Diego Vitagliano: “Il successo non mi ha cambiato. La mia pizza non ha mai dimenticato le sue origini popolari”

PESCARA – Neanche il rischio eruzione dei Campi Flegrei ha intaccato la serenità di Diego Vitagliano (nella foto di copertina insieme a Vincenzo Esposito, di pizzeria Carmnella dove mosse i primi passi), napoletano doc, classe 1985, talentuoso maestro degli impasti, uno dei migliori interpreti della pizza Patrimonio Unesco, arte che esporta con orgoglio anche nel mondo.
Sotto il vulcano Solfatara, davanti al Golfo di Napoli, Diego abita con la sua famiglia, Pozzuoli è la sua terra del cuore e da lì non si schioda. Da quel lungomare è cominciato il suo sogno, l’apertura della sua prima pizzeria nel 2016 e prima, ancora ragazzino, posto da lavapiatti e consegne in motorino dalla pizzeria Carmnella alle case nuove alla Ferrovia, a Napoli. Oggi è il nuovo re della pizza napoletana, a capo di (finora) 5 insegne con il suo nome. Tre in Campania – a Bagnoli, Pozzuoli e, proprio da ieri, a Napoli nell’antico borgo Santa Lucia – una a Doha, in Qatar, e una nella Capitale.
Diego Vitagliano, che sensazione dà essere al top delle classifiche con tre Spicchi Gambero Rosso e numero 1 ex aequo con I Masanielli di Francesco Martucci a Caserta nel ranking nazionale e mondiale di 50 Top Pizza?
È un premio al grande lavoro fatto in questi anni insieme con i miei ragazzi , grandissima soddisfazione per tutti noi ma soprattutto una spinta a fare meglio: restare popolari pur alzando l’asticella. Nella mia visione la pizzeria deve essere un posto per tutti.
Dalla prima insegna sul lungomare di Pozzuoli all’incoronazione mondiale sul podio di 50 Top Pizza World 2022, quanto è stato difficile emergere? E come, se, l’ex scugnizzo che consegnava pizze in motorino, è cambiato?
Effettivamente non è stato facile, in Campania sono molte le pizzerie che hanno fatto storia, bisognava dare qualcosa di diverso. Difficile è stato soprattutto cucire un progetto su misura. Ho cominciato facendo la gavetta vera e poi ho studiato tantissimo, digeribilità, impasti, topping golosi e di altissima qualità ma che non si avvicinassero troppo alla cucina di un ristorante, tenendo sempre a mente che la nostra è una pizzeria. Per creare tutto questo devi essere anche, soprattutto, un bravo imprenditore. Umanamente sono rimasto lo stesso, è importante restare con i piedi ben piantati a terra, avere grandissima umiltà ed essere consapevoli che c’è chi sa di più di te, il confronto è fondamentale tanto più per chi ha successo.
La pizza, icona di italianità nel mondo, è nuova protagonista della ristorazione d’autore. Come la vede?
La mia pizza non ha mai dimenticato le sue origini, è la pizza dello scugnizzo, quello che sono stato da ragazzino e che ancora oggi mi identifica, una pizza napoletana col bordo poco più alto ma non “a canotto”, definizione che non amo.
Cosa di più la emoziona del successo che sta vivendo in prima persona?
Amo la panificazione e soprattutto amo stare in laboratorio con i miei ragazzi, un centinaio in totale fra le mie tre insegne in Campania. Amo sperimentare insieme, è proprio questo che mi diverte. Adesso, periodo di panettoni, sono l’unico pizzaiolo napoletano che ogni giorno sforna circa duemila panettoni artigianali solo con lievito madre, mi diverto così.
L’arte della pizza mai così celebrata come oggi. Nei locali più osannati liste di attesa e prenotazioni anche con mesi in anticipo, pizzaioli come pop star e sfida all’ultimo selfie. Non si rischia di far dimenticare il senso più vero dell’arte del pizzaiuolo napoletano non a caso riconosciuta Bene Immateriale Unesco?
Ho la mia idea in proposito, moltissimi colleghi comunicano male. Ok social e selfie ma io personalmente li utilizzo molto per comunicare il mio lavoro ma in modo sano, non per raccontare la mia vita privata, per quello ho un altro profilo dove mi diverto sempre con eleganza.
Consiglio ai giovani che scelgono questo mestiere e aspirano a entrare nella sua grande squadra?
Lasciar perdere i social in ogni forma perchè non portano a costruire un’immagine professionale. Consiglio di entrare in un progetto serio e fare tantissima gavetta.
Come si fanno quadrare i conti alzando l’asticella pur restando popolari nella proposta?
La pizza più cara del mio menu costa 13 euro e prevede topping con carpacci di pesce, o di manzo, oppure con tartufo e porcini. Ogni mese dai nostri uffici amministrativi riceviamo le linee guida sul food cost e cerchiamo di non sbagliare nel contenere i costi, filiera molto corta anche per fare rete con i tanti piccoli produttori del territorio.
Dopo l’approdo nella mecca di Doha dove ancora esporterà la sua pizza?
Per il momento sono concentrato sull’apertura a Napoli-Santa Lucia e non penso ad altro. Ad ogni modo amo Madrid e se dovessi aprire fuori dall’Italia, sarà lì.
Nelle sue recenti trasferte in Abruzzo ha individuato qualche prodotto più interessante?
Non ho adottato prodotti abruzzesi ma ho amato in modo particolare le Sise de Monache di Guardiagrele, e ho molto apprezzato le olive ripiene fritte…
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