Soul food e radici africane: l’eredità culinaria degli Stati del Sud Est
ROMA – Il lascito gastronomico degli Stati Uniti del Sud Est è una chiara testimonianza di memoria e identità culturale. Un’eredità che non si limita a lasciare ai posteri quaderni colmi di ricette, ma che vuole trasmettere un chiaro messaggio di rivalsa.
La cucina di questa porzione di America è un vero e proprio ponte tra gli Stati Uniti e il continente africano. Una narrazione in chiave gastronomica di tutte quelle vicende legate alla schiavitù e alla povertà che hanno portato allo sviluppo di una creatività e di un orgoglio che tutt’oggi permane in queste popolazioni.

Il soul food, il cibo dell’anima come è stata battezzata questa corrente culinaria, nasce negli anni della schiavitù degli afroamericani tra Georgia, Alabama, Mississippi, Louisiana e Carolina del Sud. Soggetti costretti a vivere con le rimanenze e gli scarti, ma che con ingegno e volontà crearono una nuova idea di alimentazione.
I legumi come i fagioli dall’occhio, le verdure a foglia scura come il cavolo, il mais, il riso e il maiale divennero i protagonisti di una cucina che univa necessità e tradizione. Molti degli ingredienti impiegati nella preparazione di questi piatti provenivano direttamente dall’Africa.

Il Gumbo
Il gombo (okra), ad esempio, è originario dell’Africa occidentale e oggi è un elemento base in piatti come il gumbo della Louisiana, un melting pot che unisce Africa, Francia, Spagna e influenze native americane. L’uso delle spezie, della cottura lenta e delle zuppe dense è un chiaro riflesso delle pratiche africane, adattate ai prodotti disponibili in loco.
Il riso, coltivato su larga scala in Carolina del Sud e Georgia grazie alla competenza degli schiavi africani, è diventato uno dei cardini della dieta del Sud. Ricette come l’Hoppin’ John, a base di riso e fagioli rossi, sono un simbolo di questo retaggio.

Tra i piatti di spicco di questa corrente gastronomica compaiono i chitlins, frattaglie di maiale cucinate lentamente con aceto, cipolle e spezie. Questa ricetta nasce dalla necessità di utilizzare ogni parte dell’animale, in particolare quelle scartate dai padroni delle piantagioni.
Il contorno più frequente che si trovava sulle tavole era il collard greens. Foglie di cavolo brasate con cipolla, aglio, peperoncino e spesso carne affumicata. Il pane era, invece, il cornbread tipico dei nativi americani che gli afroamericani erano soliti arricchire con burro e strutto in cottura prima di servirlo come accompagnamento a zuppe e stufati.
Il soul food è un concetto che va oltre al cibo. È cultura, spiritualità, legame familiare. Era, e rimane, un momento di condivisione che si trasmette con le cene della domenica, i picnic, le festività religiose. È anche un simbolo di resistenza: preparare e condividere questi piatti è un atto di identità e orgoglio in una comunità che per secoli si è vista negata diritti e dignità.
Negli ultimi anni, cuochi afroamericani, attivisti culturali e storici stanno riscoprendo e valorizzando il significato del soul food, smentendo i luoghi comuni che la riducono a una cucina grassa e poco salutare. Molti chef contemporanei la reinterpretano con ingredienti locali, biologici e tecniche moderne, mantenendo viva la sua essenza ma rinnovandola.
Ne è un esempio Mashama Bailey, chef resa famosa in tutto il mondo grazie alla serie Chef’s Table e vincitrice di premi James Beard Award nel 2019 e nel 2022.
Mashama Bailey propone una cucina del Sud profondamente radicata nella cultura Gullah-Geechee, nelle tradizioni afroamericane, e nei piatti soul food, ma con tecniche raffinate da alta cucina, apprese anche durante la sua formazione a New York. Un chiaro segnale che le radici culturali non passano mai di moda.
Oggi il soul food è celebrato in ogni sua possibile forma. La sua influenza si estende ben oltre i confini del territorio d’origine, fino a contaminare la cucina americana nel suo complesso. Ciò che rende unico questo movimento culinario è la sua capacità di raccontare una storia: quella di un popolo che, pur tra le ingiustizie più crude, ha saputo creare, un piatto alla volta, la propria indipendenza culturale.

Sostieni Virtù Quotidiane
Puoi sostenere l'informazione indipendente del nostro giornale donando un contributo libero.
Cliccando su "Donazione" sosterrai gli articoli, gli approfondimenti e le inchieste dei giornalisti e delle giornaliste di Virtù Quotidiane, aiutandoci a raccontare tutti i giorni il territorio e le persone che lo abitano.
