Maso Martis e la verticale di Monsieur Martis al Trentodoc Festival: le bollicine di montagna si tingono di Pinot Meunier
TRENTO – Una quarta edizione riuscita quella del Trentodoc Festival 2025, andato in scena lo scorso fine settimana fra il capoluogo e i piccoli borghi della provincia autonoma, dedicato alle sempre più gettonate bollicine di montagna Metodo Classico del Trentodoc.
Una formula che, nonostante le bizzose condizioni meteorologiche, ha comunque fatto registrare una grande partecipazione di pubblico nei 130 appuntamenti sparsi fra la città e le 69 case spumantistiche associate all’Istituto Trento Doc.
Una formula che ha saputo tenere insieme conoscenza del vino, intrattenimento e focus di approfondimento sulle variegate sfaccettature della denominazione, grazie anche al sostegno didattico dell’Ais e a due esperti ambasciatori del Trentodoc come Roberto Anesi e Maurizio Dante Filippi, rispettivamente miglior sommelier d’Italia 2017 e 2016.
Fra i diversi appuntamenti vale la pena di riportare una breve sintesi della straordinaria verticale di Monsieur Martis Brut Rosé de Noir, tenutasi nella bella sede della azienda fondata esattamente 35 anni da Antonio Stelzer e Roberta Giuriali a Martignano, alle pendici del Monte Calisio, sulle prime colline a nord di Trento e ora nelle mani delle loro due giovani e competenti figlie, Alessandra e Maddalena.
A fianco della novità, presentata proprio in una delle degustazioni del festival, del Brut Riserva 35 che omaggia proprio il lusinghiero traguardo raggiunto da Maso Martis, la singolare degustazione dell’integrale delle cinque annate di Monsieur Martis Brut Rosé de Noir ha fatto registrare il sold out dei posti disponibili, per la rarità dell’occasione e della referenza stessa.

Innanzitutto partiamo dal vitigno di cui è composto il Monsieur Martis Brut Rosè de Noir, il Pinot Meunier, previsto dal disciplinare della denominazione insieme a Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco per assemblare le pregiate bollicine di montagna.
Il bizzoso “mugnaio” (così denominato della lanugine della parte inferiore delle sue foglie che appaiono come se fossero infarinate), nato da una mutazione genetica del Pinot Nero, in realtà è utilizzato in purezza praticamente solo da Maso Martis, per di più nella sua ancor più complessa versione in Rosé de Noir.
Un doppia scommessa che ha dato vita ad una referenza “fuori quota”, da appassionati, nata nel 2020 in occasione del trentennale dell’azienda, che affina almeno 48 mesi sui lieviti e viene prodotta solo nelle annate che lo consentono, in un numero limitato di bottiglie che spaziano dalle 750 del primo millesimo (2015) al massimo delle 2.700 dell’annata 2018.
Dalle cinque annate attualmente disponibili 2020, 2018, 2017, 2016 e 2015 (la 2019, per l’appunto, è saltata per le condizioni non ottimali dei grappoli di Pinot Meunier) si è avuta l’occasione di degustare l’intero arco evolutivo del Monsieur Martis, con piacevoli conferme sulla capacità del Meunier di imprimere nel calice il terroir da cui nasce. Per intendersi, un profilo gustativo molto differente dai Pinot Meunier in purezza della Champagne.
Accompagnati nella degustazione dall’ottima conduzione della delegata delle Donne del Vino del Trentino Alto Adige, la sommelier professionista Rosaria Benedetti e dalle note tecniche da Matteo Ferrari, enologo che affianca Antonio Stelzer quasi dalla fondazione di Maso Martis, nella preziosa cinquina si sono distinti, a nostro parere, i millesimi 2017 e 2016.

L’annata 2017, con tiraggio maggio 2018 e sboccatura del febbraio 2022 (produzione di 2.160 bottiglie) si è posta come punto di svolta rispetto ai millesimi successivi con il netto passaggio di colore dal leggiadro ramato tenue che a causa del parziale “decadimento” degli antociani ha virato verso un colore che si attesta di un giallo dorato con lievi riflessi ramati. Grande coerenza olfattiva-gustativa che ai profumi di piccoli frutti rossi associa la mela renetta cotta, sbuffi di erbe officinali e di pasticceria. Sorso verticale e di grande avvolgenza, con tipica nota ammandorlata nel finale.
Da prestigioso aperitivo, tartare di tonno, muggine affumicato ma anche compagno di viaggio di sushi e sashimi.
L’annata 2016, con tiraggio maggio 2017, sboccatura di febbraio 2021 e produzione di 850 esemplari, si è presentata nel calice con un tenue giallo topazio e lievissimi lampi ramati con una distintiva eleganza olfattiva che alla croccantezza dei piccoli frutti rossi, quasi in confettura, abbina una sottile nota di zafferano. Complessi aromi terziari che vanno dal sottobosco (foglie bagnate, sentori fungini), ad uno speziato dolce fino alla nota minerale di pietra focaia. Sorso setoso, sapido e affascinante, decisamente gastronomico. Grande versatilità di abbinamento che spazia da un Plateau Royale al un risotto al tartufo passando per stagionati formaggi di capra.

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