OLIO, ITALIA DA PRIMATO PER PRODUZIONE MA IN TRENT’ANNI -36%
PARMA – L’Italia è seconda al mondo per produzione ed esportazioni di olio d’oliva e prima per consumo pro-capite. È quanto evidenziato dallo studio di The European House-Ambrosetti, presentato in collaborazione con Monini Spa a Cibus Forum, in corso a Fiere di Parma.
Eppure, evidenzia l’analisi, il calo della produzione rispetto al 1990 (-36%) testimonia alcuni importanti limiti strutturali e organizzativi alla competitività della nostra filiera, oltre che di una scarsa percezione del valore del prodotto da parte dei consumatori. Il settore olivicolo-oleario, secondo gli analisti, “presenta una distribuzione disomogenea del valore generato tra i suoi attori e, la maggior parte delle imprese, registrano una marginalità ridotta. Ciò è particolarmente evidente nell’olivicoltura, troppo votata ad un approccio tradizionale poco meccanizzato, ma anche nella prima trasformazione, spesso orientata a massimizzare i profitti concentrandosi più sui volumi che sulla qualità, e nell’imbottigliamento, la cui attività è fortemente influenza dalla competizione sui prezzi”.
Ciononostante una coltura così tradizionale come l’olivicoltura ha tutte le carte in regole per cogliere la sfida ambientale generando diversi impatti positivi sull’ambiente naturale e sul territorio in cui si colloca. La pianta d’olivo è infatti in grado di sequestrare CO2 dall’atmosfera stoccando carbonio nel terreno in quantità tali da avvicinare la filiera ad azzerare le proprie emissioni complessive. Si tratta di una coltivazione con un fabbisogno idrico ridotto, capace di adattarsi all’interno di ecosistemi molto diversi e che costituisce un patrimonio sociale, culturale e turistico di grande valore per le aree geografiche votate alla produzione di oro verde.
I risultati economici della filiera, evidenzia lo studio Ambrosetti illustrato a Cibus Forum, dipendono specialmente dalle performance del segmento industriale che contribuisce al 70% del fatturato, traendo vantaggio anche dalla capacità di valorizzare diversi prodotti e sottoprodotti, dalle olive da tavola alla sansa e i suoi lavorati.
E dal congresso dell’industria alimentare nascono sei proposte per il rilancio: promuovere un sistema agricolo a più olivicolture, ampliando le superfici esistenti e convertendo, da tradizionali a intensivi, gli oliveti privi di un ruolo multifunzionale. Favorire la creazione di sinergie tra università, organizzazioni di produttori e imprese della filiera per stimolare l’imprenditorialità attraverso la formazione e l’assistenza tecnica.
Terza proposta: pagare il giusto prezzo a tutti gli attori della filiera per aumentare la redditività delle imprese e favorire gli investimenti. Ridurre gli impatti ambientali delle attività produttive attraverso l’adozione di pratiche sostenibili da parte di tutti gli attori della filiera, allo scopo di tutelare l’ambiente e di aumentare il valore del prodotto percepito dal mercato.
Fare educazione alimentare sul valore nutrizionale dell’olio d’oliva attraverso un ampio coinvolgimento degli attori chiave interessati mediante la combinazione di attività formative e divulgative, allo scopo di consolidare la percezione dell’olio extra vergine d’oliva come un prodotto sano e nutraceutico.
Promuovere la certificazione di un olio extra vergine premium che assicuri un prodotto di alta qualità, nutraceutico e sostenibile, per superare le asimmetrie informative presenti sul mercato, aumentando il valore percepito e accompagnando il cliente verso un consumo più responsabile.
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