DALLE UVE AFFINATE NEL FONDO DEL MARE AI VIGNETI ALPINI, AL VINITALY UN VIAGGIO TRA I VINI “SPECIALI”
VERONA – Prodotti che nascono da affinamenti speciali o da vitigni rari, nel profondo degli abissi o sulle cime più alte. Al Vinitaly anche una serie di vini speciali, come quelli prodotti con uve che vengono affinate sul fondo del mare all’Isola d’Elba, quelli da vitigni resistenti di piccole aziende che si sono messe in rete o quelli frutto di viticoltura eroica in alta quota in Valle d’Aosta.
“Il mio sogno è arrivare a fare un vino molto simile a quello che bevevano duemila e quattrocento anni fa”, ammette Antonio Arrighi, che con la sua azienda in Toscana dal 2018 ha iniziato a immergere le uve del vitigno autoctono Ansonica nelle acque del mar Tirreno dove restano per qualche giorno per poi tornare a terra e cominciare la vinificazione.
“L’idea”, ricorda, “è nata durante un convegno nel quale il professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura dell’Università di Milano, raccontava dell’antico vino di Chio, quel che chiamavano vino degli Dei, la cui particolarità era proprio dell’immersione in mare delle uve”, pratica 2.500 anni fa utilizzata per togliere la pruina dalla buccia e accelerare così l’appassimento al sole, preservando l’aroma del vitigno.
“Assaggiare il risultato è stata un’emozione” ammette Arrighi, “probabilmente in passato questa tecnica si utilizzava per aiutare a conservare il vino allontanando l’ossidazione grazie all’azione del sale marino. Quello che abbiamo sperimentato è se c’è la possibilità di fare il vino con la presenza solo del sale marino, senza conservanti o lieviti selezionati e soprattutto senza solfiti: ci siamo arrivati ed è un vino diverso da tutti gli altri”.
Dagli abissi alle cime alpine, i circa 80 soci di Cave Mont Blanc raccolgono le loro uve in vigneti che si trovano tra i 900 e i 1.280 metri di quota ai piedi del Monte Bianco, in Valle d’Aosta. La coltivazione di questi vigneti – tra i più alti d’Europa – si estende fino ai comuni di Morgex e La Salle e da essi – a partire dalla varietà autoctona prié blanc, a bacca bianca e franca di piede – si ottiene il Valle d’Aosta Blanc de Morgex et de La Salle Doc.
“Abbiamo un clima rigido e delle altitudini che non sempre rendono semplice il lavoro. I cambiamenti climatici non ci stanno aiutando perché sta cambiando il vino e ogni anno c’è una vendemmia diversa”, spiega Nicolas Bovard, giovane presidente di Cave Mont Blanc. “La vendemmia si svolge prettamente in ginocchio perché abbiamo la pergola bassa”, aggiunge, “un sistema di allevamento che permette di lasciare l’uva vicino al terreno”.
Nata da neppure un anno, cresce, intanto, la rete di imprese nata attorno all’enologo Nicola Biasi, che mette insieme realtà – per ora – di Friuli, Veneto e Trentino accomunate dalla coltivazione di vitigni resistenti, noti anche come Piwi (dal tedesco pilzwiderstandfähige, ossia resistenti alle malattie fungine).
“L’obiettivo”, spiega Biasi, miglior giovane enologo d’Italia per Vinoway e Cult Oenologist 2021 per il Merano Wine Festival, “è quello di unire la concreta sostenibilità, di cui oggi si parla molto ma che spesso è poco misurabile, migliorare la qualità e andare in giro a promuovere questi vini che sono il futuro dell’enologia mondiale”. (m.sig.)
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