Enogastronomia 13 Apr 2018 10:06

OLIO D’OLIVA, IN GIAPPONE PREMIO JOOP ALLA SESTA EDIZIONE

OLIO D’OLIVA, IN GIAPPONE PREMIO JOOP ALLA SESTA EDIZIONE

TOKYO – Si è tenuta a Tokyo la cerimonia di premiazione della sesta edizione del Japan Oil Prize (Joop), sponsorizzata dalla Camera di Commercio italiana in Giappone. La competizione di livello internazionale, nata nel 2013, intende premiare e promuovere i migliori oli extra vergine di oliva (Evoo) di ogni provenienza.

E il 2018 è stato l’anno in cui più nazioni sono state rappresentate, con oli provenienti da Australia, Croazia, Francia, Grecia, Giappone, Italia, Portogallo, Spagna, Usa, Tunisia e Turchia. Rispetto allo scorso anno il numero dei prodotti partecipanti è salito da 155 a 255, marcando un successo strepitoso per una competizione che sempre più si sta affermando su scala globale.

Le categorie premiate erano divise in oli biologici, monovarietale, Dop/Igp, Blend. Selezionati inoltre i migliori rappresentanti per ciascun paese partecipante.

“Il concorso si pone come una certificazione del prodotto, perché se supera una selezione così severa come quella che noi pratichiamo, i consumatori giapponesi possono stare tranquilli che hanno il massimo della qualità mondiale”, spiega il dottor Pietro Paolo Arca, tecnologo alimentare e supervisor del panel, composto da sei giudici certificati di caratura internazionale.

Dopo la Spagna, l’Italia è al secondo tra i paesi esportatori di olio in Giappone, ma il nostro Paese è più avanti nella qualità del prodotto rispetto agli oli di massa spagnoli, in un mercato in continua evoluzione: “C’e’ da dire che il mercato giapponese è un po’ restio a pagare quello che il prodotto veramente vale”, aggiunge Arca.

“Questi sono produzioni di altissima qualità, che devono costare almeno 15-20 euro al litro per poter essere sostenibili. Fare un olio di alta qualità comporta delle spese altissime di gestione, sia di natura agronomica che tecnologica, soprattutto in regioni dove la produttività degli impianti olivicoli è bassa, come l’Umbria e la Toscana. Bisogna diffidare dei prodotti low cost, perché ne va della qualità”.


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