Amphora Revolution al Vinitaly. Helmut Köcher e la sua rivoluzione…in anfora

di Giuseppe De Biasi*
VERONA – Helmut Köcher, alias The WineHunter, è un personaggio iconico del mondo del vino italiano. L’ideatore del Merano Wine Festival e delle sue mille declinazioni, è anche un profondo estimatore e conoscitore dei vini georgiani e della tecnica dell’affinamento in anfora. Da oltre un decennio rappresenta una delle persone più attive nella diffusione della conoscenza e delle potenzialità di questo antichissimo strumento vinario.
Già lo scorso anno aveva iniziato la collaborazione con Vinitaly per il progetto Amphora Revolution e, dopo le masterclass al Merano Wine Festival, in quest’edizione 2025 della fiera veronese ha presentato una ampia selezione di produttori, sparsi lungo tutta la penisola, che utilizzano anfore e giare nella produzione dei propri vini.
Gli abbiamo chiesto un suo personale bilancio su questa recente passione italica per l’anfora vinaria.
“Innanzitutto se pensiamo al concetto di vino di anfora dobbiamo pensare da dove arriva come tradizione. Un ritorno al passato, che seguendo le tracce a ritroso dall’Impero Romano ci porta fino alla Georgia, regione che della vinificazione in anfora è la massima espressione al mondo e dove con molta probabilità ha avuto origine la viticoltura circa 8.000 anni fa”, dice.
“In Italia se si esclude qualche produttore che ne sperimentava l’utilizzo, spesso acquistando le anfore all’estero, fino ad una decina di anni fa non esistevano ditte specializzate in produzione di anfore vinarie”, ricorda Kocher. “Dal 2015, invece, hanno cominciato a nascere piccole aziende che hanno creduto in questo strumento, realizzando anfore con differenti tecniche produttive, a partire da quelle di pura terracotta, con impasti di argilla provenienti da diverse aree, con Impruneta che, per tradizione secolare, identifica una delle zone più vocate”.
“Ogni anfora di terracotta è un oggetto unico, non replicabile e quindi anche il vino che contiene lo sarà. Poi ci sono quelle in cocciopesto dove i cocci vengono rielaborati creando un impasto che porta alla creazione di una giara di terracotta e infine il gres porcellanato, che è un discorso a sé, perché è una terracotta lavorata ad una temperatura diversa che produce un materiale con una micro-ossigenazione molto inferiore rispetto ad un’anfora di terracotta di Impruneta. In base al vitigno e al vino che ha in mente di realizzare ogni produttore deve trovare la sua identità e qui entra il gioco la sperimentazione e come si utilizza l’anfora nelle diverse fasi del processo”.
“Per intenderci, in Georgia questo processo è perfettamente codificato e consolidato come tradizione millenaria tanto che dal dicembre 2013 il metodo tradizionale di vinificazione nelle anfore Qvevri è patrimonio culturale immateriale dell’Umanità Unesco”, prosegue Kocher. “In Italia non è regolamentato, vuol dire che ci sono produttori che fanno la fermentazione magari in acciaio o in legno, poi usano l’anfora e magari un ulteriore passaggio in legno. “Insomma ognuno cerca di trovare una propria strada, un proprio percorso e tale differenziazione è forse la parte più bella della storia”.
“Ho da poco scoperto un’azienda vinicola abruzzese (Vinum Hadrianum, giovane cantina di Atri, storico borgo sulle prime colline sopra Pineto, nel teramano, ndr) che realizza le anfore dove affinano alcuni loro vini con l’argilla dei loro stessi terreni. Questa particolarità”, rileva Kocher, “mi ha fatto venire in mente un processo circolare di filiera, quasi biodinamico, alla Rudolf Steiner. L’argilla, sulla quale poggiano le radici delle viti, esce dalla terra per dare vita ad un anfora di argilla il cui frutto della terra, l’uva, diventa vino e viene accolto nell’anfora, quindi è quasi come se ritornasse nella stessa terra dalla quale è nato”.
“Comunque”, prosegue Kocher, “quando assaggi vini fatti in anfora hai un approccio diverso. Non voglio dire che si sente la terracotta, ma si sente quell’intensità, quella profondità, quella struttura aromatica, soprattutto sui vitigni a bacca bianca, che danno un’altra espressione al vitigno stesso. Se assaggiamo un vino ottenuto da Grillo affinato in acciaio o anche in legno e lo paragoniamo ad un altro fatto solo in anfora ti si apre un mondo di sensazioni gusto-olfattive differenti, più ampie e più profonde”.
A proposito dei Qvevri, le imponenti anfore georgiane, dal 2021 la loro antichissima e particolarissima tecnica produttiva ha ottenuto il marchio d’origine di Indicazione Geografica Protetta (Igp) dell’Unione Europea, primo prodotto non alimentare a ottenere tale riconoscimento. Ma dal tuo osservatorio privilegiato come pensi sia cambiato, in questi dieci anni, l’approccio dei produttori all’uso dell’anfora?
I produttori si stanno avvicinando all’anfora sperimentando le diverse forme, capacità e caratteristiche di micro-ossigenazione cercando quella più adatta ad evidenziare il potenziale del proprio vigneto. Penso che soprattutto su vitigni autoctoni l’anfora possa dare maggiore risalto al vino. Per esempio allo stand della Calabria ho assaggiato un vino in anfora da uve Greco bianco che mi ha particolarmente colpito e che non aveva senso paragonarlo ad un altro affinato in acciaio o in legno perché quello in anfora ha una sua unicità.
Se dovessi individuare due vitigni – uno a bacca bianca ed una a bacca rossa – che, a tuo avviso, trovi particolarmente vocati per l’utilizzo dell’anfora su quali cadrebbe la tua scelta?
Non è una risposta facile però posso dire che ho visto un’espressione molto interessante del Nebbiolo in anfora di Impruneta che rende il vino davvero diverso sotto il profilo olfattivo e gustativo.
Ti riferisci al Nebbiolo “Maura Nen 2021” Canavese Doc di Luca Leggero?
Sì proprio quello. Quanto al vitigno a bacca bianca ho notato che il Pecorino d’Abruzzo è molto vocato per il passaggio in anfora.
Intendi il Pecorino Tullum Docg InAnfora 2022 di Feudo Antico, proposto anche alla masterclass dello scorso Merano Wine Festival?
Esattamente. In entrambi questi prodotti ho riscontrato nella versione in anfora caratteristiche che, ad un confronto con una versione “tradizionale”, enfatizzano le peculiarità del vitigno, anche perché in tutte e due i casi non sono sperimentazioni estemporanee ma una ricerca specifica e di lunga durata.
Grazie mille e appuntamento al prossimo step della tua infaticabile Amphora R-Evolution.
*giornalista
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