Ristoranti e insegne 05 Mag 2025 12:28

“Al Faro Verde” di Porticello: tra le reti del borgo marinaro, la cucina identitaria dello chef Balistreri

“Al Faro Verde” di Porticello: tra le reti del borgo marinaro, la cucina identitaria dello chef Balistreri
Maurizio Balistreri

SANTA FLAVIA – “Non amo la parola chef. Sono un cuoco, artigiano del gusto”. Lo dice con voce bassa, quasi a volerlo sussurrare più che dichiarare. Maurizio Balistreri non ha bisogno di alzare la voce: lo raccontano i suoi piatti, la sua storia, il suo modo di stare in cucina. Il suo ristorante Al Faro Verde, gestito insieme alla sua famiglia, a Porticello, borgo marinaro tra i più vivi e autentici della costa siciliana (in provincia di Palermo) vicino alla baia di Santa Nicolicchia, è un luogo dove il mare non è solo panorama, ma ingrediente quotidiano.

Il locale fu fondato nel 1978 dal padre Benito Balistreri, prima pescatore poi commerciante di pesce ed infine ristoratore, diventato volto noto della ristorazione siciliana, che riuscì nell’impresa di trasformare una semplice trattoria di porto in un punto di riferimento per l’autentica cucina di mare.

La storica insegna custodisce una tradizione che non ha mai smesso di rinnovarsi. Oggi Maurizio ha preso il timone della cucina e continua a portare avanti la rotta con rispetto per le radici, ma anche con uno sguardo curioso verso il futuro.

La sua è una cucina territoriale e d’identità, fatta di crudi di pesce appena sfilettati, fritture dorate e leggere, primi piatti che profumano di mare, ortaggi di stagione, erbette aromatiche, agrumi. Il pescato del giorno detta il menù, come si faceva una volta. Il piatto arriva in tavola con un’eleganza mai ostentata, e racconta storie di notti passate in mare, di reti tirate a mano, di mani che sanno come trattare un prodotto vivo.

“Al Faro Verde – racconta Balistreri– era un tempo chiesa, poi cava di tufo detta pierriera, oggi rifugio per chi cerca sapori autentici”. Le pareti conservano memoria e silenzio, ma ogni giorno si riempiono del profumo del pesce appena arrivato, del calore dei clienti, della vita lenta del borgo.

Maurizio ha cominciato presto, a 14 anni, quando il ristorante era ancora il regno del padre. Sognava di diventare architetto, oggi costruisce ricordi con le mani e con il fuoco dei fornelli. Ha fatto esperienze fuori, anche in cucine importanti, come quelle dello chef bistellato Gaetano Trovato di Arnolfo Ristorante, ma è sempre tornato a casa. Perché Porticello è casa. È tutto.

Ed è così, che ogni mattina, il mare bussa. I pescherecci attraccano e le cassette arrivano in cucina. “Mi basta guardare il pesce per sapere cosa cucinare. Il menu lo scrivono loro: il mare, le stagioni, la giornata”, racconta.

Polpo cotto a bassa temperatura

Polpo cotto a bassa temperatura

Proviamo qualche piatto. Ottimo il polpo cotto a bassa temperatura, servito con favette, biete, patate e cipollotto, e quella nota inattesa di gelatina di Nero d’Avola. Poi c’è il tortino di melanzane con pesce spada, basilico, capperi e mandorle. In carta da quasi vent’anni. “Non ci penso nemmeno a toccarlo”, sorride il cuoco. Le linguine con triglie e finocchietto sono Porticello nel piatto. La mousse di ricotta è un abbraccio lieve a fine pasto.

tortino di melanzane e pescespada

Tortino di melanzane e pescespada

E poi arriva la sua ultima creazione, nata per curiosità e passione: Zagara SciatrièMatri, un elisir, amaricante, profumato di arancia, fiori di zagara, chinotto, cedro, cardamomo, genziana e assenzio romano, creato da Maurizio.

Una carezza in forma liquida. Il nome fa riferimento alla leggenda di una fanciulla di corte che non conosceva uomo, di nome Sciatira, rimasta incinta. Da lì, l’espressione di incredulità, mista a stupore “SciatrièMatri”. Un progetto nuovo per il cuoco che produce al momento circa 180 bottiglie.

Elisir SciatrièMatri

Elisir SciatrièMatri

Quella di Maurizio Balistreri è una storia professionale e di vita che lascia con il sorriso: in un mondo che spesso corre dietro al nuovo, lui difende il valore delle cose vere. Di una tavola che sa di casa, e di un mestiere che si fa con le mani e con il cuore. E forse è proprio per questa ragion che si torna in quel luogo fronte mare, scandito dai ritmi lenti, perché fa stare bene, perché si mangia bene, senza troppi formalismi. Senza spettacolo, senza rumore. Del resto, ci pensa il mare a fare tutto.


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