PIAZZA REGINA MARGHERITA: SPAZIO O LUOGO?

L’AQUILA – “L’attenzione si è spostata sulla qualità del progetto ma non è corretto, è anche indelicato nei confronti dei professionisti che lo hanno realizzato. serve piuttosto sviluppare un ragionamento su come la città intende affrontare queste trasformazioni: che metodo ci vogliamo dare? Cosa la città vuole conservare e riconosce come valore? La tutela e la conservazione passano attraverso il riconoscimento del valore di opera d’arte e valore di testimonianza da conservare per i posteri. Se un manufatto non ha valore di civiltà, non è detto che debba essere conservato. Piuttosto bisogna sgombrare il campo da tutti quei termini confondenti e disfunzionali tipo ‘com’era e dov’era’: l’intervento su uno spazio pubblico storico dovrebbe andare sempre nella direzione critica di un restauro urbano, ma a L’Aquila più che mai dobbiamo interrogarci anche sul valore di Luogo”.
Vanno nella direzione di voler addrizzare il tiro sul dibattito che si è aperto in città sul restyling di Piazza Regina Margherita, le parole di Quirino Crosta, architetto e ingegnere, dottore di ricerca del dipartimento Diceaa (Ingegneria edile, edile architettura e ambientale) dell’Università dell’Aquila.
“La questione non ritengo possa essere il progetto”, rileva, “che io comunque non trovo adeguato a un centro storico: tuttavia questa è un’opinione e la poggiamo là. Ma se la comunità si interrogasse e si animasse in un dibattito autentico, se la sfera pubblica della città ci fornisse le categorie adeguate per interpretare le esigenze e le aspettative che nel 2021 si richiedono ad un luogo come quello, allora avremmo gli strumenti necessari per un buon intervento. Ogni progetto è un atto creativo che merita rispetto e che può andare nella direzione modificare lo spazio della città. Ma dobbiamo esserne consapevoli tutti e tutte”.
Crosta punta l’indice contro la mancata condivisione, spiegando chiaramente come “la condivisione, la partecipazione si avvalgono di metodi e tecniche precisi e scientifici. Non è sufficiente, ad esempio, chiamare a raccolta un gruppo di persone e chiedere loro cosa preferiscono: questa modalità va bene fra genitore e figli. Noi siamo una comunità adulta che non ha bisogno di esser tenuta per mano dal padre per andare da qualche parte. Ci confrontiamo e ci determiniamo”.
“Il tema, prima di tutto, è: gli spazi di un centro storico come L’Aquila come li rivogliamo?”, continua il professionista. “Li rivogliamo, innanzitutto? Posso anche dire che non li rivoglio e ci metto i parcheggi. Poi, quali strumenti uso per intervenire? A mio avviso il restauro critico è la bussola: seguendo anche quello che il Codice dei beni culturali ci invita a fare, cioè a proposito di tutela e valorizzazione, può sostituirsi alla conservazione chiusa in sé. Cosa intendo: oggi si discute di Smart Communities e Living Heritage, ossia di una realtà sociale e culturale i cui custodi e fruitori sono i cittadini stessi. C’è un salto maggiore rispetto al coinvolgimento di cui si parla spesso in modo retorico o di vuota partecipazione. La partecipazione è anzitutto un processo, è condivisione di responsabilità, non è mai: cosa ne pensi del mio lavoro? Che cosa ti piacerebbe per questo spazio? Poi, certo, il decisore pubblico può anche dire che la partecipazione non gli interessa”.
“Bisogna sviluppare un ragionamento sul sistema degli spazi pubblici nel loro complesso” fa poi osservare Crosta, “non esiste lo spazio di Piazza Regina Margherita o di Largo Tunisia senza il loro contesto storico: gli spazi sono tutti interconnessi, sono tutti molto densi, tutti in continuità, destinati più o meno alla stessa funzione, dedicata cioè alla pedonabilità, alla fruizione dei negozi, un uso tradizionale. Eppure oggi si guarda agli spazi pubblici con altre aspettative, anzitutto attraverso le esigenze che mutano dai nuovi diritti di cittadinanza, ma questo presume che si indaghi la sfera pubblica. All’Aquila qual è la discussione? A Piazza Duomo non abbiamo ancora capito se vogliamo riportarci il mercato oppure no, piazza d’armi ancora non sappiamo se continua ad essere terreno di esercitazioni militari o diventa parco urbano: ci sono progetti sulla carta ma il dibattito pubblico non si è ancora mai sviluppato. Che condivisione dovrebbe mai essere questa se non quella di un genitore che chiede ai figli la letterina dei regali di Natale? La comunità aquilana invece è molto più avanti di così: siamo tutti e tutte più consapevoli, siamo una comunità matura”.
All’obiezione sui luoghi di discussione, che prima di tutti dovrebbero essere quelli istituzionali, Crosta risponde che “in questa fase non c’è bisogno della macchina del Consiglio comunale, che invece arriverà dopo con il ruolo di interpretare e facilitare il processo partecipativo, condividerlo, porre in essere i requisiti per sviluppare il dibattito. Ma se quell’assise in questo momento non è in grado o non può, servono corpi intermedi, cittadini, associazioni, Urban center che avviino un processo: l’istituzione a questo punto deve garantire gli spazi fisici e le risorse affinché tale processo sia legittimato e istituzionalmente riconoscibile. Si crei quello che manca, quindi lo spazio di discussione e approfondimento, si creino dunque le condizioni affinché tutti e tutte abbiano le stesse informazioni per decidere consapevolmente. E poi si arriva a sintesi. E l’amministrazione infine prende la sua decisione, che può anche tradire quella indicazione, certo”.
“In Italia”, chiarisce il professionista, “i centri storici seguono le regole del restauro: il dibattito deve essere su come facciamo il restauro, che è un obbligo e non una scelta. Distinguo chiaramente l’atto creativo del progetto dalla volontà di intervento dell’amministrazione. L’intervento di Piazza Regina Margherita non va nella direzione del rinnovamento tout court ma sicuramente non si pone il valore di luogo come priorità”.
“Non si possono liquidare le petizioni di Italia Nostra e Archeoclub come ostruzionismo”, conclude Crosta, “quello del confronto e della revisione di un progetto è un metodo legittimo sempre, che si apprende sin dagli studi universitari, quando la tua idea ha sempre bisogno della contaminazione e e della revisione di qualcun’altro”. (red.)
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