Cantine e vini 21 Nov 2025 16:38

In Trentino fare vino significa raccontare fatica tra le montagne. La storia di due enologhe della Valle dell’Adige

In Trentino fare vino significa raccontare fatica tra le montagne. La storia di due enologhe della Valle dell’Adige
Arcangelo, Nadia e Sonia Sandri

FAEDO – In Trentino fare vino spesso è una questione di famiglia, e così è stato per l’azienda Arcangelo Sandri, che con le colleghe e sorelle Nadia e Sonia Sandri ha messo a punto un nuovo racconto del vino della Valle dell’Adige. Le due, assieme al papà Arcangelo che infaticabile si dedica alla vigna, stanno proseguendo nell’opera di rendere il vino un lavoro di fino in cui la storia delle valli povere e dei sacrifici entra a piè pari nel bicchiere.

“L’idea di fare vino è sempre stata nei nostri radar, tant’è che sin da piccole volevamo proseguire l’opera aziendale in modo del tutto consapevole”, dicono le due. “Entrambe veniamo da studi enologici che hanno rafforzato la tradizione di famiglia. È venuto prima l’istituto agrario di San Michele all’Adige, poi la triennale tra Trento e Udine. Adesso insieme gestiamo l’azienda. Era il 2006 quando iniziava il nostro lavoro vero e proprio, con l’azienda che produceva circa 10mila bottiglie l’anno, ora raddoppiate a circa 20mila. Siamo un’azienda a trazione bianchista, come la maggior parte in Trentino, ma non mancano i rossi in produzione”.

I vigneti di Sandri

La filosofia di Nadia e Sonia è dare ciò che il territorio produce anno dopo anno, quindi pochi interventi in cantina per mantenere la purezza del vino: “Basta con gli affinamenti importanti in legno per inseguire un pubblico obsoleto che ormai non beve più. Agli inizi del Duemila avevamo già smesso con lo stile dei famosi vini da guida restando fedeli all’interpretazione più franca della varietà rossa, dal Lagrein al Pinot Nero, passando per il recupero della Schiava. Oggi questa scelta ci premia e non facciamo un vino ruffiano per compiacere”.

E cosa si cerca dal vino trentino è presto detto. “Ogni bicchiere deve avere la sua storia. La nostra è quella di un territorio vocato per la viticoltura da sempre, anche se povero. Siamo a Faedo e ci affacciamo sulla Piana Rotaliana, dove la viticoltura è sempre andata a braccetto con l’allevamento. Carne e latte erano il core business capace anche di mantenere la parte viticola che, anche se controproducente, non è stata mai abbandonata”.

“La cosa che ci rende orgogliosi”, dicono, “è la caparbietà di mantenere un prodotto che è storia già dai tempi dei nostri bisnonni, senza puntare ai facili guadagni promessi dalle cooperative. Durante gli anni Sessanta molti hanno abbandonato, ma tanti altri sono rimasti preservando la diversità viticola e la nostra famiglia è stata una di queste. Certo, ha comportato fatica, arature a mano, irrigazione naturale che veniva dalle piogge e fare vino era una questione che coinvolgeva tutti, anche le donne che aiutavano manualmente in campo, e così anche noi”.

I vigneti di Sandri

Una storia di fatica intrecciata con l’universo attuale che vede ancora di più le donne in prima linea quando si parla di vino.

“Per una donna produrre vino non è più una cosa eclatante, ma alcuni cercano ancora gli uomini con cui interloquire, soprattutto nelle comunità più chiuse. In Trentino la situazione sta cambiando perché ci sono molti volti femminili che si occupano di vino, ma bisogna ancora essere caparbie quando si parla di viticoltura, soprattutto non dimenticare tecnica e istruzione che fanno la differenza. È una situazione in continua evoluzione positiva, per fortuna”.

A evolversi è anche il lavoro di Nadia e Sonia in cantina e in campo, ovviamente con papà Arcangelo che resta a capo della parte agricola come vignaiolo old style.

“Abbiamo fatto un lavoro in campagna di scelta varietale, affiancando a vitigni internazionali le varietà autoctone e vitigni storici come la Schiava che nella collina di Faedo ora è rara. Cerchiamo di recuperare tutto ciò che è stato espiantato per far posto a varietà più produttive”.

L’obiettivo dell’azienda Arcangelo Sandri resta lo stesso, ma con una marcia in più, quella in rosa che tramanda i saperi del campo e della vita, trasmettendo tutto al calice: “Il nostro vino deve esprimere il vitigno, il territorio e tutta la sua storia, senza mai risparmiarsi e se questa racconta la fatica, tanto meglio. Apprezzarla sarà un’emozione unica da vivere attraverso aromaticità, freschezza e acidità, frutto dell’annata e del nostro lavoro”.

Arcangelo, Nadia e Sonia Sandri


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