Cantine e vini 26 Nov 2025 18:10

“Chiamatelo Riesling della Murgia”. Così un produttore campano racconta il Fiano ai piedi del pugliese Castel del Monte

“Chiamatelo Riesling della Murgia”. Così un produttore campano racconta il Fiano ai piedi del pugliese Castel del Monte
Roberto Perrone Capano

CORATO – L’azienda agricola Santa Lucia gode di oltre 200 anni di storia e ha saputo portare al vino di zona una dignità diversa. È il caso del Nero di Troia, Bombino Nero e Fiano, protagonista del racconto con la bottiglia Gazza Ladra. Si tratta di barbatelle campane che trovano la terra di elezione ai piedi del Castel del Monte (Andria), dove la terra calcarea nutre la pianta e la buona escursione termica permette di dire, calice alla mano, quanto questo “trasferimento” abbia fatto bene.

Roberto Perrone Capano, campano e oggi a capo dell’azienda Santa Lucia di Corato (Bari), ha raccontato tutti i segreti del bianco che, in soli 7mila piante, affascina il pubblico di appassionati.

“Il Fiano non è arrivato per caso. Si dice che già Federico II di Svevia richiedesse il suo Fiano dalla Campania. Non si tratta neanche di autoctono se vogliamo definirlo così, poiché le sue origini sono greche, ma si esprime bene in Campania e, a quanto pare, anche in Puglia”, racconta Capano. “Contano le sfaccettature che solo il terreno è in grado di dare. Se in Campania ci scontriamo con una forte componente vulcanica, in Puglia lo si fa con il calcare. Ho scelto di coltivare Fiano sin dal 2001, su consiglio di Marco De Grazia, broker del mercato americano oggi produttore affiliato a Frescobaldi. È stato un lavoro di concerto molto efficace, complice del successo della mia Gazza Ladra”.

Il Fiano di Santa Lucia, si chiama proprio così, evoca la presenza di questi uccelli sui vigneti aziendali.

“Puntare sul Bombino Bianco, autoctono molto utilizzato in zona murgiana, non avrebbe sortito lo stesso effetto. Il livello di acidità non è tale da poter reggere un buon invecchiamento, né gli sbalzi termici dovuti al trasporto. Quindi il Fiano ha saputo prendersi la scena”.

L’espressione, secondo Roberto, ricalca la maggiore lunghezza sul gusto, la struttura che si mangia quel tanto che basta di acidità e proietta il vino verso un invecchiamento lungo: “Lo produciamo dal 2015 e, in fase di verticale d’assaggio, è ancora in forma tanto da aver sviluppato sentori di idrocarburo pari a un vero e proprio Riesling”.

Il motivo per cui Riesling della Murgia è proprio una definizione azzeccata.

Un vino non semplice, che si scontra con un mercato ancora alle prese con i soliti pregiudizi del bianco da bere giovane. Secondo Roberto c’è una comunicazione sbagliata ormai radicata nel consumatore, ma ci si perde grandi esperienze perché i bianchi migliorano con gli anni, ovviamente non tutti.

Il Fiano di Santa Lucia

Il Fiano

“Noi lavoriamo il Fiano pensando già alla longevità”, dice. “La cura in campo è necessaria, arrivando ad avere quasi una bottiglia per pianta. Abbiamo 84 quintali al massimo per anno, su 5.500 piante circa. Una scelta che ci premia, soprattutto all’estero, dove il Fiano è Fiano, non campano o pugliese”.

“Ci dicono che l’Italia è talmente piccola, una briciola, quindi al consumatore straniero interessa la qualità e il prezzo. C’è meno malizia sul vino, proprio perché è merce rara e cara. Per questo se ci si trova contrattualmente parlando lo si prova. Noi lavoriamo ormai su preordine e devo dire che stiamo avendo buoni riscontri, infatti è già sold out ciò che sta arrivando dalla prossima vendemmia”.

Australia, Giappone, Svizzera, Belgio, Uk, alcuni stati americani e in qualche luxury resort del Marocco, questi sono i luoghi in cui oggi si può trovare una piccola base di Gazza Ladra, segno che la qualità non è dettata solo da grandi nomi dalla maggiore forza economica.

I vigneti in inverno

I vigneti in inverno

“Il Fiano ha una sua notorietà, sarà perché si tratta di un vitigno famoso, sarà perché piace un bianco di struttura, ma non è estremamente pomposo. A curarne gli aspetti enologici è Emilia Tartaglione, giovane enologa campana che lavora il Fiano con il saper fare campano. Quest’anno, per preservare i suoi profumi abbiamo scelto di lavorare in criopressatura, evitando ancora di più il contatto con l’ossigeno. Due dati necessari per favorire maggiore qualità al prodotto finito”.

In tempo di crisi dei rossi, ancor di più il Fiano riscuote il suo successo e secondo Roberto, non è solo una moda: “Abbiamo puntato sul prodotto espiantando il Negroamaro che qui non funziona dal punto di vista dei consumi, quindi è stato aumentato il volume di piante di Fiano che, sistematicamente, va in overbooking. Dovremmo avere la forza per distribuirlo in un anno di ritardo, con una sensibilità che il mercato non ha e con una fiducia che gli addetti ai lavori non danno. Il ristoratore non ha il coraggio e la voglia di perdere tempo a spiegare che un prodotto, anche un anno dopo, garantisce sorprese gustative inaspettate”.

Secondo il produttore serve più formazione nel campo di vendita del vino. “Siamo un popolo che a tavola mangia e beve d’accompagnamento. Quindi abbiamo tempo per spiegarci e goderci il vino in tutte le sue forme ed evoluzioni”.

Il vigneto di Fiano


Sostieni Virtù Quotidiane

Puoi sostenere l'informazione indipendente del nostro giornale donando un contributo libero.
Cliccando su "Donazione" sosterrai gli articoli, gli approfondimenti e le inchieste dei giornalisti e delle giornaliste di Virtù Quotidiane, aiutandoci a raccontare tutti i giorni il territorio e le persone che lo abitano.