NUOVO PIANO FAUNISTICO, IN COMMISSIONE REGIONALE LE OSSERVAZIONI DEI CINGHIALAI

L’AQUILA – “Abbiamo smontato la richiesta avanzata dell’Atc chietino lancianese che ha lanciato la proposta di portare le squadre a 30 unità con l’accorpamento delle zone di cui non si capisce la differenza, visto che il rapporto superficie cacciatore non cambia, anzi, peggiora la possibilità di abbattere il cinghiale. Anche le tesi sostenute da alcuni tecnici sui feromoni delle matriarche che controllano la fecondità delle piccole scrofe dovuto all’abbattimento di esse in braccata sono state smontate”.
Lo afferma in una nota Dino Rossi, portavoce del Comitato spontaneo degli allevatori Cospa, che ha partecipato all’audizione in III Commissione Agricoltura del Consiglio regionale dell’Abruzzo impegnata a discutere del nuovo Piano faunistico venatorio dove, insieme ad altri capisquadra cinghialai ha presentato una serie di osservazioni (indicate integralmente sotto) e “significativi chiarimenti sulla caccia al cinghiale e sulla destrutturazioni dei branchi”.
“Purtroppo chi non vive il territorio ed è chino sulla cattedra ignora la realtà”, aggiunge Rossi, “che è molto diversa da quella che possa acquisire sui libri scientifici magari anch’essi redatti in una stanza buia con una lampadina da 25 watt. La realtà è molto diversa: i cinghiali si sono incrociati con i maiali allo stato brado, vedi lago di Campotosto, e si è divenuti ad una razza ibrida che ha portato le femmine a partorire anche tra volte l’anno con condizioni climatiche e alimentari favorevoli”.
“Quando agli inizi si parlava di selezione, io personalmente pensavo alla selezione della razza al fine di riportare alla specie originale del cinghiale visto che ormai assomigliano più ai maiali – prosegue Dino Rossi – . È bene far notare che la maggior parte delle matriarche viene abbattuta in selezione, visto che l’attività di selecontrollo viene fatta quando la vegetazione è alta e difficilmente si notano gli animali più piccoli, quindi la destrutturazione del branco che molti attribuiscono alla caccia tradizionale fatta con i cani da seguita svanisce tutta questa montatura, atto a sponsorizzare la caccia di selezione per salvaguardare chi programma e gestisce i corsi di formazione”.
“Si seguita a fare tutti i tipi di caccia fuori delle aree protette e non nei Parchi dove esiste il problema della proliferazione dei cinghiali, dove dovrebbero attivare il prelievo con la caccia di selezione visto che sono stati individuati dalla forestale i punti di sparo, ma si preferisce catturare gli animali con le gabbie e venderli alle riserve private in toscana invece di favorire il turismo venatorio nelle nostre zone”.
“Il controllo fatto dalla polizia provinciale”, continua Rossi, “non ha portato nessun risultato e sarebbe opportuno rivedere gli interventi sul territorio. Infine, abbiamo sponsorizzato la nostra braccata abruzzese, un metodo di caccia non impattante per l’orso marsicano visto che questo simpatico animale si è spostato proprio nelle arre dove viene praticata la braccata abruzzese, magari utilizzando la galleria e la funivia realizzate abusivamente nei Sic quando è finito il turismo estivo e nessuno più li alimenta per tenerli dentro i centri abitati per attirare la curiosità dei villeggianti con gli infradito”.
“La caccia è un’attività importate per il controllo della fauna selvatica e la tutela dell’agricoltura e muove un’economia importante sul territorio con altrettanto indotto, ma ci si schiera sempre contro per sensibilizzare l’opinione pubblica”, aggiunge il portavoce del Cospa.
“Per migliorare l’efficacia della braccata abruzzese e per ottenere risultati eccellenti, la battuta deve avere inizio come tutte le altre forme di caccia e non aspettare le 9 quando i cinghiali sono rientrati nelle aree protette ormai sazi dei campi agricoli devastati, facendo un ruttino alla faccia di chi ha coltivato!”.
“Le nostre osservazioni raccolte sul territorio e firmate da oltre 90 squadre abruzzesi hanno suscitato interesse nella Commissione e sono state recepite dall’assessore all’agricoltura Emanuele Imprudente che ha detto pubblicamente di calare le nostre richieste sul Piano e sul nuovo regolamento”.
I PUNTI SOTTOSCRITTI DALLE SQUADRE ABRUZZESI
– Non si condivide l’attribuzione delle “Aree Non vocate” così come riportata nella cartina del Par. 8.17 (Figura 143 Pag. 262) e si propone di individuare una “fascia a bassa vocazione”, con la possibilità di esercitare la caccia in braccata.
– Si richiede, pertanto, di:
– Eliminare la dicitura riportata a pag. 263 “con particolare riferimento alla girata e alla caccia di selezione” e anche la parte “Nelle aree non vocate la caccia collettiva in braccata non sarà, comunque, consentita ad una distanza inferiore di 500 metri lineari dai confini dei Parchi Nazionali, dai Parchi Naturali Regionali, dalle Riserve Naturali Regionali, dalle Oasi di protezione e dalle Zone ripopolamento e cattura”;
– Introdurre forme di prelievo anche per gli altri ungulati (cervo e capriolo), le quali specie hanno iniziato a produrre danni ingenti all’agricoltura e numerosi incidenti stradali;
– Applicare all’interno delle aree protette, forme di prelievo selettivo da postazione fissa o con la tecnica della girata, seguendo le “Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” redatte dall’ISPRA per conto del Ministero dell’Ambiente, e già inserite nei Piani di gestione del cinghiale anche dei nostri Parchi Nazionali (vedasi Piano di gestione del cinghiale nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga annualita’ 2019 – 2021 ad oggi mai applicato).
– Valorizzare il metodo di caccia in braccata “Abruzzese” che non ha nulla a che vedere con la braccata tipica toscana, in quanto molto meno invasiva, non prevedendo l’impiego di battitori e decine di mute di cani, ma solo postaioli e al massimo 8 cani. Questa tipologia di braccata si è dimostrata nel corso degli anni del tutto rispettosa, in termini di convivenza, verso le altre specie di ungulati e dell’orso, che hanno visto la loro diffusione proprio in quelle aree dove fino ad oggi si è svolta la braccata Abruzzese.
– Prevedere miglioramenti ambientali, incentivando colture a perdere nell’area montana o a bassissima coltivazione al fine di proteggere e ridurre i danni alle coltivazioni pregiate.
B-Riguardo al Regolamento e al Calendario Venatorio si richiede di:
– Accorpare il periodo di caccia al cinghiale all’apertura delle altre specie stanziali, che è consentita nell’arco temporale compreso tra il primo ottobre ed il 31 dicembre, con la possibilità, in caso di eventuali interruzioni dell’esercizio
venatorio a causa delle avverse condizioni atmosferiche (come previsto dall’art. 21, comma 1 lettera m della Legge n. 157/1992), di recuperare le eventuali giornate di interruzione entro il 31 gennaio, per un numero massimo di giornate di caccia pari a quelle non fruite. (vedasi C.V dell’Emilia Romagna 2020/2021).
– Rispristinare, per quanto riguarda la caccia al cinghiale, gli stessi orari stabiliti per le altre specie: un’ora prima del sorgere del sole e un’ora dopo il tramonto, come previsto per la caccia di selezione. Tale necessità si ravvisa soprattutto nelle zone di caccia a ridosso delle aree protette dove i cinghiali all’alba, disturbati dai cacciatori non cinghialai, trovano rifugio, non consentendo il loro abbattimento;
– Lasciare i perimetri delle zone assegnate cosi come già esistono (aiuterebbe a non creare conflitti tra i cacciatori);
– Prevedere per la polizia provinciale o le GGVVVV, riguardo al selecontrollo, che intervengano esclusivamente sui terreni e/o particelle segnalati da chi ne fa richiesta;
– Prevedere la possibilità di collaborazione tra il selecontrollore abilitato e un’azienda limitrofa ai terreni di cui sopra, che possiede regolare partita IVA, onde evitare danni causati dagli ungulati;
– Dare la possibilità, qualora se ne ravveda la necessità al fine di contenere i danni, di intervenire direttamente nelle proprie zone con la tecnica della girata, alle squadre con zona assegnata, che sono in possesso del cane limiere e delle relative figure abilitate per la caccia in girata come forma di caccia selettiva;
– Consentire alle squadre di avere “ospiti” fino al 50% dei componenti della squadra ospitante;
– Dare facoltà al caposquadra di ospitare anche un’altra squadra all’interno della zona assegnata alla propria, e sarà sua cura redigere il relativo verbale di battuta;
– Prevedere, onde evitare il proliferare di squadre “occupanti” e non attive, che la composizione delle squadre sia portata ad un minimo di 20 (venti) iscritti, con la possibilità di esercitare la battuta in presenza di almeno 5 partecipanti oltre il caposquadra. Inoltre, ai componenti di ciascuna squadra, per tutto il periodo di apertura della caccia al cinghiale, non dovrebbe essere consentito di praticare, all’interno della zona assegnata, altre tipologie di caccia al di fuori di quella al cinghiale;
– Consentire l’invio del verbale di battuta entro le 12:00 su un portale informatico e/o mediante un’attività di monitoraggio sui capi abbattuti, prevedendo la consegna agli Enti preposti al controllo sanitario, non solo del diaframma ma anche della punta della lingua, per tutti i capi abbattuti sia con forme selettive che in braccata.
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