L’AQUILA – Da sempre è una festa per una famiglia, un paese, una comunità. Da qualche anno, però, è incredibilmente diventata oggetto di ansie e paure da parte degli agricoltori. La vendemmia è il momento fondamentale per migliaia di piccole aziende vitivinicole in tutta Italia, così come in Abruzzo.
Ma quest’anno – forse più delle stagioni scorse – sono in molti a lamentare leggi ingiuste, multe salate e ambiguità delle normative in merito alla raccolta dell’uva. La questione è complessa e affatto scontata: da sempre nel periodo di vendemmia le piccole aziende, la stragrande maggioranza nel Paese, o chi raccoglie l’uva per produzione propria si avvale della gioiosa e volontaria collaborazione di parenti e amici nel periodo della vendemmia. Ma da tempo l’Ispettorato nazionale del Lavoro ha intensificato i controlli, con l’obiettivo (pure nobile, per carità) di monitorare il lavoro nero e il caporalato, ma con il risultato di “staccare” migliaia di euro di multe a piccoli produttori, messi così in ginocchio da leggi miopi.
In Abruzzo la questione è stata sollevata solo pochi giorni fa dal vulcanico agricoltore ofenese Dino Rossi, ma riguarda un po’ tutto il comparto. Lo scorso anno il governo Gentiloni ha decretato l’abolizione dei voucher, che venivano utilizzati da tante aziende per regolarizzare le posizioni di studenti, cassa integrati e pensionati che lavoravano saltuariamente in campagna, nei soli giorni di vendemmia, guadagnando pochi euro. Un’opportunità “giornaliera” per tutti, insomma, a meno che non venisse svolta la professione di operaio professionale agricolo, che ovviamente necessita di ben altri tipi di tutele.
L’estate appena terminata, tuttavia, ha segnato il ritorno dei voucher in agricoltura, grazie al cosiddetto decreto Dignità ma, come ha evidenziato lo stesso Rossi, “usufruire dei buoni del lavoro (i voucher, ndr) è comunque costoso e difficoltoso, visto che bisogna farne richiesta circa un mese prima, con un versamento in anticipo di 600 euro”.
La questione però non riguarda l’utilizzo o meno dei voucher. Non si tratta cioè di regolarizzare chi viene chiamato a lavorare – ci mancherebbe – ma di permettere la collaborazione volontaria alla vendemmia. Ad oggi, infatti, sarebbe vietato farlo a chi non sia parente (fino al 4° grado) del titolare della vigna.
La situazione è paradossale: se si vuole aiutare un amico a raccogliere l’uva, bisogna essere per forza pagati (o diventare parente del titolare), altrimenti si rischiano multe salatissime, che possono arrivare anche a vanificare l’intera annata, già spesso vessata – come quest’anno – dalle condizioni climatiche.
Siamo di fronte a occasioni sprecate di poter rinnovare il senso comunitario, soprattutto nelle aree periferiche e poco abitate, come la maggior parte delle campagne abruzzesi. Per non parlare, poi, dello sviluppo locale dei territori. Basti pensare che in Francia esiste il fenomeno del turismo della vendemmia, che va in una direzione esattamente opposta ai discutibili divieti nostrani.
“Prima nelle vigne venivano organizzate feste popolari belle e partecipate – racconta a Virtù Quotidiane Lorenza Ludovico, giovane titolare di una piccola azienda vitivinicola a Vittorito (L’Aquila) – le persone che abitavano in città andavano persino in ferie per partecipare alla vendemmia in paese, per assistere a questi riti laici e contribuire in minima parte anche alla promozione di una piccola azienda, e quindi dell’intero territorio”.
Anche nella stessa Vittorito, paese di poche centinaia di anime a nord della Valle Peligna, è successo pochi giorni fa che un piccolo imprenditore agricolo fosse multato di circa 3 mila euro, solo per il fatto di essere stato “sorpreso” dagli ispettori del lavoro a vendemmiare con alcuni amici: “Siamo al paradosso secondo il quale sono io che devo dimostrare agli ispettori che quella persona che ho invitato in vigna non è un lavoratore, mentre dovrebbe essere il contrario: è l’ispettorato a dover dimostrare che chi è presente in vigna è un lavoratore pagato o sfruttato”, sottolinea Lorenza Ludovico.
E poi, aggiungiamo noi, davvero questi sono i problemi profondi del rapporto tra lavoratori e agricoltura? In un Paese dove vige forte il caporalato, dove migliaia di persone – spesso migranti dell’Asia e dell’Africa sub-Sahariana – ogni giorno vengono sottopagate e sfruttate per lavorare ai campi, davvero la radice del male risiede in un weekend di vendemmia nei due ettari di proprietà di una piccola azienda agricola?
“Questo non è un problema della grande impresa – evidenzia Ludovico – perché in quel caso la vendemmia può durare anche due mesi, e ovviamente chi raccoglie deve essere giustamente retribuito e tutelato. Ma qui parliamo, ad esempio, di un pensionato del Piemonte, multato di ben 20 mila euro perché stava vendemmiando con gli amici. Una vicenda fortunatamente conclusasi bene, con la multa ritirata, solo perché un fiume di persone si sono mobilitate contro questa ingiustizia”.
Insomma, purtroppo siamo alle solite: le leggi tutelano sempre più spesso le grandi aziende a discapito delle piccole. Forse anche le organizzazioni di categoria – come i grandi cartelli alla Slow Food – dovrebbero iniziare ad occuparsi in modo efficace di questo, con l’obiettivo di invertire la tendenza e redistribuire vantaggi e ricchezze.