Terre di Leone, in Valpolicella la storia dei vignaioli per passione Chiara e Federico
MARANO DI VALPOLICELLA – Senza quell’ettaro lasciato dal nonno Leone oggi probabilmente la storia da scrivere sarebbe un’altra, forse di un allevatore di faraone o della carriera di una donna brianzola nel settore degli oli combustibili. Invece siamo qui, a Marano – uno dei cinque comuni dell’estremità occidentale della Valpolicella, in provincia di Verona – a raccontare di un’azienda vinicola che si è fatta largo dal nulla in una delle denominazioni più celebri anche fuori dai confini nazionali.
Chiara Turati insieme a Federico Pellizzar negli anni Novanta hanno così deciso di puntare tutto sulla viticoltura, di cui fino a quel momento sapevano poco o nulla. Dal 2009 la produzione vera e propria, dopo anni e anni di sperimentazioni e studi, dalla vigna alla cantina, per prendere dimestichezza con un mondo estraneo non senza difficoltà dovendosi nel frattempo mantenere, quindi lavorare.
“È stato un percorso emozionante, seppur molto impegnativo”, racconta. “La Valpolicella è un posto magico e ci piace considerarci interpreti di questo territorio”.
Senza nascondere le difficoltà di chi deve creare tutto da zero, Chiara, autentica ambasciatrice di Terre di Leone che instancabile macina chilometri dentro e fuori dall’Italia per far conoscere i propri vini, guarda al futuro: “Non abbiamo ancora realizzato pienamente quel che abbiamo in mente – dice – , è una continua evoluzione, anche perché non ci siamo solo noi con le nostre idee ma c’è un mondo che ci circonda e che evolve, c’è sempre un equilibrio da ricercare”.
L’impegno indefesso è ora tutto verso l’estero, dove l’azienda si sta ancora affacciando e richiede sforzi enormi a cui Chiara non sembra comunque volersi minimamente sottrarre, mentre Federico si dedica esclusivamente alla vigna e alla cantina perché, nonostante la dialettica e la familiarità con cui accoglie, non nasconde di preferire un lavoro meno a contatto con il pubblico.
Terre di Leone ha in programma di integrare l’attività vinicola con l’accoglienza, con il recupero di una vecchia cascina attigua alla cantina che la famiglia ha acquisito negli ultimi anni, e coltiva l’ambizione di espandere anche la superficie vitata ma è costretta a fare i conti con un fenomeno che vede in Valpolicella una maggior percentuale di aziende in vendita rispetto alla media nazionale – come spiega Federico – ma dei prezzi che continuano a lievitare (si può superare il mezzo milione di euro per ettaro vitato – anche se l’Osservatorio Uiv-Vinitaly indica in 400mila euro il valore medio – e ci sono intere aziende in vendita a svariate decine di milioni di euro).
Oltre alle dinamiche di mercato e agli interessi dei grossi investitori, in particolare stranieri, a complicare la situazione ci sono i passaggi generazionali non sempre facili. Un elemento che induce a riflettere anche Terre di Leone: “L’inserimento dei nostri due figli – uno sta finendo di studiare e l’altro si sta già pian piano inserendo – sarà fondamentale per il prosieguo dell’azienda”, ammette Chiara.
Oggi gli ettari dell’azienda sono sette e le bottiglie prodotte superano le 50mila nelle annate sfortunate, fino a sfiorare le 60 in quelle più propizie. I vigneti sono disseminati tra il paese, attorno alla cantina a meno di 400 metri sul livello del mare ed esposizione a est, e la collina, a cento metri più su con una esposizione a ovest e una vista che si perde fino a far intravedere uno spicchietto del lago di Garda.
Due le linee prodotte, “Terre di Leone” e “Re Pazzo”, senza differenza qualitativa ma produttiva. Le tipologie sono Valpolicella, Valpolicella Superiore, Ripasso, Amarone e un igt chiamato “Dedicatum”, frutto di un blend di ben 14 varietà di uva. (m.sig.)
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