Cronaca 20 Feb 2022 10:38

RISTORANTI VIRTUALI, I DIVERSI MODELLI DI BUSINESS E GLI ADEMPIMENTI NORMATIVI

RISTORANTI VIRTUALI, I DIVERSI MODELLI DI BUSINESS E GLI ADEMPIMENTI NORMATIVI

ROMA – Si parla di ristoranti virtuali, quando ci si riferisce a cucine in cui vengono preparate pietanze destinate alla sola consegna che operano on line su piattaforme di delivery o proprietarie, senza alcuna attività di sala.

Si tratta di un fenomeno che, pur affermatosi definitivamente a seguito della nota crisi pandemica, non conosce ad oggi una classificazione e una disciplina specifiche al punto che viene ritenuta applicabile la normativa vigente per la fattispecie  “take away” (categoria Ateco 56.10.2: Ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi da asporto; – preparazione di pasti da portar via “take-away” – attività degli esercizi di rosticcerie, friggitorie, pizzerie a taglio eccetera che non dispongono di posti a sedere).

Rispetto a locali già in attività – rileva Alessandro Klun, autore di diversi testi sul diritto della ristorazione – l’inizio di un ristorante virtuale non richiede adempimenti specifici se non la definizione di un menù dedicato e la conclusione di un rapporto di affiliazione o franchising con una piattaforma di food delivery.

Per chi intende operare soltanto con brand virtuale, sono necessari la certificazione per la trattazione degli alimenti Haccp e il possesso della Scia sanitaria ai sensi del Regolamento CE n. 852/2004, ferma la scelta di locale idoneo in funzione delle esigenze connesse alle consegne.

L’attività di cucina virtuale – spiega l’esperto – può essere svolta con differenti modalità rispondenti a diversi modelli di business: alle già note dark kitchen, cloud kitchen, ghost kitchen vanno via via affiancandosi altre fattispecie.

Si parla di cook room proprietaria nel caso di spazio unico suddiviso tra più cucine tra loro autonome che operano sia per brand proprietari che affiliati tramite app e servizio di food delivery proprietari.

Il modello fully outsourced si basa su cucina senza sala che attraverso un proprio sistema logistico e di consegne evade ordinativi provenienti da partner operanti nella somministrazione alimentare che a loro volta ricevono richieste da propri clienti, siano essi aziende o consumatori.

L’host kitchen è una struttura,  sia essa una dark/ghost/cloud kitchen ecc., che prepara  piatti per cono di marchi esterni utilizzando la formula del franchising virtuale con tutte le regole di questa attività (insegna del franchisor, fee d’ingresso e royalty sul margine operativo).

Pensiamo al caso dello youtuber Jimmy Donaldson, noto come Mr. Beast  che, in cambio di royalties sulle vendite, ha proposto ad attività ristorative, tradizionali e virtuali, di preparare e somministrare piatti secondo proprie ricette, offrendo loro la possibilità di utilizzare il suo nome, un menù dedicato, servizi di marketing e comunicazione digitale

In conclusione – chiarisce Klun – i modelli di ristorazione basati sull’utilizzo delle virtual kitchen, ciascuno con le proprie caratteristiche, si mostrano sempre più idonei a soddisfare le mutate e sempre più digitali esigenze alimentari dei clienti, senza sovrapporsi ma rafforzando e diversificando la proposta del canale tradizionale.


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