SURGELATI OMESSI NEL MENÙ, IL RISTORATORE RISCHIA GROSSO

ROMA – Tra le nuove tendenze della ristorazione per l’anno 2022 va considerata la progressiva diffusione di locali la cui proposta gastronomica è fatta di pochi piatti realizzati cioè con un numero ridotto di ingredienti, se non addirittura con un solo (il cosiddetto one dish restaurant).
La crisi sanitaria ha favorito sul piano del consumo alimentare, la ricerca e la riscoperta di materie prime di eccellenza o a km 0, sempre più sinonimo di autenticità, di sostenibilità in termini di minor spreco, oltreché, e non guasta, di abbattimento di costi.
Ciò in quanto la proposta di un menù ridotto basato sull’utilizzo di pochi ingredienti presuppone il ricorso esclusivo o quanto meno prevalente a produttori locali, con inevitabili riflessi anche sui prezzi (inferiori rispetto a proposte con un numero cospicuo di pietanze).
Ci si basa quindi su preparazioni con cibi freschi e in poche occasioni congelati, rispetto ai quali – rileva Alessandro Klun, autore di diversi testi sul diritto della ristorazione – è utile ricordare, con l’occasione, che nel caso di loro impiego, le normative vigenti in materia di sicurezza alimentare e di corretta informazione al consumatore, impongono la loro esplicita indicazione nel menù (con riferimento alle portate per la cui preparazione sono stati utilizzati).
L’adempimento di tale obbligo viene assolto tracciando nel menù un asterisco a margine della materia prima unitamente ad una concisa spiegazione del suo significato (per esempio *“alimento surgelato”).
Proprio l’omessa o non corretta indicazione ed informazione alla clientela sull’uso di materie prime surgelate – sottolinea l’esperto – determina l’insorgere di responsabilità in capo ai titolari delle attività di somministrazione, a seguito di accertamenti effettuati da autorità incaricate dei controlli.
Sul punto va rammentato che per costante giurisprudenza ogni alimento surgelato che viene utilizzato per la preparazione e somministrazione di piatti deve essere espressamente indicato come tale in menù, integrando, al contrario, la condotta del titolare dell’attività gli estremi del tentativo di frode in commercio, in base al combinato disposto degli art. 56 e 515 c.p., indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione/dazione con il singolo cliente.
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