Il Frontone di Cataldi Madonna, chi l’ha detto che la riscoperta del Pecorino si deve alle Marche?

OFENA – “L’azienda Cocci Grifoni ha riscoperto il pecorino e io l’ho battezzato!”. Parola di Luigi Cataldi Madonna, dell’omonima cantina di Ofena (L’Aquila) che dal 2019 guida la figlia Giulia (nella foto di copertina) dopo il terzo passaggio generazionale dell’azienda nata all’inizio del secolo scorso.
“Nel 1990 andai in Friuli, alla Rauscedo, per assaggiare in microvinificazione un vino autoctono che potesse essere alternativo al trebbiano”, racconta il professore. “Tra tutti mi colpì il pecorino. Un amore a prima vista non tanto per il vino (un’esplosione di acidità indecifrabile sebbene subito intrigante), ma proprio per il nome che mi evocava tante cose belle. Su quel nome ho puntato tutto fin dal primo momento. Immediatamente, nei giorni dell’impianto, mi attivai per ottenere una Igt che consentisse l’uso del nome in etichetta e fu così che nacque l’Igt Alto Tirino, oggi travasata nella Igt Terre aquilane purtroppo più estesa ma comunque poco affollata. Così il nome pecorino uscì per la prima volta su un’etichetta frontale. Non sapevo che il vitigno era stato riscoperto da Cocci Grifoni che lo aveva imbottigliato proprio in quel 1990 con il nome Collevecchio, ma potendo rivendicare il nome solo in controetichetta per mancanza di apposita Igt”.
“Peccato non avere avuto rapporti in quei primi anni con l’azienda picena: avrei potuto accelerare la mia conoscenza di questo vitigno antico e però ignoto”, riflette Cataldi. “Per me negli anni Novanta usare il nome Pecorino significava anche protestare contro un’eccessiva enfatizzazione enologica, contro un vino che stava diventando sempre più pesante, sia dal punto di vista organolettico che intellettuale, e sempre più lontano dal mondo semplice, fatto di operai e di barilotti, che avevo visto nelle foto anteguerra di mio nonno. La nobilitazione in corso escludeva destinatari importanti e i giovani facevano parte degli esclusi”.
Presentato all’ultimo Vinitaly, il Pecorino Frontone ha fatto discutere dopo un’intervista rilasciata a Virtù Quotidiane proprio da Giulia che ha innescato polemiche per averlo presentato come il primo vigneto di questa varietà piantato in Abruzzo.
Il Pecorino Frontone deriva esclusivamente dal primo impianto del 1990, contrassegnato appunto dal nome catastale Frontone. Il vigneto è di 8.000 mq con 2mila ceppi. “Dopo diverse disavventure agronomiche, dovute in gran parte all’ignoranza del vitigno, sono riuscito a imbottigliare l’annata 1996 (2.000 bottiglie) con acidità 9 grammi per litro, caratteristica piacevole per chi come me ama la Lemonsoda ma allora sgradita a molti”, rileva Cataldi. “Un vino nuovo, troppo nuovo per i tempi”.
“L’altalena dei giudizi mi rese insicuro e cominciai a fare prove diverse in campagna e in cantina: vendemmia tardiva, fermentazione in legno, fermentazione malolattica… con scarso successo”, ricorda il professore. “Prima dell’annata 2005 non eravamo riusciti a trovare la formula giusta per una gestione vitivinicola soddisfacente, e i dubbi sulla scelta del vitigno aumentavano. Tra l’altro la scarsa quantità delle uve non permetteva prove affidabili. Nell’annata 2005 insieme a Lorenzo Landi, arrivato in azienda due anni prima, lavorammo su due ipotesi che poi sono state confermate: il pecorino è un vitigno aromatico ma con aromaticità facilmente volatilizzabile ed è un vino geneticamente acido. Se non si rispettano queste due caratteristiche il risultato può essere un buon vino ma non un buon pecorino”.
“Nel 1996 avevo seguito inconsapevolmente, e solo parzialmente, questi principi, infatti è l’annata per molti versi più vicina a quelle del periodo 2005/2013. Le annate 1997/2004 avevano imboccato una strada sbagliata: non mi stavo preoccupando dell’instabilità aromatica e cercavo di abbassare l’acidità. Questo significava snaturare il pecorino che, invece, proprio per la sua sfacciata acidità è diventato un simbolo del cambio di bevuta in corso in questi anni: freschezza contro calore”.
“Noi puntiamo alla freschezza già in campagna: la nostra strategia attuale si basa principalmente sul non defogliare e vinificare in riduzione”, spiega il professore. “Nel 2007 l’arrivo delle uve dei nuovi impianti ci ha permesso di vinificare di nuovo in purezza le uve del primo impianto, ubicato in zona Frontone”.
“Abbiamo ripetuto la prova per altre due vendemmie e il Frontone annichiliva il pecorino dei nuovi impianti, così decidemmo di imbottigliarlo da solo. Negli anni successivi diverse ragioni (terremoto, gelate, qualità o quantità) hanno ritardato la realizzazione del progetto”.
Il primo Frontone è uscito nel 2013, “con una freschezza inaspettata per il suo anno di nascita”. Si è dovuto attendere il 2022 per la seconda vendemmia, che i Cataldi subordinano sempre alle qualità delle uve. (m.sig.)
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