Merano WineFestival 10 Nov 2025 19:09

Al Merano Wine Festival vini palestinesi ambasciatori di pace e vitigni albanesi unici al mondo

MERANO – Poco distante da Betlemme, in Cisgiordania, parte dei territori palestinesi assediati, una cantina da oltre un secolo porta avanti una viticoltura eroica, a circa 800 metri di altezza, che assume un carattere doppiamente coraggioso se si considerano le precarie condizioni geopolitiche dell’area e il costante rischio che corre che le vengano sottratti i terreni.

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È l’azienda Cremisan, che prende il nome dalla collina su cui i Salesiani coltivano la vite dal 1885, che ha ricevuto il premio Vinovisioni 2026 assegnato da Vinibuoni d’Italia, la guida del Touring club italiano che celebra i vini da vitigni autoctoni. Un riconoscimento che è andato al Vis-Volontariato internazionale per lo sviluppo, una Ong che sostiene appunto Cremisan tramite la campagna Territori diVini.

Il premio speciale è finalizzato a riconoscere gli ambiti di ricerca e di innovazione e a valorizzare e promuovere programmi e persone che, con la loro inventiva e il loro impegno, hanno dato vita a progetti di estremo interesse, importanza e coraggio, con particolare attenzione ai valori della sostenibilità sociale.

La cantina è stata anche la prima a produrre vini da uve autoctone palestinesi – Baladi, Dabouki, Hamdani e Jandali – e a studiarne il Dna, grazie alla collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella e l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (Teatro).

Sostenere la produzione di Cremisan significa anche supportare tutte le opere dei Salesiani in Medio Oriente: scuole, oratori, centri di formazione e parrocchie, con le loro migliaia di studenti, bambini, ragazzi, insegnanti e famiglie.

“È un progetto che abbiamo deciso di premiare perché evidenzia progetti che vanno oltre il vino, attivando azioni che hanno una valenza ampia e particolare”, spiega Andrea Piacenza, responsabile comunicazione di Vinibuoni d’Italia del Touring club. “Nessuno prima di loro aveva mai vinificato vitigni di questo tipo. Il progetto peraltro ha un’impronta anche italiana per il coinvolgimento dell’enologo Riccardo Cotarella e la Fondazione Mach”.

“Gli autoctoni sono il modo migliore per raccontare il territorio perché sono quelli che sono nati dove poi vengono allevati e vinificati e raccontano al meglio l’essenza dei territori”, aggiunge.

Restando sui vini dal resto del mondo, al Merano Wine Festival anche la cantina albanese Çobo, presenza ormai fissa della kermesse: “Grazie a mia figlia, che sta studiando alla Fondazione Edmund Mach di San Miche all’Adige, sono stati analizzati geneticamente i nostri vitigni autoctoni Vlosh, Puls, Sheshizi, Shesh i Bardhe e Mushqet e non è stata trovata nessuna somiglianza con altri vitigni del mondo”, ha raccontato Muharrem Çobo, che insieme al fratello Petrit a Ura Vajgurore, nel centrosud dell’Albania, all’inizio degli anni Duemila ha messo su un’azienda che aveva mosso i primi passi nel 1993 con il primo ettaro di terra acquistato grazie alle rimesse provenienti dall’Italia dove i due sbarcarono due anni prima con lo storico esodo.

Compie dieci anni, intanto, il progetto di affinamento di vini e spumanti sotto le acque del mare: “Oggi siamo in grado di fornire le linee guida e lo studio di fattibilità del potenziale che si può sviluppare in un’ambiente subacqueo”, dice Emanuele Kottakhs, fondatore di Jamin UnderWaterWines, società fondata a Portofino nel 2015 specializzata nello sviluppo di tecnologie e protocolli per l’affinamento subacqueo di vini, distillati e prodotti liquidi. Jamin non è un produttore di vino, ma un partner tecnologico consulenziale per le aziende che vogliono sperimentare questa tecnica.


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