A FONTEAVIGNONE LE PIETRE RACCONTANO DI UNA VITA COMUNITARIA DEL BORGO CHE RESISTE
di Mattia Fonzi

ROCCA DI MEZZO – “Un viaggio tra storia e leggenda”. Recita così il volantino-mappa diffuso nel corso della seconda edizione di “Le pietre raccontano”. Un’escursione di circa 6 km nel bosco vicino l’abitato di Fonteavignone, frazione di Rocca di Mezzo (L’Aquila), luogo dove in inverno vivono una ventina di anime, a metà strada tra l’Altopiano delle Rocche e la valle del Medio Aterno aquilano.
La Pro loco, attivissima nonostante le esigue dimensioni del borgo, ha lavorato duramente per ripulire e segnare i sentieri.
Ne emerge una passeggiata gradevole nel verde più intenso, in un itinerario che non è, tuttavia, solo naturalistico.
Sono infatti gli stessi abitanti del paese, i fontanari, a raccontare agli avventori le storie che si celano dietro ognuno dei grandi massi che si incontrano sul percorso.
Ne deriva un’immersione totale nella tradizione e nella storia delle popolazioni che nel corso dei secoli si sono succedute su queste bellissime e aspre montagne, importanti per la dominazione della vallata dell’Aterno aquilano e per il collegamento a sud, verso la Marsica e oltre.
Sedici soste per altrettanti luoghi densi di significato: si parte dalla Pietra Pezzuta, carissima alla popolazione locale, uno dei simboli del paese. Un insieme di massi, forse il più grande del bosco, che evoca leggende a metà tra la realtà e la fantasia.
Si prosegue tra gli stretti sentieri, aperti dai volenterosi giovani (e non) di Fonteavignone, ascoltando le storie che arrivano direttamente dalla Seconda Guerra Mondiale.
Così scopriamo che molti rifugiati, in fuga dai tedeschi, si ritrovavano su queste montagne anche perché particolarmente isolate. Persone di varie nazionalità, secondo i racconti almeno in sei o in sette, che dormivano all’addiaccio in cavità naturali create dalle pietre: un medico sudafricano, ma anche americani, cecoslovacchi e un inglese.
Tutti accuditi segretamente dai fontanari, membri di una comunità che si autodefinisce (con orgoglio) solidale, da sempre.
Le tante persone che hanno partecipato a “Le pietre raccontano” – quest’anno sono partite in tre gruppi – hanno poi potuto ammirare nascosti muri di rocce in mezzo al bosco, costruiti dai paesani nell’arco dei decenni, con l’obiettivo di creare terrazzamenti utili alle coltivazioni.
Ma anche un’originale strada romana, di collegamento con le principali e più note vie di comunicazione, un belvedere strepitoso – ripristinato recentemente – che affaccia su Villa Sant’Angelo e tutto il Medio Aterno, fino al Gran Sasso. Per poi tornare nei pressi del paese, dopo una sosta alla fontevecchia, il simbolo di Fonteavignone, e fino alla Chiesa di Sant’Antonio.
Un giro alla scoperta delle montagne aquilane, fuori dal circuito turistico classico al quale è solitamente abituato l’avventore tipico dell’Altopiano delle Rocche, cui segue il pranzo, come al solito il momento conviviale per eccellenza, organizzato nella struttura donata dalla Caritas dopo il terremoto del 2009.
Un centinaio di persone, che bevono e mangiano insieme, prima che la rituale fisarmonica sconvolga la naturale disposizione ai tavoli, riempiendo le vie di canti popolari.
Fonteavignone, circa 20 abitanti d’inverno, resiste e vive in tutte le stagioni grazie alla sua pro loco, organizzazione fondamentale per tutti i borghi appenninici in via di spopolamento. E grazie alla sua comunità, coesa e propositiva come dovrebbe accadere in tutti i paesi dell’Abruzzo interno.
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