MAFIA DEI PASCOLI, SUI TERRENI ABRUZZESI LE MANI DEI SICILIANI

L’AQUILA – Coinvolge anche l’Abruzzo la mega operazione della Direzione distrettuale Antimafia che in Sicilia ha portato all’arresto di 94 persone e al sequestro di 151 imprese agricole nell’ambito di un’inchiesta su presunte frodi ai danni dell’Unione europea attraverso l’ormai noto meccanismo della cosiddetta mafia dei pascoli, a cui Virtù Quotidiane oramai da anni dedica approfondimenti.
Un business colossale per un giro di milioni di euro sottratti “legalmente” all’Ue da grosse aziende e cooperative agricole che affittano gli alpeggi montani senza poi garantire l’effettiva presenza del bestiame, con capi figuranti di una transumanza inesistente.
Come riporta l’Ansa riguardo gli arresti siciliani, milioni di euro dell’Unione europea sarebbero finiti nelle tasche della mafia dei Nebrodi che incassava contributi destinati allo sviluppo dell’agricoltura su terreni fantasma. Il Parco naturale dei Nebrodi rappresenta l’area verde protetta più grande della Sicilia.
Nell’inchiesta sono finiti anche imprenditori, dipendenti dei Centri di assistenza agricola e alcuni insospettabili, come il notaio Antonio Pecoraro, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, che avrebbe falsificato la titolarità dei terreni che servivano ai malavitosi per chiedere i contributi comunitari, appezzamenti che, oltre alla Sicilia, erano anche in Puglia e in Abruzzo.
Si tratta di un fenomeno che riguarda tutto il panorama nazionale e che questo giornale ha raccontato in numerosi approfondimenti attraverso le denunce di allevatori e operatori del settore, dalla ricerca del laboratorio di cartografia Cartolab dell’Università degli studi dell’Aquila, coordinato dalla professoressa Lina Calandra, che parla di allevatori locali “indotti” a vendere gli animali a soggetti di dubbia provenienza, minacce, armenti contagiati da brucellosi, stalle andate “accidentalmente” in fiamme, alla denuncia, di qualche giorno fa, di centinaia di carcasse di ovini morti di stenti rinvenuti sulle montagne di Lucoli (L’Aquila).
Sono solo alcuni dei numerosi episodi “sospetti” che mettono in ginocchio, fino a costringerle alla chiusura, le piccole aziende agricole dell’Appennino abruzzese e gli allevatori locali che così vengono “privati” del loro bene più prezioso, il pascolo.
Secondo quanto emerge dall’inchiesta siciliana dei carabinieri del Ros e del Gico della Finanza, i clan messinesi avrebbero intascato indebitamente fondi europei per oltre 5,5 milioni di euro, mettendo a segno centinaia di truffe all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), l’ente che eroga le risorse alle aziende agricole.
I clan avrebbero sfruttato gli appezzamenti di terreno in larghissime aree della Sicilia ed anche al di fuori della regione, necessari per le richieste di sovvenzioni.
Il gip di Messina, Salvatore Mastroeni, ha parlato di una “criminalità che ingurgita profitti milionari. Profitti che spariscono e niente lasciano alla gente”.
L’affair gigantesco non sembrerebbe riguardare truffe isolate, in questo o quel territorio, ma un sistema ben organizzato e capillare di altissimo livello presumibilmente gestito dalla criminalità organizzata anche in Abruzzo.
La deputata del Pd, Stefania Pezzopane, proprio oggi ha presentato una interrogazione parlamentare indirizzata al presidente del Consiglio e ai ministri della Giustizia, dell’Ambiente e delle Politiche Agricole sul tema della mafia dei pascoli.
“Il governo intervenga con decisione e determinazione per mettere fine agli affari sporchi collegati alla cosiddetta ‘mafia dei pascoli’, un fenomeno – ha detto – che vede coinvolte le montagne abruzzesi sfruttate da imprenditori senza scrupoli di altre regioni con finte transumanze di bestiame per intascare ingentissimi rimborsi da parte della Comunità Europea”. (d.brac.)
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