Merano WineFestival 10 Nov 2024 19:14

L’epopea della Franciacorta raccontata dai protagonisti. Zanella-Moretti a confronto al Merano Wine Festival

MERANO – Alla 33esima edizione, Merano Wine Festival si rivela sempre occasione di degustazioni esclusive a stretto contatto con i protagonisti dell’enologia italiana e internazionale. Come è stato, quest’anno, con l’incontro “Intrecci di vite” dedicato alla Franciacorta con due dei principali protagonisti, Maurizio Zanella e Vittorio Moretti, per Cà del Bosco e Bellavista, le due aziende più rappresentative.

Al castello principesco, stimolati da Oscar Farinetti, i due hanno ripercorso quella che è un’autentica epopea: un’area, quella della provincia di Brescia, capace – per dirla con le parole del moderatore – da ultima di diventare prima. Un’impresa straordinaria compiuta da uomini come Moretti che, manovale nei cantieri di Milano, inizia “nel 1967 con un milione di lire di debiti” come ha ricordato, “ma all’epoca avevamo un grande vantaggio, le cambiali”.

La svolta arriva nel 1971 quando inizia a produrre prefabriccati industriali che gli consentono nel giro di pochi anni di accumulare ingenti profitti tanto che “nel 1975 ero già ricco e avevo cento dipendenti”. Decide così di diversificare l’impegno imprenditoriale, nel 1977 nasce Bellavista e c’è la prima vendemmia. Provvidenziale sarà l’incontro con Mattia Vezzola, avvenuto nel 1979, che contribuirà a far emergere quella che diventerà una delle più importanti realtà della spumantistica italiana.

Ironia della sorte, sarà l’impresa di Moretti a ristrutturare la cantina di Cà del Bosco, che era nata nel 1964 quando la madre di Zanella acquistò una piccola casa in collina con due ettari di terreno ad Erbusco (Brescia) coronando un sogno a lungo inseguito.

“Era un momento di ostentata esterofilia”, ha raccontato Zanella, presidente dell’azienda che dal 1994 è parte del Gruppo Santa Margherita, “per cui si beveva Champagne” e lo faceva anche chi non capiva molto di vino. Era uno status symbol e stappare costose bollicine francesi, soprattutto per la classe imprenditoriale era diventata consuetudine negli anni del boom economico. “Berlucchi ha il merito di aver infranto questa abitudine”, ha rilevato Zanella.

Si era all’inizio e anche trovare un enologo non era facile, il padre di Cà del Bosco ricorda di averlo cercato dappertutto “ma non ce n’era uno che sapesse di bollicine. Siamo stati costretti ad andare in Champagne”.

A questo punto arriva la prima “lezione” dai pionieri della spumantizzazione italiana: “Franciacorta è nata per emulazione”, hanno condiviso i due produttori, convinti del fatto che copiare sia importante pur senza rinunciare a una propria idea.

“Ogni territorio ha caratteristiche diverse quindi è difficile essere un modello, possiamo dire che Franciacorta ha dato delle linee che possono essere riprodotte dove c’è una unità di visione e intenti”, ha detto Zanella. “Noi abbiamo copiato, però mai cercando di fare un prodotto simile ma creando una autonomia produttiva e qualitativa immediata. Il fatto che in Franciacorta il dosaggio sia minimale, ad esempio, già dimostra una differenza abissale con lo Champagne. Questa è la forza di Franciacorta, un vino completamente diverso ma che non ha nessun timore reverenziale di un vino e un territorio che hanno 250 anni in più”.

“Il mio è partito come gioco ed è diventata un’azienda straordinaria che ci sta dando soddisfazioni importanti, questo è merito dell’imprenditorialità di un po’ tutta la Franciacorta. Noi continuiamo su questa strada, i nostri figli sono convinti di questo”, ha raccontato Moretti. Ai giovani, però, da entrambi i produttori, è arrivata una stoccata: la nuova generazione si ritrova una fortuna che non ha costruito e forse ne è poco consapevole.

Doc dal 1967, Franciacorta nel 1995 è diventato il primo vino italiano prodotto con il metodo della rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto la docg. Oggi sulle etichette si legge “Franciacorta”, un unico termine che definisce territorio, metodo di produzione e vino. (m.sig.)


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