BIRRA AGRICOLA E ARTIGIANALE ABRUZZESE, IN ARRIVO MARCHIO DI QUALITÀ IDENTIFICATIVO DEL TERRITORIO

PESCARA – Coni di luppolo abruzzese come il malto coltivato nella stessa azienda, e acqua di sorgente, del Vitello d’Oro. Abbastanza per una birra agricola ricca e rustica di carattere, abruzzese insomma. Filiera autoctona dal campo al boccale di birra, un sogno diventato realtà riconosciuta in un lembo d’Abruzzo tra le terre del Cerrano e che potrebbe, ripetuto, risollevare le sorti economiche di diversi altri areali – interni e marginali – alle falde delle montagne abruzzesi.
L’Abruzzo interno sotto i 1.200 metri di altitudine – almeno il novanta per cento del territorio – risulta infatti altamente vocato alla coltivazione del luppolo, pianta officinale tutta da scoprire per le spiccate proprietà antiossidanti e per le sorprendenti potenzialità di applicazione in campo funzionale nutraceutico e cosmetico, oltre che nell’agroalimentare.
Le condizioni ideali di coltivazione della verde liana sono date dai terreni misti di collina, abbondante e necessaria esposizione alla luce, disponibilità di spazio tra una pianta e l’altra, e quindi un clima umido, ovvero non asciutto, ma piovoso. Che con l’incombente siccità parrebbe subito una scommessa. Ma paradossalmente, può rivelarsi condizione favorevole per le coltivazioni in regime bio: il clima secco non favorisce l’attecchimento di malattie fungine e tiene lontani eventuali trattamenti alle piante. Per tutto il resto vale il mantra di ogni ispirato beer farmer, “coltivare speranza, coraggio e innovazione”. Lo ha raccontato a Fermenti d’Abruzzo, fiera delle birre artigianali abruzzesi che si è chiusa domenica scorsa al porto turistico Marina di Pescara, Antonio Ferretti, atriano, dottore in agraria e mastro birraio Oscar green 2017 con l’agricola Babilhop, unica produzione abruzzese di luppolo, sulla collina di Atri, history case di filiera nostrana.
A instillare nuova intraprendenza agricola e commerciale tra i giovani che puntano a un futuro più verde, autosufficiente e competitivo, pare pensare concretamente la Regione Abruzzo con il suo assessorato all’agricoltura che sta per licenziare l’adesione al disciplinare per l’identificazione e valorizzazione della birra agricola e artigianale prodotta sul territorio. Passaggio che segue l’approvazione del Daq (Distretto agroalimentare di qualità) cereali, segmento dell’agroalimentare abruzzese ancora scoperto eppure base sostanziale della filiera brassicola, come ha ricordato Tito Cieri del Dipartimento regionale agricoltura.
“Un salto di qualità importantissimo per l’introduzione di un marchio di qualità regionale registrato, un modo per favorire il riconoscimento territoriale del prodotto e dei produttori e conseguente accesso a finanziamenti e nuovi investimenti nel settore”.
L’annuncio delle nuove misure del Psr è arrivato dalla diretta voce di tecnici e funzionari del gruppo di lavoro composto da Polo Agire e Università di Teramo con la facoltà di bioscienze-progetto Polis (Piante officinali luppolo innovazione e sviluppo), in collaborazione con Regione Abruzzo e Camera di commercio Chieti Pescara, tutti invitati dalla direzione del Marina di Pescara per una riflessione tecnica su prospettive e opportunità di creare una filiera del luppolo in Abruzzo.
Il meeting a conclusione dell’edizione numero 7 di Fermenti d’Abruzzo, festival dedicato al movimento della birra artigianale abruzzese, una realtà in gran fermento, qualità riconosciuta rappresentata in fiera da circa la metà della sua eclettica comunità di micro birrifici e beerfirm. Un fenomeno la cui crescita decisamente vivace e promettente non sfugge alla critica più autorevole.
“L’Abruzzo rappresenta un punto di riferimento nel comparto della birra artigianale italiana, destinato a crescere. Un concentrato di intelligenze che sanno raccontare la ricca biodiversità del territorio” ha riconosciuto il curatore delle guide gastronomiche di Slow Food editore, Eugenio Signoroni, intervenuto alla serata di apertura di Fermenti per la consegna dei riconoscimenti della Guida alle Birre d’Italia 2023.
Un mondo giovane e in grande rivoluzione che nelle cinque serate ha dato un variegato assaggio del suo potenziale, settanta produzioni da quattordici birrifici presenti (trentatré attualmente esistenti in regione), colori, stili e sapori uguali a nessuno, dove il terroir della birra è il birraio stesso (cit.) e dove la libertà di espressione è condizione indispensabile, propulsiva.
“Importantissimo perciò imparare a fare gruppo e lavorare insieme, superare la frammentarietà delle aziende agricole, strutturarsi nella multidisciplinarietà” si è sottolineato al convegno.
“Ricerca agricola e business sono filiere che devono cooperare, creare un legame stretto col territorio, è la possibilità di essere sostenibili economicamente”.
Questa l’esortazione consegnata a fine lavori, nuovo obiettivo far sì che l’esempio della l’azienda Babilhop sulle colline teramane non resti ancora il solo caso studio da vantare in regione. Agroalimentare vuol dire agroindustria, è saper coniugare agricoltura e sviluppo economico. I numeri della produzione nazionale di luppolo sono ancora piccoli, soprattutto nelle regioni del centro, ma il cambio di passo prospettato da una filiera autoctona farebbe la differenza.
“Per l’Abruzzo un ritorno di immagine anche all’estero dove la domanda di mercato è crescente” chiude Carlo Paolini, coordinatore dei laboratori di degustazione a cura di Unionbirrai beer tasters sezione Abruzzo, che hanno accompagnato tutte le serate di Fermenti d’Abruzzo.
Sostieni Virtù Quotidiane
Puoi sostenere l'informazione indipendente del nostro giornale donando un contributo libero.
Cliccando su "Donazione" sosterrai gli articoli, gli approfondimenti e le inchieste dei giornalisti e delle giornaliste di Virtù Quotidiane, aiutandoci a raccontare tutti i giorni il territorio e le persone che lo abitano.