COME SI FA IL FUTURO DEI PAESI: LA CAROVANA DI LA MONTAGNA CHE (R)ESISTE TRA CIVITALUPARELLA, TUFILLO E PALMOLI

CHIETI – Ci mettiamo in macchina all’alba, direzione Civitaluparella, in provincia di Chieti al confine col Molise. Non sappiamo ancora che ci attende una giornata incredibile, una giornata che ci porterà a scoprire altri paesi, Tufillo e Palmoli, e a conoscere realtà che lavorano e lottano per la sopravvivenza di luoghi definiti “marginali”, dove invece, tra mille difficoltà, permane una vitalità da fare invidia a centri abitati ben più grandi e ben più forniti di servizi e comodità.
E tutto questo grazie al gruppo di ragazzi e ragazze di La Montagna che (r)esiste, il progetto finalizzato proprio alla contaminazione tra le realtà abruzzesi delle aree interne proposto dall’Aps Spazio Pieno in collaborazione con l’associazione Amici di Palmoli, l’Archeoclub di Guardiagrele, il Centro Documentazione Conflitti Ambientali, il gruppo di ricerca MIM–Montagne in Movimento e finanziato dalla Regione Abruzzo.
E quella a cui stiamo andando incontro è la terza Carovana organizzata da La Montagna che (r)esiste, oltre quelle che hanno portato il gruppo a Fontecchio, Tione degli Abruzzi, Pettorano sul Gizio, Taranta Peligna, Salle, Caramanico, Pennapiedimonte, solo per citare alcune degli altri paesi raggiunti.
A Civitaluparella ci attende Paolo Ricci, allevatore, agricoltore, apicoltore e vero e proprio animatore del paese. Con lui si va a fare visita nella stalla dove tiene una quarantina di capre. Ci attendono anche la sua compagna, Simona, e Mariantonietta, che insieme a Enzo ha portato a Civitaluparella una sala di registrazioni professionale, la B Music Records, con sede anche a Napoli.
I ragazzi di La Montagna che (r)esiste, sebbene provengano per lo più dalla Valle Subequana, hanno mille domande su come si gestisce il gregge di capre, su come si produce il latte e i formaggi, e i loro sguardi si fanno commossi quando scoprono che possono addirittura prendere in braccio i piccoli nati da pochi giorni.
La visita continua nel laboratorio di trasformazione dell’azienda Colle del Nibbio, dove Simona e Paolo ci mostrano i loro prodotti e ci raccontano non solo la fatica che sta dietro quel lavoro, ma soprattutto la soddisfazione genuina di fare formaggio, miele, conserve, ortaggi, ma anche di accompagnare turisti e visitatori alla scoperta delle ricchezze del territorio.
La tappa si conclude con un momento di condivisione, e non poteva essere altrimenti, ma la degustazione avviene vicino la piazza principale di Civitaluparella, così i paesani si avvicinano incuriositi e quel che viene fuori è uno scambio stupendo tra i ragazzi e i paesani incentrato proprio sul destino dei paesi.
La seconda tappa della carovana è a Tufillo, presso la Fattoria Fonte Trocchi, non la classica fattoria, ma “un luogo di apprendimento delle capacità manuali e sociali di cui le generazioni attuali nel mondo industrializzato non dispongono in misura sufficiente”. Insomma, a muovere Federica e Nicholas, lei piemontese, lui austriaco, è una filosofia, è un’esigenza profonda, quella di sperimentare nuove forme di agricoltura e di vita comunità nel tentativo di costruire un modello di vita più sostenibile, in vista del già evidente cambiamento climatico.
A Fonte Trocchi pranziamo e troviamo una serie di prodotti fatti in casa e tradizionali che raccontano, anche senza parlare, di Tufillo e della sua storia. Come la pizza “a figlit”, una focaccia a strati sottili e arrotolati, nel cui impasto si mette un trito di peperone secco dolce: una squisitezza senza paragoni.
Al pranzo segue un dibattito. I padroni di casa ci raccontano la loro storia, nata nel 2011, e le loro varie attività, fatte di produzione di alimenti come aglio, cereali, legumi, ma anche piante officinali e uova, oppure la creazione di tre abitazioni ecosostenibili dove sono ospitate persone dall’Italia e dal mondo che vengono a Tufillo per aiutare, ma soprattutto per sperimentare un modello di vita alternativo. Un modello meno impattante, basato non su chissà quale sacrificio, sull’applicazione invece di conoscenze tradizionali e moderne che, insieme, garantiscono una sostenibilità vera, concerta, replicabile.
A Palmoli, nel tardo pomeriggio, ci attende l’amministrazione comunale e gli uomini e le donne dell’associazione Amici di Palmoli. L’incontro avviene di fronte al Castello Marchesale, in un vero abbraccio di comunità, tra vestiti tradizionali e cerimonie autentiche come solo nei paesi si possono trovare.
Segue la visita al forte e al Museo della civiltà contadina che, oltre ad accogliere oggetti, documenti e fotografie della tradizione palmolese, racconta in modo incredibile anche la storia “minore” del paese, quella delle persone comuni, degli abitanti che in passato hanno contribuito alla vita di comunità, portando a Palmoli il cinema, per esempio, o i primi macchinari automatizzati per la produzione di capi d’abbigliamento. Un Museo davvero ben allestito che prima che alle orecchie sa parlare direttamente al cuore di chi lo visita.
Ma non poteva finire lì. Palmoli è soprattutto folklore, valorizzazione delle tradizioni, e quindi non poteva mancare un saggio del ballo tipico, la spallata, inscenato nel gruppo di canto e ballo locale. Spunta una fisarmonica e subito si inizia a danzare, a cantare nella suggestiva corte del castello. Un momento di condivisione che ha coinvolto anche i ragazzi e le ragazze di La Montagna che (r)esiste, in un crescendo di euforia e divertimento.
Prima di riprendere la strada di casa, i palmolesi hanno offerto anche qualche assaggio dei loro prodotti tipici, prima tra tutti la ventricina, di cui Palmoli rivendica l’originale ideazione. Insomma, siamo partiti rifocillati nel corpo e nell’anima.
La Carovana di La Montagna che (r)esiste sono questo e tanto, tanto altro. Sono scambio e confronto diretti, su questo non ci sono dubbi, ma sono anche piccoli, grandi semi che vengono sparsi dalle comunità paesane, scambi di semi genuini che certamente porteranno alla nascita di future e innovative collaborazioni tra i paesi coinvolti e non solo. Le Carovane stanno ricreando lo spirito e l’abitudine che da sempre ha contraddistinto queste zone e l’Appennino tutto, quello della contaminazione reciproca e della mutua collaborazione. Come pensate siano sopravvissuti i paesi a millenni di carestie, pandemie, guerre, dominazioni, altrimenti?
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