Piatti e prodotti 22 Lug 2024 19:26

Il bollito misto non è solo piemontese, ecco la storia della “caldaia” triestina

Il bollito misto non è solo piemontese, ecco la storia della “caldaia” triestina

TRIESTE – Si tende spesso ad associare il bollito misto alle famose sagre piemontesi, come quelle di Carrù e Moncalvo, per citarne alcune. Il carrello del bollito è tipico anche della bassa Lombardia e del piacentino, ma ci si scorda, a volte, della tradizione triestina.

La città di Trieste è conosciuta per la sua indole multiculturale, dovuta al suo passato durante il quale si sono susseguite dominazioni da ogni parte d’Europa. Il risultato è constatabile anche nella cucina del territorio, il perfetto incontro tra la gastronomia mitteleuropea e quella italiana.

I piatti che meglio rappresentano questo sposalizio sono a base di pesce come le sarde in saor o le zuppe, e anche di carne. In questa categoria troneggia il bollito misto alla triestina, chiamato anche “caldaia” per via del tegame che viene impiegato per cuocerlo.

L’origine di questo piatto può essere fatta risalire al territorio austriaco, dove la preparazione era associata al recupero delle carni che insaporivano i brodi delle zuppe. Quello che rende unico il bollito misto triestino è la nobiltà dei tagli che includono la coppa o la spala del maiale, la pancetta, la testina, la cotenna, gli zampetti, le orecchie, le costine e il carrè affumicato. Un tripudio di maiale che riporta anche al secondo nome con la quale è conosciuta questa pietanza: la porzina.

Non finisce qui, a Trieste il bollito non può dirsi completo senza i wurstel, qui chiamati Vienna, il Cragno, ossia la salsiccia carsica affumicata, il cotechino e lo zampone. La composizione finale varia da famiglia a locale e, generalmente, non si trovano versioni complete di tutti questi tagli di maiale.

Il tocco di classe, e di sapore, è dato dal brodo in cui la carne viene cotta. I puristi vogliono che il liquido di cottura non venga mai completamente cambiato, ma piuttosto rabboccato, per conservarne ogni singolo sapore. Il bollito misto triestino unisce più culture, proprio come la città stessa: i sette tagli scelti si rifanno alla tradizione piemontese che riprende questo numero anche nelle salse d’accompagnamento e negli ammennicoli, ossia negli altri tagli cotti separatamente per completare il piatto.

Dalla più classica cassoeula lombarda riprende la presenza delle verze anche se in questo caso vengono cotte separatamente per non alterare i gusti della materia prima. Infine, un po’ dal Veneto, un po’ dall’Emilia e un po’ dal Piemonte, riprende la presenza delle salse e dei condimenti, in questa versione presenti sottoforma di senape e kren, il rafano grattugiato.

A portare avanti nel migliore dei modi la storia di questa ricca pietanza ci pensa il Buffet da Pepi. Attivo in città dal 1897, offre la tipica cucina austro-ungarica, proprio quella che ha conferito il maggior apporto alla nascita del bollito misto triestino. Fu Pepi Klajnsic a fondare questo storico ristorante, già allora centro multiculturale dove si respirava un’atmosfera internazionale. Qui i fuochi non si spengono mai e il bollito viene servito fin dalle prime luci del mattino. Una volta, infatti, costituiva la colazione dei lavoratori che avevano la necessità di mantenersi in forze per l’intera giornata.

Non è forse così immediato pensarlo, ma questo piatto è stato uno dei precursori dello street food nazionale. Insieme alla rosetta triestina è diventato il panino prediletto dai locali. Questo tipo di pane, conosciuto anche con il suo nome austriaco kaiser, è realizzato con farina, lievito, malto, strutto, acqua e sale. Il nome deriva dalla forma a rosa che viene incisa sulla superficie prima di essere infornato. Questa combinazione è ideale in quanto il pane riesce a raccogliere tutti i succhi del bollito triestino conferendo anche quella nota croccante indispensabile a rendere perfetto il classico della gastronomia locale.

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