Cronaca 13 Feb 2023 18:53

LA LEZIONE DI SANGIORGI A PETTORANO: I VINI NATURALI CHE TI PARLANO

Sandro Sangiorgi

PETTORANO SUL GIZIO – L’io, rispetto a regole che tendono a ricondurre una serie di sensazioni che non possono che essere soggettive a degli standard e ad un linguaggio ben preciso. Può essere considerata una esortazione a sovvertire le regole a cui la formazione “convenzionale” ci ha abituato la lezione che Sandro Sangiorgi ha tenuto a Pettorano sul Gizio (L’Aquila) davanti ad una raccolta platea di addetti ai lavori e semplici appassionati del vino, naturale ma non solo, organizzata da Alessandro Calabretta del distributore Les Antidotes, nell’ambito di “Dumas. Il vino si racconta”.

Per lui, divulgatore ed enogastronomo di fama, “il vino più buono possibile è solo naturale, ma – ammette – gran parte del naturale non è affatto buono”. In ogni caso, occorre conoscerlo, scoprirlo e riscoprirlo, a partire dalla degustazione e dall’abbinamento con il cibo, su cui si sono concentrate le intense ore di lezione: lo stesso prodotto – ha spiegato Sangiorgi – può infatti apparire diverso se lo si assaggia al mattino, quando si è particolarmente attenti e si ha un approccio analitico, nel pomeriggio quando la visione è più d’insieme o la sera, quando si tende ad essere più comprensivi e quindi si rischia di esprimere giudizi più indulgenti.

Partendo da un’immancabile stoccata ai compagni di viaggio con cui poi le strade si sono divise – in cui ha ricordato come molti che fino ad allora definivano folcloristici o contadini i vini naturali, dalla metà degli anni Novanta, con l’affermarsi di questa filosofia iniziarono ad andare in giro con il cappello di paglia e a dire ai produttori di sporcarsi un po’ le mani – Sangiorgi si è detto convinto che “non esiste alternativa: il vino per essere buono può essere solo naturale”. Eppure “non esistendo certificazioni, a differenza del biologico, il disorientamento oggi prevale”, ha ammesso. Dunque, “non resta che l’assaggio”.

Ma non si può vivere solo di degustazione tecnica prescindendo dalla tavola, ragiona l’esperto. Per questo, a ben 8 referenze sono stati abbinati alcuni piatti del ristorante Il Torchio che ha ospitato la lezione. Senza esitazione si è passati dai bianchi ai rossi, per poi tornare indietro: un modo per Sangiorgi, per dimostrare come tutto sia relativo e dipenda da qualità e struttura del vino. “Il più delle volte i bianchi vanno serviti dopo i rossi”, ha anzi sostenuto, “in tutti i luoghi del mondo in cui si producono grandi rossi e grandi bianchi, prima si servono i rossi e poi i bianchi”. Questo perché “il bianco, non avendo una parte dei polifenoli, ha dimensione odorosa in bocca che condiziona il vino rosso”.

“Lo sforzo più grande è degustare, mettendoci tutto il nostro impegno e le nostre competenze”, ha ripetuto. “La soggettività ha un percorso auto-educativo, ciascuno di noi ha un percorso e per questo non funzionano i punteggi, le classifiche, i premi. Funziona solo il confronto tra persone che hanno bevuto gli stessi vini. La degustazione è come cucire una trapunta in cui l’impressione di uno e di un altro si incontrano”.

Schiettezza sembra essere il sostantivo più adatto a questi vini che nascono da una filosofia che prevede il massimo rispetto della materia prima a cui non vanno aggiunti additivi o coadiuvanti in vinificazione, maturazione e affinamento. Dal primo impatto con il naso fino alla fine della deglutizione, Sangiorgi esalta la “gradualità espressiva nel profumo, che non mi deve lusingare o colpire, tranne rari casi in cui è frutto di un vitigno che scatena una certa caratteristica odorosa”.

“Tra convenzionale e naturale la differenza è proprio nel livello di partecipazione”, ha fatto osservare, “il convenzionale si comporta come una mannequin, dove tu vedi solo il vestito. Vive nell’azione del suo lavoro ad una distanza, è un vino autoreferenziale, immaginate una mannequin che passa e fa una carezza, perde il lavoro subito! È fatto per stare sempre a una certa distanza, deve essere sempre un po’ trofeo, lui fa impressione senza mai scoprirsi perché la verità non viene rivelata”.

“Il vino naturale invece”, ragiona, “partecipa e dal punto di vista tattile inizia a parlarti. La partecipazione gustativa, che è forse l’elemento chiave per amare il vino, è come se lingua e vino trovassero un punto di fusione in cui entrambi si mettono un po’ in gioco. Si giocano così partite come quella dell’equilibrio, un proporzionato rapporto tra sostanze è indispensabile per considerare buono un vino. L’equilibrio è un traguardo”, avverte, “e non il minimo sindacale, come spesso accade nella compilazione delle schede, traguardo che si raggiunge nel vigneto e in cantina”.

L’ABBINAMENTO

Il ragionamento da cui è partita la lezione dal tema “Approccio al vino e primi rudimenti sul matrimonio con il cibo”, è che “i vini naturali hanno cambiato l’approccio nei confronti del cibo”.

Mutuando Luigi Veronelli, considerato tra le figure centrali nella valorizzazione e nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano, che teorizzava il fatto che il vino non va valutato giudicando singolarmente consistenza, colore o intensità, ma esprimendo una valutazione complessiva, secondo Sangiorgi “l’abbinamento funziona se io dopo aver unito cibo e vino compio la valutazione e mi piace ripetere quella combinazione”.

“La cucina ha conosciuto una trasformazione incredibile, si è imposto un diffuso alleggerimento dei tempi di cottura e della forza di alcuni ingredienti e si lavora di più sulla varietà delle consistenze. Ciò ha modificato la funzione del vino che deve seguire più spunti espressivi”, ha fatto osservare, “perché il vino è il servitore della tavola!”.

“A differenza del passato, quando si preferiva che un elemento uscisse brutalmente, oggi si cerca di più un equilibrio tra gli ingredienti. Le cotture sono cambiate, la pasta è cambiata. Il vino non può arrivare con la clava”, è il ragionamento di Sangiorgi, per il quale a questo punto “la soggettività diventa duplice, perché si uniscono i saperi sul vino, sul cibo e il background dall’infanzia”.

“Non esiste l’abbinamento perfetto”, ha precisato ribadendo l’importanza della soggettività. E sottolineando quanto sia importante la conoscenza, del vino più che del cibo: “Se non sai quanto tempo impiega ad attraversare la lingua, o come si comporta l’acidità in quell’annata – immaginate quindi quante varietà ci sono – non puoi abbinarlo”.

CONSIGLI E SCONSIGLI

Una cosa che non va premessa, perché per Sangiorgi è alla base di qualunque considerazione, è che qualunque valutazione è soggettiva – “Quello che senti c’è. Sangiorgi non può dirti quello che c’è e che non c’è” – e ciascuno decide cosa è meglio fare. La cosa che però sconsiglia è quella di ruotare il calice prima della degustazione e non disdegna chi beve prima di annusare – perché in fondo, nel cavo orale si attivano anche sentori odorosi.

Tra i consigli, quello di portare sempre con sé, in occasione di degustazioni, cracker o grissini perché lo stomaco è la prima cosa da proteggere. A tavola invece è importante ripetere gli assaggi perché alcuni abbinamenti possono partire incerti e quindi bisogna provare più volte.

Ci sono casi – come in quello della lezione a Pettorano – in cui due vini diventano complementari, quindi non è escluso che possano stare entrambi bene con lo stesso piatto.

Infine, non è mancata una raccomandazione a chiunque venda vino: “Deve assolutamente sapere cosa succede nella cantina e nel vigneto del prodotto che vende e deve impiegare parte consistente del suo tempo – quindi non il tempo libero – per incontrare i produttori e degustare, bisogna conoscere cosa c’è dentro la bottiglia per venderla!”. (m.sig.)


I VINI DEGUSTATI

Mise en bouche
Colfondo, Prosecco col fondo da Glera in purezza, di Masot Sàrmede TV

Terre di Conventazzo, Terre siciliane IGT, Nero D’avola, 2015, Giovanni Sallemi
Nero d’Avola, 2016, Barraco
A Evelyn, Verdicchio di Matelica IGT, 2020, Collezione winecolors
Malvasia delle Lipari, 2020, Az. Agr. Ancestrale
31 mesi, Pinot Meunier, 2018, Gigi Ravarini
Equilibre, Extra Brut (6 g/l), Pinot Meunier 40%, Pn 30% , Chardonnay 30%
A Rossodamare, Montepulciano, 2018, MaCalin
Montepulciano, 2018, Emidio Pepe

Vino a Sorpresa: Il Monte Caro, Amarone della Valpolicella Docg

LE FOTO

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