Piatti e prodotti 22 Apr 2025 14:57

Zuppa di pesce, che passione! Lungo l’Adriatico è il piatto più longevo in casa e al ristorante. I segreti raccontati da un pugliese e un abruzzese

Zuppa di pesce, che passione! Lungo l’Adriatico è il piatto più longevo in casa e al ristorante. I segreti raccontati da un pugliese e un abruzzese

TRANI – Brodo, zuppa o guazzetti, basta che siano di pesce. La tradizione culinaria tutta italiana può vantare diverse declinazioni di questo piatto tanto amato e che sa adattarsi dal mare al lago, dando vita, a volte, a dei veri e propri disciplinari rigorosi da rispettare nella preparazione.

Il piatto ha origini antichissime, infatti di zuppa di pesce se ne ha traccia nel Mediterraneo sin dal VII secolo a.C. in particolare nel Sud Italia, la cosiddetta Magna Grecia. Da popoli di pescatori nasce un piatto di base brodosa in cui pesci, molluschi, spezie e anche verdure, si mischiavano insieme e ci stavano bene, saziando.

Famoso è il Garum, una delle preparazioni più controverse della Roma Imperiale. La zuppa, di consistenza liquida, si preparava con le interiora del pesce e se ne trovano tracce anche nella cultura gastronomica medievale, ma solo sulle nobili tavole. Quindi il pesce da mangiare in brodo non è mai mancato e, ai giorni nostri, lungo la dorsale adriatica del Paese è un piatto prelibato da consumare al ristorante.

Questo è un crossover tra Puglia e Abruzzo, regioni di pescatori che hanno dato vita alla tradizione del brodetto sulla Costa dei Trabocchi e alla zuppa di pesce in Puglia. In pochi chilometri di distanza a cambiare sono le storie, ma anche le consistenze, i pesci da utilizzare e le modalità di cottura.

Da piatto pop da condividere a pietanza da servire in degustazione in pieno stile fine dining, ecco cosa cambia e cosa resta del nostro piatto a base di pesce.

Domenico Di Tondo

Per Domenico Di Tondo, chef del ristorante Terradimare (Trani) la zuppa di pesce è sinonimo di famiglia e tranesità, come ama definire l’appartenenza.

“La nostra è una città di mare e di pescatori. Mio nonno era pescatore e mio padre lo commercializzava. Questo è un piatto che ho nel sangue sin da quand’ero piccolo. È un mix di crostacei e pesci di scoglio, tutti di piccola pezzatura. Lo preparo con una cottura di due ore, poi procedo con un’infusione in frigo di 24 ore in modo da far riposare il composto con le carcasse del pesce e fissarne i sapori. Del pesce non butto via nulla, ma è essenziale che sia fresco. Ogni sua parte conferisce un sapore unico, senza tempo. Dopo viene fuori un brodo liquido, rossiccio e dal profumo delicato. Nella mia ricetta il prezzemolo si sostituisce con la lattuga di mare disidratata e messa a fine cottura. Esalta lo iodio e la sapidità”.

Lo chef pugliese definisce il piatto sostenibile perché, cucinato a pochi passi dal mare, aiuta l’economia locale e racconta il territorio con coscienza.

“Cucinare un buon brodo non è facile, bisogna sapere come fare, poi anche la scelta della pasta da metterci non è casuale. Nel nostro caso va un tubettone di semola perfetto per riportare il sapore della terra murgiana e diventa un modo – un altro – per raccontare il territorio”.

Risalendo per il mar Adriatico la zuppa di pesce si fa ancor più sostanziosa e si fa chiamare brodetto.

Luca e Marco Caldora

“Il brodetto deve essere un piatto unico in cui anche il pane è protagonista”, dice Luca Caldora, che insieme al fratello Marco porta avanti il Ristorante Caldora Punta di Vallevò (Costa dei Trabocchi). “Vi racconto le macro-differenze tra il brodetto del vastese e il nostro. Il primo ha più pomodoro, mentre nella zona di Ortona è più liquido. Nel vastese si utilizza il pomodoro mezzotempo tipico della zona, poi si mettono pesci di scoglio, scorfano, raia, tracina, mazzolino, razza, merluzzo sogliola. Questa è la base, a cui si aggiungono i molluschi come le seppie, i crostacei e la canocchia. Storicamente il brodetto è povero, fatto con i pesci freschi di recupero, ma non adatti alla vendita. Lo si definiva piatto del baratto perché tra il pescatore e il contadino c’era uno scambio tra verdure e pesce”.

Nel cuore della Costa dei Trabocchi, nel brodetto c’è molta stagionalità, ma resta la semplicità: “È un piatto che si prepara velocemente, in un’oretta, ma serve metodologia. Si parte dal tegame in terracotta, ma non è peccato utilizzare l’alluminio. Iniziamo con una base di olio, aglio, peperone a listarelle e poi si aggiunge il pomodoro. Fatto questo bisogna posizionare il pesce in base alle varie pezzature, dal più difficile da cuocere fino al più semplice”.

Con il brodetto o la zuppa di pesce in generale, c’è voglia di tornare alle origini anche nei luoghi blasonati in fatto di cibo.

“Ci sono cultori del piatto – dice Caldora – . C’è chi lo conosce e chi vuole provarlo. La zuppa è un piatto unico senza tempo che si contamina, portando nuove usanze anche nell’uso della pasta ad esempio”. Se nell’usanza sanvitese la pasta è bandita, nel territorio di Vasto invece, è la regola: “Oggi chiediamo al cliente se la vuole con il sugo, oppure ce la chiedono loro”.

La zuppa di pesce è una tipicità della costa adriatica e la si vende come un pezzo di cultura marinara locale, come una storia che non ha mai fine. Tra brodetto e zuppa di pesce non si può scegliere preferenza, piuttosto è un piatto solo da amare.


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