LA MALANDRINA DI NOME E DI FATTO, UN GOURMET INSOLITO E TANTE PROPOSTE PER LA RIPARTENZA
di Giorgia Roca

L’AQUILA – La Malandrina, ristorante gourmet aperto il 25 maggio 2020 lungo Corso Vittorio Emanuele a L’Aquila, è la giusta sintesi di un percorso più o meno ad ostacoli ma di grande crescita professionale della sua titolare, Cecilia Torelli.
Dall’ingresso, ci si accorge immediatamente di essere entrati in un luogo fuori dall’ordinario e che rimanda ad un’architettura dei locali delle città del nord Europa. Legno e ferro predominano nell’arredamento ma ciò che colpisce è la grande quantità di piante appese che ricoprono la scalinata che collega i due piani, come ad ammorbidire la facciata all’apparenza più dura.
E, a ben vedere, si trova corrispondenza nell’accoglienza che Cecilia dedica ai suoi clienti e nella spiegazione capillare dei singoli piatti.
Nulla può essere lasciato al caso perché questo non è un semplice ristorante ma un vero e proprio riscatto per la titolare, che ha puntato ad un’altissima qualità grazie a uno staff molto coeso e preparato, attraverso regolari degustazioni interne.
“La Malandrina rappresenta me stessa perché racchiude sia un gusto estetico che culinario, cordialità e familiarità, e anche quel pizzico di follia e di coraggio che mi contraddistingue” dice Cecilia a Virtù Quotidiane. “Ambivo esattamente al tipo di cucina che trattiamo e che mi esalta di continuo. Amo coccolare i miei clienti, occuparmi dell’accostamento dei vini e accogliere i clienti con amouse bouche se ordinano ristorazione. All’inizio dell’orario di lavoro mi spoglio delle vesti di proprietaria e divento parte integrante della sala a 360 gradi, come lo sono stata per otto anni quando ero cameriera di sala”.
Suo braccio destro dai tempi dell’allestimento del ristorante è lo chef Luigi Perruzza, 39enne originario di Balsorano e proveniente dalla scuola dello chef pluristellato Niko Romito.
Si è avvicinato alla professione da autodidatta e ha iniziato a lavorare nella ristorazione mentre portava avanti gli studi in Culture per la comunicazione all’Università dell’Aquila. Grazie a un bando regionale, è stato tra i fortunati a partecipare a degli stage tenuti dallo stesso Romito, sino a lavorare e a rilevare la gestione del ristorante Ninì a Montesilvano Colle, che il grande chef aprì con il compianto Nicola Salvatorelli.
L’incontro tra lo chef Perruzza e Cecilia Torelli è stato professionalmente folgorante. Si sono conosciuti tramite un’agenzia per il lavoro ma è il loro sesto senso e le loro capacità ad aver saldato il rapporto in brevissimo tempo. Ad accomunarli gli stessi ideali e gli stessi criteri di selezione del personale.
La professionalità di Perruzza riesce a scalfire la sfiducia che la titolare aveva dalle esperienze passate, e la proposta innovativa di lei gli hanno fatto l’occhiolino.
“Mi sono deciso vedendo il posto. Questo è un multiconcetto, ci sono diverse sfaccettature come la pizzeria e la pasticceria; per me sarebbe stato un tipo di ristorazione nuovo rispetto a quello al quale ero abituato, dunque ho voluto accettare la sfida di mantenere uno standard qualitativo alto per un alto numero di persone”, rivela Luigi Perruzza.
La loro è una cucina moderna, ricercata e ovviamente espressa. Si assaggiano cibi che altrimenti non si mangerebbero e sapori totalmente nuovi al palato.
La curiosità del cliente è giocoforza, ma sono i titubanti quelli prediletti perché – se non apparisse chiaro – Cecilia ama le scommesse e al contempo diventa riferimento essenziale per il cliente abituale.
Punta di diamante della cucina è la sua esclusiva tartare di pecora con fonduta di pecorino dell’azienda Magnante e frutti rossi; al pari della rivisitazione del primo all’aglio e olio – per ricordare la proposta che si lancia tra amici dopo una festa – con l’aggiunta di gamberi crudi di Mazara del Vallo, colatura di alici di Cetara, nero di seppia, sulla base di una bisque che è una vera e propria esplosione di sapori del mare.
“Abbiamo puntato ad una super qualità, alla digeribilità del prodotto tramite cotture mirate e all’uso di un olio evo 100% di mia produzione”, dice Cecilia, “da assaporare con i nostri pani, quello al lievito madre e farina integrale, e quello viola con l’aggiunta di riso Venere e biga liquida, per proporre sapori e profumazioni diverse e da servire rigorosamente caldi”.
“Ho voluto creare un gourmet rivisitato con porzioni più abbondanti del solito e degustazioni complete dall’entree al dessert. Inoltre per me era il massimo avere all’interno una zona di cioccolateria e pasticceria”, aggiunge.
Continua lo chef: “I nostri punti di forza sono il rispetto del prodotto e una cucina salutare, trattando i grassi in un certo modo. Per noi è molto importante l’equilibrio di un piatto sia sotto il profilo del sapore, sia per la sua digeribilità. Abbiamo una vasta scelta che rispetta sempre la stagionalità”.
“La mia ambizione personale va di pari passo con quella di Cecilia e dell’azienda, deve esserci un progetto univoco, e solo così il successo di ognuno è il successo di tutti e sono fedele al mio carattere”.
Se si fa un passo indietro, si capisce che Cecilia Torelli è una donna che non si arrende e che ha sempre nuovi progetti da concretizzare.
Laureata in Scienze naturali, fisiche e matematiche tra Siena e Viterbo, torna a L’Aquila nel 2009 e dallo stesso giorno del disastroso terremoto si è trasferita all’Osteria della posta, ristorante di proprietà dello zio, Stefano Cardelli.
Ha cominciato col districarsi dietro al bancone del bar, la sua ferrea memoria delle ordinazioni le ha fatto conquistare la sala ristorante e, per aggiungere un pizzico di divertimento, ha iniziato a proporre menu personalizzati al variare di ogni settimana.
Dopo qualche anno, nel 2018, prende il coraggio che fino ad allora le era mancato per aprire un ristorante tutto suo.
L’avventura ha inizio a marzo del 2019 nei locali di via Sassa, grazie alla quale ha imparato in fretta tutti gli aspetti del suo nuovo ruolo di imprenditrice. L’occasione è giusta per avere maggiore consapevolezza di sé e alcuni mesi dopo decide di cambiare passo, per renderlo più fedele all’immagine che vuole restituire.
Ed ecco La Malandrina oggi.
Un locale da una metratura importante su due livelli, dove il piano superiore è dedicato alla zona ristorante, sulla quale si affaccia una cucina volutamente a vista, che consente un rapido riscontro ed elimina la sensazione di isolamento di chi vi lavora, distinto dalla zona pizzeria del piano inferiore all’ingresso.
Volendo assecondare le curiosità e aspettative del cliente, La Malandrina è pronta a ripartire con la vendita su ordinazione del pane e con nuove preparazioni culinarie, alcune potranno appagare ancora di più i palati vegetariani.
Cecilia non si accontenta ed è diventata anche donna del vino e dell’olio. Produce infatti Montepulciano, Trebbiano, Cerasuolo e metodo classico sia Brut che rosè, oltre ad un olio composto da un trio di Rustica, Dritta e Gentile. Tutti già disponibili per la vendita.
Infine, raddoppia prevedendo tra un anno a Piazza San Filippo Neri l’apertura de Il Malandrino, champagneria unica nel suo genere, ospitata in una location ripristinata agli antichi splendori con volte a botte e pietre a vista.
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