NAVELLI – A Navelli (L’Aquila) si è appena conclusa la prima vendemmia del Pecorino di Cantinarte, azienda agricola che nasce a Bucchianico (Chieti), dove la famiglia ha anche un Museo dell’Olio e del Vino in un antico frantoio del 1700, e si espande in provincia dell’Aquila, dove negli ultimi anni ha impiantato vigneti nel borgo patria dello zafferano e nel vicino Capestrano.
“Abbiamo raccolto circa 20 quintali di uva”, dice Diego Gasbarri, titolare insieme alla moglie Francesca Di Nisio, “da questo vigneto impiantato nel 2017 dove i nostri nonni fino a circa cinquant’anni fa già coltivavano la vite”.
“Le vigne sono state poi tutte rimosse, è saltata una generazione e ora abbiamo pensato di reimpiantare nuove vigne nel ricordo della tradizione – aggiunge – . Abbiamo iniziato a produrre un Pecorino Igt Terre Aquilane, credo diverso da tutti gli altri, abbiamo raccolto a mano, vinificato senza aggiunta di lieviti e con metodi naturali”.
A PROPOSITO DI VINI D’ALTURA
Da qualche anno, una società abruzzese ha registrato il marchio “Vini d’Altura”. Va dunque precisato che l’utilizzo della dicitura che ne è stato fatto in questo servizio è di tipo lessicale e non commerciale, del tutto ascrivibile alla libertà giornalistica e che nulla ha a che fare con l’azienda citata.
Puntualizzazione pleonastica, ma che si rende necessaria dal momento che è stata mossa una contestazione a Virtù Quotidiane sull’uso improprio della definizione, tanto generica da poter essere usata quando – in ambito di critica enogastronomica – si parla appunto di vini prodotti in montagna, dunque a quote “alte”.
Va insomma in questa sede ribadito come l’uso del lessico in tutte le sue forme e articolazioni è una prerogativa del mestiere del giornalista. Non è soggetto ad alcuna limitazione anche se coincide con un marchio commerciale. (m.sig.)