I formaggi nella terra dei Walser, la tradizione casearia della Valle del Lys
AOSTA – La merenda valdostana è base di formaggi, salumi e pane di qualità. Lo sanno bene nella Valle del Lys dove l’arte casearia ha avuto modo di affinarsi nel corso del tempo. Questa vallata è conosciuta anche con il nome di Valle di Gressoney per via delle due località, La Trinitè e Saint Jean, che la vanno a chiudere verso il Monte Rosa. La presenza del torrente Lys ha attirato fin dal passato l’interesse di varie popolazioni che qui hanno trovato le condizioni ideali per vivere e prosperare. Una su tutte, quella più legata alla storia locale, la popolazione Walser.
Giunti da Zermatt, si insediarono in queste terre fin dal XIII secolo e iniziarono a fondare quella che ancora oggi è una forte e radicata identità culturale. La loro cucina è basata sul principio dell’autosufficienza, tutto quel che si mangia viene prodotto internamente dalla comunità, a partire dalla segale e dal frumento, passando per le verdure, sino alla carne essiccata e ai formaggi. Tante zuppe e piatti sostanziosi, ma anche una tradizione casearia che ha dato i natali a prodotti come la toma e il bettelmatt. Quest’ultimo è da ritenersi originario delle confinanti Val d’Ossola, Val Formazza e Valle Antigorio, ma resta parte integrante della cultura Walser.
La toma invece prevede chiaramente la denominazione locale. Oggi abbiamo, infatti, la Toma di Gressoney, famosa in tutt’Europa e ideale da consumare in purezza, ma anche per realizzare piatti tipici della tradizione locale. Si tratta di un formaggio semigrasso d’alpeggio. Il latte munto viene fatto maturare per una notte in secchi posti in acqua corrente per ricreare un frigorifero naturale. A questo punto la panna si sarà separata e sarà possibile lavorare il latte scremato aggiungendo quello intero caldo di mungitura. Dopo l’aggiunta del caglio e il riscaldamento del latte, è il momento del deposito nelle fascere. La toma di Gressoney non supera mai i 4 kg e prima di passare alla fase della stagionatura, prevista per un periodo minimo tra i 40 e i 60 giorni, viene salata e pressata. In cucina diventa la base di una polenta concia o di una fonduta da accompagnare alla pasta locale, i chnefflenee.
In qualsiasi tagliere valdostano che si rispetti non può mancare la fontina. Altro prodotto di punta della Valle del Lys e che lega la gastronomia al territorio. A tutela di questo formaggio c’è il Consorzio produttori e Tutela della Dop Fontina, con lo scopo di preservare questa tradizione un tempo tramandata solo oralmente. Viene citata per la prima volta nel 1270 e pare debba il suo nome all’alpeggio Fontin, dove veniva prodotta. Il latte impiegato per la sua realizzazione arriva da tre differenti razze di mucche: la Pezzata Rossa, la Pezzata Nera e la Castana. Si tratta di tre razze speciali, in grado di adattarsi al meglio al clima e al territorio della Valle d’Aosta e, di conseguenza, di dare un latte dotato di maggiori caratteristiche organolettiche. Anche la fontina trova vasto impiego in cucina sia in quella storica come la zuppa valpellinese dove strati di pane si alternano a verza, brodo e fontina, sia in quella gourmet.
Sono molti i ristoratori della Valle d’Aosta che stanno riportando in auge i prodotti locali, rielaborando ricette classiche o lasciando spazio alla creatività. Segue questo filone lo chef Ernesto Espinoza del ristorante Coraje di Milano che propone un tortello di entragna con fonduta di Fontina Dop Alpeggio, sugo di arrosto e lamponi.
A concludere il trittico dei formaggi della Valle del Lys ci pensa il Bleu d’Aoste, l’erborinato a pasta cruda prodotto a marchio esclusivo dalla Centrale Laitière de la Vallée d’Aoste. Il tocco di classe è dalla coltura di Penicillium roqueforti che viene aggiunta in fase di produzione. Gioca un ruolo fondamentale anche la stagionatura che viene effettuata in particolari condizioni di temperatura e umidità. Dà il meglio di sé in un risotto abilmente mantecato. La Valle d’Aosta è una delle regioni italiane con il più vasto patrimonio caseario e questo ne è solo un piccolo esempio. Patrizia Ferlini
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