INFLUENCER (A SCROCCO), SERVONO DAVVERO? LE OPINIONI DI UN RISTORATORE, UN COMUNICATORE E UN GIORNALISTA

foto italianfoodacademy

PESCARA – Ancora una volta la notizia di una blogger/influencer che chiede di mangiare gratis in un ristorante, respinta dallo chef, diventa virale. Solo pochi giorni fa, Daniele Usai del ristorante stellato Il Tino a Fiumicino (Roma) ha rifiutato la proposta di una blogger di essere ospitata con un gruppetto di 5-7 persone nel ristorante stellato, in cambio di pubblicità gratis. Non solo, lo chef ha pure pubblicato la conversazione, evidenziando la scarsità dei follower di cui l’influencer godeva.

Un episodio, peraltro molto simile a quello che avvenne la scorsa estate a Gianni Dezio, lo chef metà abruzzese e metà venezuelano di Atri (Teramo), che ripropone lo spinoso tema della pubblicità che rischia di confondersi con la comunicazione e il giornalismo.

A primo impatto tutto potrebbe essere liquidato riaffermando che a differenza dell’ultimo, che è una professione con tanto di Ordine e leggi che la normano, quella dell’influencer è una figura nuova che non risponde a nulla e a nessuno, come peraltro dimostrano le inefficaci moral suasion dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato susseguitesi negli anni. Ma il discorso è ben più complesso, perciò Virtù Quotidiane ha voluto sentire il parere di un comunicatore specializzato nel settore enogastronomico, del presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo e di un ristoratore.

“Nel mio caso – ricorda Dezio – tutto l’approccio era stato squallido e strano. Il tipo di messaggio inviato, la richiesta per il ristorante ormai chiuso che evidenziava persino quanto poco fosse aggiornata. C’è però da dire che gli influencer ormai sono dei comunicatori, ed è assurdo non riconoscere la loro importanza attuale”. Quella dello chef, quindi, non è una chiusura alla categoria in toto: “È uno strumento e va saputo gestire. Bisogna capire quando c’è professionalità e non ne faccio una questione di numeri. Se però c’è ad esempio una filosofia comune tra il ristoratore e l’influencer, non vedo perché non prendere in considerazione la proposta”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Cinapri, che insieme a Raffaele Rotondo ha fondato Circle Food Communication, agenzia pescarese di marketing e comunicazione del food & beverage, ideatrice di format e rassegne enogastronomiche e che lavora proprio nella costruzione di brand identitari per le aziende e gli enti dei settori enogastronomici e dell’ospitalità.

“Da un lato credo che proprio per il potere di ‘influenza’ che queste figure esercitano sul grande pubblico, possono aiutare fortemente nella costruzione di un brand”, ragiona. Dall’altra parte, però, la modalità con cui questi pseudo influencer si immettono sul mercato è molto sbagliato. Una recensione da parte di un influencer sotto pagamento, perché la cena gratis è comunque una forma di pagamento, non può far altro che falsare la reale percezione dell’esperienza gastronomica”.

In altre parole, anche per Cinapri, è tutta una questione di professionalità. “La cena da sola gratis non serve a nulla, ma se si individua una figura con cui costruire un programma specifico di comunicazione, per mostrare il locale al grande pubblico, allora ha tutto un altro senso e da professionista della comunicazione, sarei il primo a consigliarlo ai miei clienti”.

Se nel caso specifico si parla di blogger e influencer, categoria nettamente distinta da quella dei giornalisti, che hanno un codice etico da rispettare che invece non hanno i primi, per il grande pubblico non sempre la distinzione appare così netta.

Eppure per codice deontologico, come ricorda il presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo, Stefano Pallotta, un giornalista non può in alcun modo accettare doni per svolgere la sua professione, al contrario degli influencer che con la dicitura (peraltro non sempre presente) “gifted by, fanno girare il proprio business e la propria recensione proprio attorno al regalo.

“La carta dei doveri del giornalista pone divieto di assoluto della commistione tra informazione e pubblicità, così come di ricevere un pranzo gratis o un regalo di ogni altro genere – rimarca Pallotta – . Non è possibile che l’autonomia del giornalista sia condizionata da benefit e regali. Un giornalista deve essere al di sopra di ogni condizionamento ed è evidente che il ruolo di influencer è in netto contrasto con il ruolo di giornalista. Quest’ultimo esercita il filtro critico e il dubbio metodico, e non può farsi influenzare da un pranzo. È una battaglia che dobbiamo fare per la sopravvivenza della nostra professione, affinché continui ad esistere una distinzione tra informazione e comunicazione, e dunque un filtro critico”. Gli influencer hanno vita a sé.

In questa occasione, infine, è giusto ricordare come Virtù Quotidiane sia tra i pochissimi quotidiani che esplicita quando un contenuto è a pagamento inserendo la dicitura “pubbliredazionale” in fondo all’articolo.

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