzo”

Menzione rosé e gradazioni cromatiche in disciplinare, Nicodemi: “Così difendiamo il Cerasuolo d’Abruzzo”

CITTÀ SANT’ANGELO – Tre sfumature di colore tipiche di Cerasuolo d’Abruzzo nel disciplinare con la nuova vendemmia, la scelta di attestare, e salvaguardare, l’identità del vino quotidiano degli abruzzesi puntando sulla tradizione – il colore ciliegia (cerasa) – piuttosto che cedere allo stile provenzale scarico di colore, ma senza escluderlo.

Di questo e altro il presidente del Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, ha parlato con Virtù Quotidiane in occasione del Grand Tasting del 7 giugno a Tenuta Coppa Zuccari a Città Sant’Angelo (Pescara), evento voluto dallo stesso Consorzio che rientra nel più ampio programma di Abruzzo Wine Experience 2023 coinvolgendo per cinque giorni oltre 100 giornalisti italiani ed esteri in una serie di iniziative alla scoperta dei vini, territori e bellezze d’Abruzzo.

Presidente Nicodemi, il Cerasuolo d’Abruzzo rivisita il disciplinare di produzione. Una scelta di rilancio che interpreta la tradizione e non cede alle tendenze.

Stiamo partendo con i nuovi disciplinari riguardanti le 4 sottozone del famoso “Modello Abruzzo”. Appena chiusa la prima vendemmia, la prima rivisitazione punterà a blindare il Cerasuolo d’Abruzzo su massimo 3 tonalità di colore in una scala Pantone, da mettere a disciplinare in modo da evitare qualsiasi discussione anche in ambito di idoneità di vite. Descrivere un colore in termini lessicali è sempre qualcosa di opinabile, riportando il discorso su una scala con 3 numeri che ben identificano altrettanti colori, la procedura è facilitata. Accostando il vino nel bicchiere alla gradazione del colore ciliegia, vogliamo definire un Cerasuolo dalla connotazione cromatica intensa, cerasa appunto, piuttosto che assecondare lo stile provenzale che non ci appartiene. Con i disciplinari diamo libero spazio a chi vuole anche per motivi commerciali produrre un rosé di colore scarico, un modo per non limitare niente e nessuno. Con l’Abruzzo Doc rosé e l’Igt rosé i colori possono tendere al rosato leggero, mentre il Cerasuolo della nostra tradizione e della nostra cultura se ben valorizzato rappresenta anche la nostra fortuna futura.

Le cantine italiane di alcune regioni sono ancora piene di vino invenduto, milioni di ettolitri per la maggior parte Dop e Igp. Congiuntura sfavorevole o questione di stili di produzione che non incontrano il consumo più ampio?

La crisi di mercato di alcuni vini rossi nel centro-sud Italia è crisi di tipo strutturale. Oggi i trentenni, cioè i bevitori, inseguono un’idea di vino più croccante, mi si consentirà, vini meno muscolosi, meno impegnativi. Siamo un paese mediterraneo con tanto sole e abbiamo vitigni con Dna di un certo tipo, il sole sviluppa tanto zucchero e tanto alcol, abbiamo vini di un certo spessore che scontano una crisi non solo economica ma determinata dall’evoluzione degli stili di vita. In questo senso stiamo già lavorando per alleggerire il nostro Montepulciano d’Abruzzo, e penso che il Cerasuolo, che non è un figlio minore del Montepulciano d’Abruzzo, piuttosto è un MdA vinificato in bianco che fa minor contatto con le bucce, può fungere invece da cartina al tornasole e permetterci di avere un vino di carattere, e non un rosatello, e inoltre avere tutte quelle peculiarità di freschezza, fruttuosità, acidità , spina dorale, insomma tutti quegli elementi tipici di un vino che può piacere e che può funzionare a tutto pasto, dalla carne di maiale, alla carne bianca, al pesce, al vegetale, ai primi piatti. Tant’è che, dati del ministero alla mano, quella del Cerasuolo tra le nostre denominazioni è quella che sta crescendo di più negli ultimi tre anni, a due cifre. Ogni anno si sale, perché è un prodotto sempre più apprezzato perché la tendenza dei consumatori è quella.

Il cambiamento climatico, i periodi di forte calura e siccità non giocano a favore però.

Faccio un esempio elementare, quando sono entrato nel mondo del vino circa vent’anni fa, si leggevano schede con su scritto: giorni di macerazione 30. Oggi si parla di 24 ore, 48 ore, si sottrae prima dal contatto con le bucce. Oggi sono diverse le tecniche di cantina ma anche le tecniche di vigneto. La bassa resa per ettaro non risulta qualitativamente fine a se stessa ma sempre nell’equilibrio con la pianta, vuole dire che anche in quell’ambito si può giocare per avere vini meno tannici ed estrarre poi vini più morbidi, più semplici e immediati. Che non significa fare vini banali, ma meno impegnativi sì. Fino a dieci anni fa i nostri MdA li dovevi abbinare allo stinco di maiale, berlo così per puro piacere risultava molto difficile come ancora oggi. Infatti la masterclass con Filippo Bartolotta è stata la dimostrazione di come il MdA se ben lavorato può dare anche risultati come quelli di un vino di pronta beva, facile, meno impegnativo che puoi abbinare anche in un aperitivo con una patatina e un’olivetta.

Quanto è difficile far passare questo messaggio alla realtà produttiva abruzzese?

Noi produttori dobbiamo essere in grado di capire cosa ci sta dicendo il mercato e trasferirlo a tutti i nostri soci, fargli capire che continuare a produrre certi tipi di vini incontrerà poi difficoltà di mercato. Giriamo il mondo e facciamo masterclass anche alla cieca, e stranamente vediamo che i vini maggiormente apprezzati sono quelli più snelli, non i vinoni eccessivamente strutturati.

La prima barriera da superare sembra essere in casa, nella mentalità di chi produce.

Sì, è conseguenza di un retaggio culturale che la macerazione debba essere fatta in un certo modo. Abbreviando i tempi avremo vini più semplici e lineari che però, è un dato di fatto, il mercato accoglie. Ovvio che volendo fare una Riserva la macerazione sulle bucce sarà di venti giorni, ma la Riserva può rappresentare una percentuale bassa di tutta la produzione, è una nicchia.

Parlando ai giornalisti ospiti del Grand Tasting-Abruzzo Wine Experience 2023, lei ha insistito sul concetto che l’Abruzzo è una regione inespressa.

Ne sono pienamente convinto, vedo tanto sforzo e alla fine non tutto è ben focalizzato. Ho in testa un tavolo di lavoro con la politica intesa non solo come agricoltura, ma anche turismo, industria, infrastrutture. Posso promuovere tutto ma se poi non ho la strada che arriva fin lì, se abbiamo un’autostrada che per arrivare da Martinsicuro (Teramo) a Vasto (Chieti) richiede un’ora e mezza come potrei promuovere la Costa dei Trabocchi, piuttosto non ci vado, così diventa un cane che si morde la coda. Abbiamo tante cose, se riuscissimo davvero a fare sistema l’Abruzzo avrebbe concrete potenzialità. Sono davvero poche le regioni dove è possibile nell’arco della stessa mattinata sciare sulle piste e poi scendere al mare per un pranzo in riva al mare. Se non capiamo questo e non lo sfruttiamo seriamente continueremo a essere una regione di serie B. Fare sistema tutti insieme, lo stesso deve capire la ristorazione: non posso andare nei ristoranti e vedere tv accesa, luci al neon, sentire puzza di fritto, quella non è accoglienza. L’enoturismo non è soltanto portare il cliente in cantina, il turista vorrà anche conoscere il luogo, visitare la tale abbazia o il tale museo e le sembra normale che trovi quei luoghi chiusi? L’enoturismo è fatto da forze private e pubbliche che lavorano in sinergia, così cresce la regione.


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