L’AQUILA – Domenica 29 settembre, alle 18, il Santuario della Madonna d’Appari di Paganica (L’Aquila) ospita l’esibizione dei Bassifondi, ensemble di musicisti specializzati in strumenti “antichi”. Un concerto alla memoria di Giovanna Maniezzo.
La maggior parte della musica del ‘600 e ‘700 per liuto, chitarra, tiorba e arciliuto, è stata immaginata e scritta con l’idea di esser suonata insieme ad altri strumenti.
Autori come Kapsberger, Corbetta, Piccinini, de Visée, Granata, Weiss e molti altri, hanno scritto la loro musica con l’aggiunta della parte del basso continuo, oppure hanno trasformato la loro intavolatura per strumento solista, in una partitura a più voci, o hanno, in casi più espliciti, scritto direttamente musica per consort di liuti, o per liuto e altri strumenti.
Numerose son le cronache dell’epoca che ci testimoniano una maniera di suonare questa musica “a più strumenti”. Spesso i chitarristi solevano farsi accompagnare da tiorbe, colascioni, liuti e viceversa.
Sulla base di testimonianze scritte e di fonti musicali e iconografiche, nascono proprio ensemble come I Bassifondi, selezione musicale concepita da Simone Vallerotonda, che ha per obiettivo quello di riscoprire e offrire al pubblico questa musica in una versione da camera.
Vallerotonda suona tiorba, chitarra e cura la direzione musicale. Completano l’ensemble: Stefano Todarello (colascione e chitarra battente) e Gabriele Miracle (percussioni).
Domenica, il programma eseguito è L’alfabeto falso. La “Nuova inventione d’intavolatura, per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola”, pubblicata nel 1606 per mano di Girolamo Montesardo, fu un’opera che rivoluzionò in maniera radicale il modo di scrivere ed eseguire la musica per chitarra.
Per la prima volta si proponeva un sistema assai pratico di notazione per chitarra: l’alfabeto. Esso consisteva nella corrispondenza di ogni accordo, sia esso maggiore o minore, ad una lettera. Questo semplicissimo modo di scrittura offriva la possibilità a chiunque possedeva una chitarra, amatore o professionista, di poter finalmente suonare una danza o accompagnare una voce, eseguendo le “lettere” poste sopra un semplice rigo, avente sopra indicato il ritmo.
Il proliferare di opere stampate in notazione d’alfabeto, contenenti arie famose, bassi ostinati, danze, fu presto enorme. Questo “linguaggio” era il tratto distintivo dei chitarristi, espressione di una preziosa e variegata tecnica di rasgueado o meglio picco e repicco, in grado di realizzare ogni sorta di ritmo. Accanto all’alfabeto ordinario, costituito da accordi maggiori e minori, i chitarristi solevano utilizzare una sorta di alter ego complementare: l’alfabeto falso.
Esso raccoglieva gli stessi accordi dell’alfabeto ordinario, sporcati da acciaccature e note estranee all’accordo. L’idea di accordo come colore armonico fu così, per la prima volta, messa in pratica dai chitarristi italiani del primo ‘600, che ne fecero il loro elemento peculiare e unico.
Con musiche di Giovanni Paolo Foscarini, Hieronimus Kapsberger, Antonio Carbonchi, Ferdinando Valdambrini romano, Alessandro Piccinini, Santiago de Murcia, Gaspar Sanz.