Valsesia nel piatto: miacce e uberlekke per una gastronomia che si adatta all’altitudine
VERCELLI – La Valsesia si estende dalle pendici del Monte Rosa fino a Serravalle Sesia (Vercelli), toccando punte che superano i 4.000 metri e giungendo fino in pianura. Questa variazione altitudinale offre un ampio scenario gastronomico. La storia culinaria di queste terre non ha potuto far altro che adattarsi ai climi e alle condizioni differenti per poter garantire la sopravvivenza della popolazione locale. L’economia del territorio si è sempre basata sull’attività metalmeccanica e quella sciistica, ma una grande porzione degli introiti è oggi da attribuirsi al settore enologico e a quello gastronomico.
La provincia di Vercelli è rinomata in tutto il mondo per il riso. Il fiume Sesia, da cui la vallata prende il nome, è la madre da cui si diramano i canali d’irrigazione che rendono possibile la coltivazione di Carnaroli, Baldo, Arborio e molte altre varietà. Un’opera ingegneristica iniziata nel XII dai monaci cistercensi delle Grange vercellesi. Questo prodotto entra a far parte della gastronomia valsesiana con un piatto emblema del territorio: la paniccia.
Conosciuta a Novara con il nome di paniscia e a Vercelli con la variante panissa, rappresenta la tradizione locale fondata sui prodotti della terra. Una ricetta a base di riso, carote, sedano, cipolla, verza, porri, pomodori, patate, pane e arricchita con pancetta e carne trita. Un inno alla ricchezza che non rappresentava la quotidianità, ma che da sempre è associato alle occasioni speciali.
In Valsesia la paniccia si prepara ormai tutto l’anno, ma è durante il Carnevale Valsesiano che il Martedì Grasso viene distribuita dopo la benedizione del mezzogiorno. È la città di Varallo Sesia a essere collegata a questo piatto, pare per via del fatto che un tempo questa minestra veniva distribuita ai carcerati del Palazzo Pretorio, ovviamente privata di carni e saporiti condimenti.
I pasti locali sono molto spesso frugali e anche nelle locande non mancano gli inflazionati taglieri che qui, però, rispecchiano ancora la storia del lavoro di montagna. Quell iche agli albori erano le fonti di energia per i lavoratori sono oggi una piacevole entrée per conoscere la gastronomia della Valsesia. La toma e il burro d’alpeggio rappresentano al meglio il territorio montano con un sapore che varia in funzione dell’altitudine in cui il bestiame si trova a pascolare.
Anche i salumi fanno la loro parte e lo scettro di eccellenza se lo aggiudica la mocetta di pura carne bovina aromatizzata con vino ed erbe di montagna. Un tagliere valsesiano è completo solo con la presenza di pane di segale e delle miacce. Vale la pena soffermarsi su questo ultimo prodotto, in quanto emblema del territorio. Le miacce sono a base di farina, latte, panna e uova, ma a fare la differenza sono le piastre in ferro che si impiegano per la cottura, i cosiddetti migliacci. Farcite con salumi, formaggi o composte di frutta, sono versatili ed emblematiche.
Spizzicando antipasti è possibile che la fame porti a ordinare un uberlekke. Una ricetta originaria della popolazione autoctona dei walser e che è sempre più raro trovare nei ristoranti valsesiani. Anticamente la carne era conservata mettendola sotto sale e aromi; terminata questa fase antecedente all’odierna frollatura, seguiva la preparazione del piatto.
Nel caso dell’uberlekke la carne di vitello, manzo, pecora o maiale viene bollita con patate, cavoli, carote e rape come zuppa corroborante durante il periodo invernale. A rappresentare la valle c’è anche la bergturta, una torta salata farcita con speck, mele e toma per richiamare tutti i sapori locali, che nel comune di Alagna Valsesia si arricchisce anche di fichi secchi, uva sultanina e salamelle.
Visto che lo spazio per il dolce non manca mai, è impossibile non menzionare il ris e lacc, riso e latte con la variante di castagne e l’arsumà, uno zabaione preparato con il vino rosso che originariamente veniva dato alle puerpere per recuperare le forze dopo il parto. La gastronomia valsesiana è ricca e varia, è possibile trovare prodotti di montagna cucinati insieme a materie prime tipiche della pianura con una disinvoltura che solo in pochi possiedono, ma che qui di certo non manca.
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